Andrea Mantegna. Madonna col Bambino
Dal 13 Novembre 2012 al 09 Dicembre 2012
Firenze
Luogo: Galleria dell'Accademia
Indirizzo: via Ricasoli 60
Orari: da martedì a domenica 8.15-18.50
Curatori: Marco Ciatti, Cecilia Frosinini, Roberto Bellucci
Costo del biglietto: intero euro 11, ridotto euro 5.50
Telefono per informazioni: +39 055 2388612
E-Mail info: galleriaaccademia@polomuseale.firenze.it
Sito ufficiale: http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=accademia
Nel 2008 l’Accademia Carrara ha affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze una delle opere più preziose delle sue collezioni: la Madonna con il Bambino di Andrea Mantegna (tempera su tela, 43x31 cm.), tra i maestri del Rinascimento italiano.
E’ oggi giunto a conclusione il delicato e innovativo intervento di restauro del dipinto che sarà presentato in anteprima alla Galleria dell’Accademia di Firenze, per poi fare ritorno, attesissimo, a Bergamo.
Il dipinto, entrato nelle collezioni della Carrara nel 1851 per dono del raffinato collezionista Carlo Marenzi, è noto non solo per il senso di mistero che induce ma anche per la particolare tecnica artistica con cui è realizzato – tempera su tela - utilizzata da Mantegna per conferire alla superficie pittorica un effetto chiaro e poroso, vicino agli esiti della pittura murale. Ci troviamo quindi di fronte a un caso eccezionale di “tempera magra” non verniciata che ha sostanzialmente mantenuto l’effetto artistico ricercato da Mantegna.
Proprio la natura fragile del manufatto ha portato qualche anno fa il dipinto anche al centro del dibattito quando, non senza innescare polemiche, la valutazione del suo delicato stato di conservazione ha consigliato di astenersi dal concederne il prestito per l’importante occasione di studio offerta dalle mostre di Londra nel 1992, dalle esposizioni italiane nel 5° centenario della morte di Mantegna del 2006 e della mostra del Louvre, svoltasi tra il 2008 e il 2009.
Lo stato di conservazione del dipinto era infatti monitorato dall’Opificio delle Pietre Dure sin dagli anni Novanta, soprattutto per la situazione critica dell’ancoraggio della tela al telaio. Di qui la necessità di definire un progetto di restauro affidato all’istituto fiorentino.
Per trovare il migliore rimedio a questi problemi conservativi, al fine di non rischiare di alterare le caratteristiche così particolari dell’opera, si è impostato un vero e proprio progetto di ricerca, con la collaborazione di numerosi esperti interni ed esterni all’Opificio, finalizzato alla messa a punto delle procedure del restauro e a quelle connesse con la futura conservazione preventiva, con una serie di soluzioni assolutamente innovative.
Il danno principale era stato causato dal cedimento della tensione della tela sul telaio e da numerose lacerazioni del supporto.
Attraverso un lavoro certosino sono state risarcite tutte le lacune con l’inserimento filo filo di frammenti di tela dello stesso filato della tela originale. L’operazione nel suo complesso ha messo in sicurezza la tela restituendole planarità.
Sono stati a questo punto rimossi i restauri alterati – dei quali uno particolarmente vistoso al centro della tela, sul manto della Madonna - per procedere alla fase del restauro pittorico.
Ultimo intervento è stato quello dell’allestimento del dipinto, nuovo nella concezione e innovativo nella realizzazione, con la tela non più ancorata al telaio, ma sospesa e costantemente controllata nel suo tensionamento attraverso un sistema a molle, regolate da dinamometri. Il progetto è dell’OPD, così così come quello della teca che contiene il dipinto per preservarlo nelle migliori condizioni, realizzata da Klaus Faller di Bressanone.
Il progetto e la realizzazione dell’intervento sono a cura di Marco Ciatti, Cecilia Frosinini, Roberto Bellucci, dell’Opificio delle pietre dure di Firenze con la collaborazione di Lucia Bresci.
La splendida piccola tela della Carrara, che dato il soggetto e le dimensioni contenute era con tutta probabilità un’opera destinata alla devozione privata, è stata collocata dalla critica in periodi molto diversi dell’attività di Mantegna: chi la pone addirittura nel cuore del periodo di Padova (1455 ca), chi all’inizio del periodo mantovano al servizio dei Gonzaga (dal 1460), chi a conclusione della Camera degli Sposi (1465 - 1474), chi a fine carriera dopo il ciclo del Trionfo di Cesare (1480- 1495). Le opere non datate di Mantegna costituiscono infatti per la critica un vero rompicapo dato che, come ben evidenziato dal critico inglese Roger Fry nei suoi studi su Mantegna dei primi del ‘900, il pittore raggiunse uno stile definito e sicuro a un’età straordinariamente precoce e dal punto di vista tecnico affinò i suoi metodi, perfezionandoli all’estremo, senza tuttavia mai cambiarli materialmente. Negli ultimi anni ha raccolto un significativo consenso l'invito a collocare cronologicamente il dipinto tra il 1475 e il 1480, all'apice della stagione mantovana dell'artista.
