Open House Roma apre le porte dell’appartamento dell'artista a due passi dal Pantheon
Pomeriggio nella casa-studio di Luigi Serafini, un pezzo di storia a rischio sfratto

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
Samantha De Martin
11/07/2025
Roma - Una Persefone sdraiata dà il benvenuto agli ospiti brandendo due carote.
Comincia da questo omaggio all’amatissimo Ovidio (interpretato ovviamente a modo suo) la visita in casa di Luigi Serafini. Un’opera d’arte totale, più che un semplice appartamento, un organismo artistico vivente, a due passi dal Pantheon, dove dal 1987 il celebre architetto e designer romano, amatissimo per le sue opere stranianti e misteriose, come il Codex Seraphinianus - “L’enciclopedia di un visionario”, come l’ha definita Italo Calvino, pubblicata nel 1981 da Franco Maria Ricci e diventata un oggetto di culto - vive e lavora.
E dove potrebbe vivere ancora a lungo, assieme alla sua Daniela, se non fosse per la “crociata” (come la definisce lui) condotta da un po’ di tempo dal Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M.), proprietario dell'immobile, che ha avviato una procedura di sfratto, solo temporaneamente sospesa dalla Corte d'Appello di Roma che ha riconosciuto il valore "estetico-culturale" dell'intervento.
Purtroppo la sospensione è solo una misura provvisoria e il pericolo che questo patrimonio venga smantellato resta in agguato. Insomma questa Gesamtkunstwerk in divenire, questo studio d’artista che da quasi 40 anni rappresenta anche un tassello luminoso di storia dell’arte del nostro paese (e non solo), fucina di creazioni che ripercorrono l’intera carriera del visionario Serafini, che ha stregato Italo Calvino e Roland Barthes e, in tempi più recenti, anche Tim Burton, potrebbe andare in frantumi. Non verrebbe da crederci.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
La maschera in cartapesta di pulcinella se la ride, ignara. Forse si ricorda di quando, il martedì grasso del 1982, durante il grande Carnevale di Venezia, una testa pulcinellesca identica, ma di dimensioni molto più grandi, veniva portata in trionfo in gondola sul Canal Grande. Opera di Luigi Serafini, era stata commissionata dal direttore della Biennale teatro, Maurizio Scaparro, per festeggiare la rinascita del Carnevale di Venezia dopo le proibizioni imposte da Napoleone. Ai piedi della Persefone, il “croc-egg-dile”, un coccodrillo composto da uova all’occhio di bue, sembra ascoltare.
Eppure, nonostante l’entusiasmo e la gentilezza del padrone di casa (che si sofferma su ogni oggetto descrivendone a ritroso la storia con particolari divertenti) il riferimento allo sfratto incombe su ogni digressione.
“Io e Daniela - racconta Serafini - siamo rimasti gli ultimi abitanti di questo palazzo (l’edificio di Salita de’Crescenzi 26 ndr) –. Gli altri sono stati costretti ad andare via. Adesso qui viviamo in due, come fantasmi”.
Il suo volto si adombra. Ma poi la visita alla casa-studio con tanto di stuzzichini (deliziosi) preparati da Daniela, riaccende l’entusiasmo, tenendo agganciata l’attenzione dei visitatori con aneddoti, connessioni, divagazioni (come una matrioska di storie) e con l’ironia del genio.
La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
Perché al pubblico il mondo di Serafini piace. E anche tanto. “In otto ore - spiega Giorgia Dal Bianco di Open House Roma, il più grande evento della Capitale dedicato all'architettura e organizzato da Open City Roma - abbiamo accolto 1200 persone che hanno fatto quasi due ore di fila per visitare la casa di Luigi Serafini, prova del fatto che questo luogo è uno spazio di grande pregio e valore”.
È grazie a Open House Roma che varchiamo i cancelli di casa Serafini. E sempre da Open House è partita la petizione che su Change.org ha già raggiunto le quasi 5000 firme. "Salvare la Casa Studio di Luigi Serafini significa preservare un unicum nel panorama artistico italiano, un luogo dove l'arte vive e ispira" scrivono i firmatari.
“Grazie a Open City questo luogo non sarà più lo stesso”. Sorride il maestro. Poi continua a raccontare, mentre chi scrive, assieme ad altri visitatori incantati, si perde tra locandine, sedie, oggetti, tra i più disparati, che fanno di questo scrigno uno spazio fuori dal comune.
