Giorgio de Chirico. Mistero e poesia
Giorgio de Chirico, Piazza d'Italia (1954-55), olio su tela, cm 40 x 50. © Courtesy Galleria d'Arte Maggiore G.A.M., Bologna.
Dal 08 Giugno 2013 al 29 Settembre 2013
Otranto | Lecce
Luogo: Castello Aragonese
Indirizzo: via Cenobio
Orari: tutti i giorni giugno e settembre 10-21; luglio e agosto 10-24
Costo del biglietto: intero € 7, ridotto € 4
Telefono per informazioni: +39 0836 806101
E-Mail info: callcenter@sistemamuseo.it
Sito ufficiale: http://www.castelloaragoneseotranto.it
“Giorgio de Chirico – Mistero e poesia”. È il titolo della mostra interamente dedicata al grande pittore metafisico, allestita nel suggestivo Castello Aragonese di Otranto (Lecce) e visitabile dall’8 di giugno al 29 di settembre. Un appuntamento da non perdere per gli amanti dell’arte, che ben porta avanti il programma che negli ultimi anni ha visto questo importante e antico maniero gestito dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie e dalla Società Cooperativa Sistema Museo di Perugia accogliere esposizioni dedicate ad artisti del calibro di Joan Mirò, Pablo Picasso, Salvador Dalì e Andy Warhol. Una mostra, quella su de Chirico, che è curata da Franco Calarota e che attraverso una selezione di opere – dieci dipinti a olio, oltre trenta tra disegni, acquarelli e grafiche – ha come principale obiettivo quello di dimostrare come Giorgio de Chirico abbia con la pittura influenzato diverse forme culturali. Partito dall’Italia con la sua Metafisica, de Chirico ha, infatti, travalicato «i confini dell’arte – spiegano da Otranto – per influenzare con il suo universo artistico non solo la generazione successiva di pittori, ma anche letterati, filosofi, architetti e la psicanalisi».
Entrando nel dettaglio, l’esposizione monografica illustrerà il percorso all’insegna della Metafisica e lungo le diverse fasi stilistiche, fatte di recupero della tradizione classica, suscitazioni surreali e riavvicinamenti alla realtà. «Inventore di città allucinate e assurde – proseguono – le sue “Piazze d’Italia” si offrono come luoghi incerti e instabili da cui l’occhio è attratto per le sue architetture classiche, racchiuse nella gabbia di una rassicurante prospettiva rinascimentale, ma da cui la mente divaga per l’accostamento con elementi stranianti che trasformano i luoghi familiari da cui prende ispirazione (come Monaco di Baviera, Firenze, Roma, Torino, Parigi, Ferrara e New York) in realtà analoghe, diverse, sospese in un’atemporalità assoluta. Si tratta di una imagerie fatta di interruzioni e dissonanze che per citare Italo Calvino danno vita a “città del pensiero” a cui gli architetti del dopoguerra si ispireranno per la realizzazione di nuovi edifici e progetti urbanistici».
Un universo, quello rappresentato da de Chirico, in cui la figura umana è quasi inesistente e viene sostituita da calchi in gesso o da manichini. «Si tratta di quelle famose “Muse inquietanti” che popolano il suo universo nell’enigmaticità e nel silenzio, vivendo come guardiani tra ciò che è stato e quello che sarà in un eterno presente, in un continuo ritorno, in una ripetizione differente. Le sue figure senza volto, prive di connotati fisici e quindi anche di etnia, cultura o religione, sorvegliano imperscrutabili la sua dialettica sospesa tra rievocazione e invenzione, tra ricordo e rinnovamento, occupando la superficie con la loro presenza immutabile che immerge in un mondo classico, un’angoscia del tutto moderna».
Entrando nel dettaglio, l’esposizione monografica illustrerà il percorso all’insegna della Metafisica e lungo le diverse fasi stilistiche, fatte di recupero della tradizione classica, suscitazioni surreali e riavvicinamenti alla realtà. «Inventore di città allucinate e assurde – proseguono – le sue “Piazze d’Italia” si offrono come luoghi incerti e instabili da cui l’occhio è attratto per le sue architetture classiche, racchiuse nella gabbia di una rassicurante prospettiva rinascimentale, ma da cui la mente divaga per l’accostamento con elementi stranianti che trasformano i luoghi familiari da cui prende ispirazione (come Monaco di Baviera, Firenze, Roma, Torino, Parigi, Ferrara e New York) in realtà analoghe, diverse, sospese in un’atemporalità assoluta. Si tratta di una imagerie fatta di interruzioni e dissonanze che per citare Italo Calvino danno vita a “città del pensiero” a cui gli architetti del dopoguerra si ispireranno per la realizzazione di nuovi edifici e progetti urbanistici».
Un universo, quello rappresentato da de Chirico, in cui la figura umana è quasi inesistente e viene sostituita da calchi in gesso o da manichini. «Si tratta di quelle famose “Muse inquietanti” che popolano il suo universo nell’enigmaticità e nel silenzio, vivendo come guardiani tra ciò che è stato e quello che sarà in un eterno presente, in un continuo ritorno, in una ripetizione differente. Le sue figure senza volto, prive di connotati fisici e quindi anche di etnia, cultura o religione, sorvegliano imperscrutabili la sua dialettica sospesa tra rievocazione e invenzione, tra ricordo e rinnovamento, occupando la superficie con la loro presenza immutabile che immerge in un mondo classico, un’angoscia del tutto moderna».
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