E’ oggi giunto a conclusione il delicato e innovativo intervento di restauro del dipinto che sarà presentato in anteprima alla Galleria dell’Accademia di Firenze, per poi fare ritorno, attesissimo, a Bergamo.
Il dipinto, entrato nelle collezioni della Carrara nel 1851 per dono del raffinato collezionista Carlo Marenzi, è noto non solo per il senso di mistero che induce ma anche per la particolare tecnica artistica con cui è realizzato – tempera su tela - utilizzata da Mantegna per conferire alla superficie pittorica un effetto chiaro e poroso, vicino agli esiti della pittura murale. Ci troviamo quindi di fronte a un caso eccezionale di “tempera magra” non verniciata che ha sostanzialmente mantenuto l’effetto artistico ricercato da Mantegna.
Proprio la natura fragile del manufatto ha portato qualche anno fa il dipinto anche al centro del dibattito quando, non senza innescare polemiche, la valutazione del suo delicato stato di conservazione ha consigliato di astenersi dal concederne il prestito per l’importante occasione di studio offerta dalle mostre di Londra nel 1992, dalle esposizioni italiane nel 5° centenario della morte di Mantegna del 2006 e della mostra del Louvre, svoltasi tra il 2008 e il 2009.
Lo stato di conservazione del dipinto era infatti monitorato dall’Opificio delle Pietre Dure sin dagli anni Novanta, soprattutto per la situazione critica dell’ancoraggio della tela al telaio. Di qui la necessità di definire un progetto di restauro affidato all’istituto fiorentino.
Per trovare il migliore rimedio a questi problemi conservativi, al fine di non rischiare di alterare le caratteristiche così particolari dell’opera, si è impostato un vero e proprio progetto di ricerca, con la collaborazione di numerosi esperti interni ed esterni all’Opificio, finalizzato alla messa a punto delle procedure del restauro e a quelle connesse con la futura conservazione preventiva, con una serie di soluzioni assolutamente innovative.
Il danno principale era stato causato dal cedimento della tensione della tela sul telaio e da numerose lacerazioni del supporto.
Attraverso un lavoro certosino sono state risarcite tutte le lacune con l’inserimento filo filo di frammenti di tela dello stesso filato della tela originale. L’operazione nel suo complesso ha messo in sicurezza la tela restituendole planarità.
Sono stati a questo punto rimossi i restauri alterati – dei quali uno particolarmente vistoso al centro della tela, sul manto della Madonna - per procedere alla fase del restauro pittorico.
Ultimo intervento è stato quello dell’allestimento del dipinto, nuovo nella concezione e innovativo nella realizzazione, con la tela non più ancorata al telaio, ma sospesa e costantemente controllata nel suo tensionamento attraverso un sistema a molle, regolate da dinamometri. Il progetto è dell’OPD, così così come quello della teca che contiene il dipinto per preservarlo nelle migliori condizioni, realizzata da Klaus Faller di Bressanone.
Il progetto e la realizzazione dell’intervento sono a cura di Marco Ciatti, Cecilia Frosinini, Roberto Bellucci, dell’Opificio delle pietre dure di Firenze con la collaborazione di Lucia Bresci.
La splendida piccola tela della Carrara, che dato il soggetto e le dimensioni contenute era con tutta probabilità un’opera destinata alla devozione privata, è stata collocata dalla critica in periodi molto diversi dell’attività di Mantegna: chi la pone addirittura nel cuore del periodo di Padova (1455 ca), chi all’inizio del periodo mantovano al servizio dei Gonzaga (dal 1460), chi a conclusione della Camera degli Sposi (1465 - 1474), chi a fine carriera dopo il ciclo del Trionfo di Cesare (1480- 1495). Le opere non datate di Mantegna costituiscono infatti per la critica un vero rompicapo dato che, come ben evidenziato dal critico inglese Roger Fry nei suoi studi su Mantegna dei primi del ‘900, il pittore raggiunse uno stile definito e sicuro a un’età straordinariamente precoce e dal punto di vista tecnico affinò i suoi metodi, perfezionandoli all’estremo, senza tuttavia mai cambiarli materialmente. Negli ultimi anni ha raccolto un significativo consenso l'invito a collocare cronologicamente il dipinto tra il 1475 e il 1480, all'apice della stagione mantovana dell'artista.
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