“Quando sono arrivato, nel 1987, l’appartamento era in condizioni disastrose. Non funzionava nemmeno il caminetto (lo indica). Allora ho deciso di trasformarlo in un altare del cervo di Sant’Eustachio”.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
Raggiungiamo questa stanza (che poi è lo studio) passando di fronte a un ranocchio che si illumina, a indicare il passaggio dall’ingresso (“un luogo di accoglienza e conoscenza”) al vero e proprio nucleo della casa. L’incedere è in punta di piedi, come se il passo avesse il timore di penetrare la fucina del genio, il rifugio dell’uomo. Lo sguardo indugia su una scritta in greco sopra la porta: “MEDEN AGAN” (“niente in eccesso”) motto che risuona in casa del maestro come nel tempio di Apollo a Delfi, poi si accomoda sugli spalti di una partita di “Gal-cetto”, per ritrarsi al cospetto di uno scheletro che legge.
Con intelligenza l’estro di Serafini attinge dal patrimonio culturale e artistico, ma lo reinterpreta secondo canoni personalissimi che si aprono a divagazioni sognanti. Come nel caso dell’Altalena etrusca “dove il lucumone si dondolava”. Eppure in questo bizzarro, apparentemente casuale pot-pourri scorgiamo riferimenti puntuali (sarebbe impossibile senza l’aiuto dell’artista), dalle colonne del Peruzzi all’emissario del lago di Burano, dalla trabeazione del parco di Villa Giulia al cielo di piazza Navona.
“Ho fatto un bel pasticcio qui” scherza.
La visita prosegue mentre gli occhi si posano ora su una stampa per “La voce della luna” di Federico Fellini, ora su un minotauro annoiato che imbraccia un grammofono invitando Teseo a danzare (per poi accoltellarlo).
Serafini cambia i miti, li adatta alla sua fantasia. Perché se fantasia è “potenza immaginativa e rappresentativa dell’anima”, casa Serafini è l’alcova più sincera della fantasia di un uomo.
Di libri ce n’è quanto basta, come anche di matite, colori, fogli, “ricordi da pensionato” come li chiama lui, calamite sul frigo (la tv manca) e anche qualche disegno.
Entrare in cucina significa invece catapultarsi negli anni successivi all’esperienza con il gruppo Memphis, il collettivo di design e architettura fondato da Ettore Sottsass e attivo tra il 1981 e il 1987.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
La conversazione va avanti, mentre contempliamo le Sedie Suspiral disegnate nel 1982 e messe in produzione da Sawaya & Moroni di Milano, per poi essere notate all'epoca da Philippe Stark.
“La cucina è del 1987 ed è stata la prima cosa realizzata per questa casa”. Ma la curiosità indugia su un lavoro del 2000 realizzato con la tavola grafica. Riconosciamo corso Buenos Aires a Milano. Ma qualcosa non torna. Una coppia attraversa le strisce pedonali in compagnia dei propri cloni, una donna perde una scarpa... A Serafini la foto sblocca un ennesimo ricordo. “Utilizzai per la prima volta la tavola grafica quando fui invitato dalla Rai a realizzare la sigla del documentario in 6 puntate di Enzo Biagi sulla Lunga marcia di Mao”.
Lo sguardo incrocia adesso il manifesto realizzato nel 2021 per la messa in scena di Ubu Re al Teatro Argentina di Roma con la regia di Fabio Cherstich, per il cui spettacolo Serafini ha creato scene, costumi collaborando all'allestimento.
Il profumo del pane caldo invita a sospendere per qualche minuto i ricordi e ad assaporare l’aperitivo preparato da Daniela. Per un attimo pensiamo che, se davvero lo sfratto dovesse compiersi, non basterebbero centinaia di pacchi per inscatolare la vita di Luigi, il suo estro che galoppa, la sua mente caleidoscopica.
“Questa casa potrebbe diventare un luogo di mostre, convegni, il ministero della Cultura è l’unico che potrebbe provare ad attivare una pratica di riconoscimento per la tutela...”. L'entusiamo (e la speranza) non sono mai venuti meno.
Altrimenti sarebbe come radere al suolo un’opera d’arte, la sala di un museo.
E c’è davvero qualcuno, nel nome della bellezza e dell’umanità, a tutela del genio e della fantasia, in barba a ChatGPT e a sua maestà l'IA, disposto a prendersi questa responsabilità?
Il 4 agosto Serafini compirà 76 anni. Salvare la sua casa, patrimonio di tutti, sarebbe forse per lui il regalo più bello.
