Giovanni Battista Crema. Oltre il divisionisimo
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Giovanni Battista Crema, Itala gens: l’esercito di terra, c. 1938. Olio su tavola, cm. 80x140. Collezione privata I Ph. Giuseppe Schiavinotto, Roma
Dal 01 Maggio 2021 al 26 Dicembre 2021
Ferrara
Luogo: Castello Estense
Indirizzo: L.go Castello 1
Orari: dalle 10.00 alle 18.00, chiuso il martedì. Sabato e domenica prenotazione obbligatoria
Curatori: Manuel Carrera e Lucio Scardino
Enti promotori:
- Fondazione Ferrara Arte
- Gallerie Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara
Telefono per informazioni: +39 0532 419180
E-Mail info: castelloestense@comune.fe.it
Sito ufficiale: http://www.castelloestense.it
Ferrarese di nascita ma romano d’adozione, Giovanni Battista Crema (1883-1964) ha lavorato senza sosta per oltre sessant’anni, interpretando con la sua arte la modernità e le contraddizioni del Novecento. A più di mezzo secolo dall’ultima esposizione monografica, la sua città gli dedica una mostra, fortemente voluta da Vittorio Sgarbi e realizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara. Una selezione di opere provenienti dalle collezioni civiche viene messa in dialogo con importanti prestiti da musei e collezioni private, con il corredo di documenti inediti provenienti dell’archivio degli eredi dell’artista, tra cui il toccante manoscritto autobiografico intitolato Memorie inutili di un sopravvissuto. Dal socialismo umanitario degli anni giovanili, quando frequentava il cenacolo di Giacomo Balla, all’originale commistione di realismo e simbolismo della maturità, il percorso di Crema racconta l’immaginario di un artista dalla forte vocazione narrativa, espressa tanto in trittici e opere di grandi dimensioni, quanto in dipinti da cavalletto e piccoli disegni a matita. «In fatto di tecnica pittorica il Crema, capii, la sa lunga!», affermò nel 1922 un giovane De Pisis in visita allo studio del concittadino, testimoniando quell’attaccamento al fare pittura che, con l’avanzare delle nuove avanguardie del secondo dopoguerra, lo portò a distaccarsi sempre più dal dibattito artistico a lui contemporaneo. La mostra è suddivisa in sette sezioni tematiche, precedute da una sala introduttiva in cui l’artista si presenta attraverso la propria immagine, con due autoritratti di epoche diverse e un ritratto scultoreo di Silverio Montaguti.
Giunto a Roma nel 1903 dopo la formazione tra Ferrara e Napoli, Crema fu sedotto dalla tecnica divisionista, linguaggio a cui rimase saldamente legato per tutta la vita – che scoprì frequentando il cenacolo di artisti gravitanti attorno a Giacomo Balla. Inizialmente condivise con loro la fascinazione per i soggetti proletari e di denuncia sociale: è del 1905 il suo primo importante successo all’esposizione annuale della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti in Roma, dove con il trittico L’istoria dei ciechi dolorosa si impone all’attenzione della critica. Il percorso espositivo procede con un’indagine sui temi del simbolismo internazionale, che si affacciano in molta della produzione di Crema fin dagli esordi, e con un excursus sulle iconografie ferraresi, soprattutto d’epoca estense, da Ugo e Parisina a Marfisa.