O forse semplicemente il nostro grazie. Per firmare la petizione: https://www.change.org/p/salviamo-la-casa-studio-di-luigi-serafini-un-patrimonio-unico-di-creatività
Comincia da questo omaggio all’amatissimo Ovidio (interpretato ovviamente a modo suo) la visita in casa di Luigi Serafini. Un’opera d’arte totale, più che un semplice appartamento, un organismo artistico vivente, a due passi dal Pantheon, dove dal 1987 il celebre architetto e designer romano, amatissimo per le sue opere stranianti e misteriose, come il Codex Seraphinianus - “L’enciclopedia di un visionario”, come l’ha definita Italo Calvino, pubblicata nel 1981 da Franco Maria Ricci e diventata un oggetto di culto - vive e lavora.
E dove potrebbe vivere ancora a lungo, assieme alla sua Daniela, se non fosse per la “crociata” (come la definisce lui) condotta da un po’ di tempo dal Sovrano Militare Ordine di Malta (S.M.O.M.), proprietario dell'immobile, che ha avviato una procedura di sfratto, solo temporaneamente sospesa dalla Corte d'Appello di Roma che ha riconosciuto il valore "estetico-culturale" dell'intervento.
Purtroppo la sospensione è solo una misura provvisoria e il pericolo che questo patrimonio venga smantellato resta in agguato. Insomma questa Gesamtkunstwerk in divenire, questo studio d’artista che da quasi 40 anni rappresenta anche un tassello luminoso di storia dell’arte del nostro paese (e non solo), fucina di creazioni che ripercorrono l’intera carriera del visionario Serafini, che ha stregato Italo Calvino e Roland Barthes e, in tempi più recenti, anche Tim Burton, potrebbe andare in frantumi. Non verrebbe da crederci.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
La maschera in cartapesta di pulcinella se la ride, ignara. Forse si ricorda di quando, il martedì grasso del 1982, durante il grande Carnevale di Venezia, una testa pulcinellesca identica, ma di dimensioni molto più grandi, veniva portata in trionfo in gondola sul Canal Grande. Opera di Luigi Serafini, era stata commissionata dal direttore della Biennale teatro, Maurizio Scaparro, per festeggiare la rinascita del Carnevale di Venezia dopo le proibizioni imposte da Napoleone. Ai piedi della Persefone, il “croc-egg-dile”, un coccodrillo composto da uova all’occhio di bue, sembra ascoltare.
Eppure, nonostante l’entusiasmo e la gentilezza del padrone di casa (che si sofferma su ogni oggetto descrivendone a ritroso la storia con particolari divertenti) il riferimento allo sfratto incombe su ogni digressione.
“Io e Daniela - racconta Serafini - siamo rimasti gli ultimi abitanti di questo palazzo (l’edificio di Salita de’Crescenzi 26 ndr) –. Gli altri sono stati costretti ad andare via. Adesso qui viviamo in due, come fantasmi”.
Il suo volto si adombra. Ma poi la visita alla casa-studio con tanto di stuzzichini (deliziosi) preparati da Daniela, riaccende l’entusiasmo, tenendo agganciata l’attenzione dei visitatori con aneddoti, connessioni, divagazioni (come una matrioska di storie) e con l’ironia del genio.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
Perché al pubblico il mondo di Serafini piace. E anche tanto. “In otto ore - spiega Giorgia Dal Bianco di Open House Roma, il più grande evento della Capitale dedicato all'architettura e organizzato da Open City Roma - abbiamo accolto 1200 persone che hanno fatto quasi due ore di fila per visitare la casa di Luigi Serafini, prova del fatto che questo luogo è uno spazio di grande pregio e valore”.
È grazie a Open House Roma che varchiamo i cancelli di casa Serafini. E sempre da Open House è partita la petizione che su Change.org ha già raggiunto le quasi 5000 firme. "Salvare la Casa Studio di Luigi Serafini significa preservare un unicum nel panorama artistico italiano, un luogo dove l'arte vive e ispira" scrivono i firmatari.
“Grazie a Open City questo luogo non sarà più lo stesso”. Sorride il maestro. Poi continua a raccontare, mentre chi scrive, assieme ad altri visitatori incantati, si perde tra locandine, sedie, oggetti, tra i più disparati, che fanno di questo scrigno uno spazio fuori dal comune.
“Quando sono arrivato, nel 1987, l’appartamento era in condizioni disastrose. Non funzionava nemmeno il caminetto (lo indica). Allora ho deciso di trasformarlo in un altare del cervo di Sant’Eustachio”.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
Raggiungiamo questa stanza (che poi è lo studio) passando di fronte a un ranocchio che si illumina, a indicare il passaggio dall’ingresso (“un luogo di accoglienza e conoscenza”) al vero e proprio nucleo della casa. L’incedere è in punta di piedi, come se il passo avesse il timore di penetrare la fucina del genio, il rifugio dell’uomo. Lo sguardo indugia su una scritta in greco sopra la porta: “MEDEN AGAN” (“niente in eccesso”) motto che risuona in casa del maestro come nel tempio di Apollo a Delfi, poi si accomoda sugli spalti di una partita di “Gal-cetto”, per ritrarsi al cospetto di uno scheletro che legge.
Con intelligenza l’estro di Serafini attinge dal patrimonio culturale e artistico, ma lo reinterpreta secondo canoni personalissimi che si aprono a divagazioni sognanti. Come nel caso dell’Altalena etrusca “dove il lucumone si dondolava”. Eppure in questo bizzarro, apparentemente casuale pot-pourri scorgiamo riferimenti puntuali (sarebbe impossibile senza l’aiuto dell’artista), dalle colonne del Peruzzi all’emissario del lago di Burano, dalla trabeazione del parco di Villa Giulia al cielo di piazza Navona.
“Ho fatto un bel pasticcio qui” scherza.
La visita prosegue mentre gli occhi si posano ora su una stampa per “La voce della luna” di Federico Fellini, ora su un minotauro annoiato che imbraccia un grammofono invitando Teseo a danzare (per poi accoltellarlo).
Serafini cambia i miti, li adatta alla sua fantasia. Perché se fantasia è “potenza immaginativa e rappresentativa dell’anima”, casa Serafini è l’alcova più sincera della fantasia di un uomo.
Di libri ce n’è quanto basta, come anche di matite, colori, fogli, “ricordi da pensionato” come li chiama lui, calamite sul frigo (la tv manca) e anche qualche disegno.
Entrare in cucina significa invece catapultarsi negli anni successivi all’esperienza con il gruppo Memphis, il collettivo di design e architettura fondato da Ettore Sottsass e attivo tra il 1981 e il 1987.

La casa-studio di Luigi Serafini | Foto: Samantha De Martin per Arte.it 2025
La conversazione va avanti, mentre contempliamo le Sedie Suspiral disegnate nel 1982 e messe in produzione da Sawaya & Moroni di Milano, per poi essere notate all'epoca da Philippe Stark.
“La cucina è del 1987 ed è stata la prima cosa realizzata per questa casa”. Ma la curiosità indugia su un lavoro del 2000 realizzato con la tavola grafica. Riconosciamo corso Buenos Aires a Milano. Ma qualcosa non torna. Una coppia attraversa le strisce pedonali in compagnia dei propri cloni, una donna perde una scarpa... A Serafini la foto sblocca un ennesimo ricordo. “Utilizzai per la prima volta la tavola grafica quando fui invitato dalla Rai a realizzare la sigla del documentario in 6 puntate di Enzo Biagi sulla Lunga marcia di Mao”.
Lo sguardo incrocia adesso il manifesto realizzato nel 2021 per la messa in scena di Ubu Re al Teatro Argentina di Roma con la regia di Fabio Cherstich, per il cui spettacolo Serafini ha creato scene, costumi collaborando all'allestimento.
Il profumo del pane caldo invita a sospendere per qualche minuto i ricordi e ad assaporare l’aperitivo preparato da Daniela. Per un attimo pensiamo che, se davvero lo sfratto dovesse compiersi, non basterebbero centinaia di pacchi per inscatolare la vita di Luigi, il suo estro che galoppa, la sua mente caleidoscopica.
“Questa casa potrebbe diventare un luogo di mostre, convegni, il ministero della Cultura è l’unico che potrebbe provare ad attivare una pratica di riconoscimento per la tutela...”. L'entusiamo (e la speranza) non sono mai venuti meno.
Altrimenti sarebbe come radere al suolo un’opera d’arte, la sala di un museo.
E c’è davvero qualcuno, nel nome della bellezza e dell’umanità, a tutela del genio e della fantasia, in barba a ChatGPT e a sua maestà l'IA, disposto a prendersi questa responsabilità?
Il 4 agosto Serafini compirà 76 anni. Salvare la sua casa, patrimonio di tutti, sarebbe forse per lui il regalo più bello.
O forse semplicemente il nostro grazie. Per firmare la petizione: https://www.change.org/p/salviamo-la-casa-studio-di-luigi-serafini-un-patrimonio-unico-di-creatività
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