Dopo un focus su ritratti, scene di vita domestica e nudi femminili, la mostra restituisce l’esperienza del pittore ferrarese al fronte. «La guerra è costituita dalla assenza di ogni logica», scriveva nelle sue memorie, «da fatica, noia, puzzo, abbrutimento, stanchezza, pioggia, marce, rivolte di brigata, pidocchi, processi sommari, brevi combattimenti, soprattutto notturni, ferite, malattie, ospedale, e la morte sempre e ovunque presente». In guerra, Crema rappresentò con piglio realista scene di vita militare, tra soldati in partenza, trincee, lanci di granate e assedi. L’artista prese parte attiva anche al secondo conflitto mondiale, quando il Ministero della Marina gli propose un incarico di prestigio: documentare, come “pittore di guerra”, la vita a bordo delle navi militari. La riflessione sui temi della furia bellica fa da contraltare a quella sulla duplice valenza dell’ingegno e del progresso, a cui è dedicata l’ultima sezione. Concesso in prestito dalla Fondazione Lucio Dalla, è qui esposto il grande dipinto del 1935 intitolato Secolo XX, «Drammatica rappresentazione della nostra epoca che l’artista ha visto tormentata da guerre, rivoluzioni, lotte furibonde, crudeltà senza nome; e con esse la fine della bontà, della fratellanza, della pietà» (G. Brigante Colonna, 1954). L’opera dialoga con i pannelli del monumentale polittico Itala gens, in cui Crema, attraverso un parallelismo tra i temi dell’arte e della fede e quelli della scienza e della guerra, mette in pittura il suo rapporto tormentato con la modernità. «Abbiamo visto i miracoli della tecnica scientifica che arrivano a compromettere, ormai, l’esistenza medesima del mondo, nella ricerca affannosa dei più spettacolari mezzi di distruzione, ed abbiamo perduto quel senso di fiducia e di sicurezza che rendeva sopportabile la vita» (G.B. Crema, Memorie inutili di un sopravvissuto, 1953-60).
Giunto a Roma nel 1903 dopo la formazione tra Ferrara e Napoli, Crema fu sedotto dalla tecnica divisionista, linguaggio a cui rimase saldamente legato per tutta la vita – che scoprì frequentando il cenacolo di artisti gravitanti attorno a Giacomo Balla. Inizialmente condivise con loro la fascinazione per i soggetti proletari e di denuncia sociale: è del 1905 il suo primo importante successo all’esposizione annuale della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti in Roma, dove con il trittico L’istoria dei ciechi dolorosa si impone all’attenzione della critica. Il percorso espositivo procede con un’indagine sui temi del simbolismo internazionale, che si affacciano in molta della produzione di Crema fin dagli esordi, e con un excursus sulle iconografie ferraresi, soprattutto d’epoca estense, da Ugo e Parisina a Marfisa.
Dopo un focus su ritratti, scene di vita domestica e nudi femminili, la mostra restituisce l’esperienza del pittore ferrarese al fronte. «La guerra è costituita dalla assenza di ogni logica», scriveva nelle sue memorie, «da fatica, noia, puzzo, abbrutimento, stanchezza, pioggia, marce, rivolte di brigata, pidocchi, processi sommari, brevi combattimenti, soprattutto notturni, ferite, malattie, ospedale, e la morte sempre e ovunque presente». In guerra, Crema rappresentò con piglio realista scene di vita militare, tra soldati in partenza, trincee, lanci di granate e assedi. L’artista prese parte attiva anche al secondo conflitto mondiale, quando il Ministero della Marina gli propose un incarico di prestigio: documentare, come “pittore di guerra”, la vita a bordo delle navi militari. La riflessione sui temi della furia bellica fa da contraltare a quella sulla duplice valenza dell’ingegno e del progresso, a cui è dedicata l’ultima sezione. Concesso in prestito dalla Fondazione Lucio Dalla, è qui esposto il grande dipinto del 1935 intitolato Secolo XX, «Drammatica rappresentazione della nostra epoca che l’artista ha visto tormentata da guerre, rivoluzioni, lotte furibonde, crudeltà senza nome; e con esse la fine della bontà, della fratellanza, della pietà» (G. Brigante Colonna, 1954). L’opera dialoga con i pannelli del monumentale polittico Itala gens, in cui Crema, attraverso un parallelismo tra i temi dell’arte e della fede e quelli della scienza e della guerra, mette in pittura il suo rapporto tormentato con la modernità. «Abbiamo visto i miracoli della tecnica scientifica che arrivano a compromettere, ormai, l’esistenza medesima del mondo, nella ricerca affannosa dei più spettacolari mezzi di distruzione, ed abbiamo perduto quel senso di fiducia e di sicurezza che rendeva sopportabile la vita» (G.B. Crema, Memorie inutili di un sopravvissuto, 1953-60).
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