Velocità: dai cavalli dei Gonzaga alle navicelle spaziali
Dal 01 Giugno 2019 al 28 Luglio 2019
Mantova
Luogo: Complesso Museale Palazzo Ducale
Indirizzo: piazza Sordello 40
Orari: dal martedì alla domenica ore 14.30 - 18.30
Curatori: Adalberto Scemma
Enti promotori:
- Mantova Creativa con la collaborazione di Scuderia Tazio Nuvolari e il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova
Telefono per informazioni: +39 0376 352100
E-Mail info: pal-mn@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.mantovaducale.beniculturali.it
Dal 1° giugno fino al 28 luglio, con apertura tutti i pomeriggi dal martedì alla domenica dalle ore 14.30 alle 18.30, sarà allestita una nuova mostra presso la Rustica a Palazzo Ducale, a cura di Mantova Creativa in collaborazione con la Scuderia Tazio Nuvolari Italia e il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova.
“Velocità: dai cavalli dei Gonzaga alle navicelle spaziali”: una mostra che già nel titolo è carica di suggestione. Una scelta precisa che non stride con uno scenario impreziosito da tesori d’arte ma semmai lo asseconda. Basti ricordare che i Gonzaga erano famosi per allevare cavalli da corsa imbattibili per velocità e resistenza, contesi da tutte le corti d’Europa, pagati a cifre da record bruciando la concorrenza delle grandi famiglie del tempo, i Medici, gli Estensi e i Farnese. Proprio Mantova vanta peraltro da sempre una tradizione specifica nell’ambito della velocità. Così nel ciclismo con lo sprinter Francesco Verri, tre ori olimpici ad Atene 1906, e con il leggendario Learco Guerra. Per non parlare di Tazio Nuvolari, il “mito dei miti” in un’epoca che ha visto l’automobilismo assurgere a emblema di energia vitale sino a ispirare le intuizioni futuristiche di Tommaso Marinetti.
Ideata da Giampaolo Benedini e curata da Adalberto Scemma, la mostra nasce da un progetto di Mantova Creativa con la Scuderia Tazio Nuvolari e il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova e si articola attraverso varie sezioni per raccontare la velocità come mito del nostro tempo. Per secoli lo sviluppo tecnico ha permesso, in ogni campo, di potenziare la rapidità umana. Ma tecnologia non significa solo uso di strumentazioni tecniche; anche il corpo umano ha la sua tecnologia di velocità, dispiegata nello sport, per esempio, dove riflessi e potenza muscolare determinano gran parte dei successi di un atleta. Ecco dunque che la velocità va a incidere sull’immaginazione al punto da essere realmente percepita anche in assenza di movimento. A patto naturalmente che l’artista, lo scienziato, l’ingegnere, il regista, o il creativo ne vogliano mostrare l’essenza e le conseguenze emotive e visive. In questa dimensione si precisa il fulcro della mostra, che coinvolge variegati aspetti legati alla velocità intesa come desiderio, bisogno, sensibilità e non soltanto come sviluppo tecnologico o motorio. Il tutto con l’aiuto di filmati, schede, materiale fotografico e con la presenza di reperti storici. Dalla velocità dell’uomo, con il mito di Usain Bolt e di Eliud Kipchoge in evidenza, a quella degli animali, con le prestazioni-record del giaguaro e del falco pellegrino, la mostra analizza uno scenario storico che è fonte inesauribile di curiosità e di sorprese. Poi si accendono i fari sugli strumenti tecnici che hanno ispirato una corsa condotta in accelerazione costante, come se il destino dell’uomo, e della sua sete di conquista, fosse fatalmente legato alla capacità di percepire, per sublimarla, l’essenza del rapporto spazio-tempo. Di qui la storia della bicicletta e quella della moto, con esemplari d’epoca in mostra, la storia dell’automobile e della motonautica fino al dettaglio dei record conseguiti dall’aviazione o dalle imprese dell’uomo nello spazio. Infine gli approfondimenti che riguardano la velocità della comunicazione ottica (vedi il record straordinario della University College London: 1125 terabit al secondo) e la misteriosa attitudine del cervello a organizzare nella sua parte plastica i dati dell’esperienza.
Varie sezioni sono dedicate naturalmente alle vicende sportive con il racconto dei record più eclatanti, compresi quelli riferiti alla velocità dei palloni da calcio e di pallavolo o delle palline da tennis e da golf, queste ultime capaci toccare i 328 km/h! Ampio spazio viene riservato alle imprese storiche degli sportivi mantovani. Così in atletica, dove balzano in copertina Mario Colarossi, Gianni Ronconi, Diego Marani, Fausto Desalu, Simona Parmiggiani, Luigi Rossini, Gianni Truschi e Najibe Salami, o nel ciclismo dove accanto a Francesco Verri e Learco Guerra brillano Gaioni e Tasselli, Bergamaschi e Campana, Roncaglia e Mantovani, Baronchelli e Bosisio, Gialdini e Meneghelli fino a Buttarelli, Moreni, Bianchini e, recentissimo, Edoardo Affini. La storia dell’automobilismo mantovano non può prescindere dal mito di Tazio Nuvolari ma emoziona il racconto delle imprese pionieristiche di Cesare Pastore e Vincenzo Coffani, di Giuseppe Morandi, di Marino Marini, Paolo Petrobelli e Franco Marenghi sino all’irruzione sulla scena dell’estemporaneo Luigi Malanca. Analoga l’epopea del motociclismo, che ha visto Guido Leoni fare da apripista a Ivan Goi e Lucio Pedercini, o quella della motonautica che ha consegnato l’iride a Carlo Petrobelli e Gino Zavanella.
Quelle del nostro lago sono state a più riprese “acque azzurre” per lo sport mantovano. Trovano spazio in mostra Sonia Truzzi, Viviana Vecchi e Adolfo Bollini per lo sci nautico, Francesco Bonezzi, Giacomo Bottoli, Francesca Pavesi, Vittoria, Giulia e Francesca Masotto per la vela, fino ai canoisti olimpici Renato Ongari e Alberta Zanardi, a Matteo Florio e Serena Pontara, ai canottieri Marco Penna e Marco Gola, Alberto Mondini e Franco Grandis. Nel nuoto, poi, l’ondata di Gino Baraldi e Iris Corniani, Cristina Sossi e Francesca Ferrarini fino ad Alessandra Cappa e agli exploit di Nicoletta Ruberti. Gli sport con la palla hanno esaltato la velocità di esecuzione di Roberto Boninsegna nel calcio, di Marco Negri e Andrea Anastasi nella pallavolo e del mitico Marino “Mara” Marzocchi nel tamburello. E a chiudere due personaggi altrettanto mitici: l’eclettico Onorio Marocchi, campione del mondo nel bob, e la “frusta d’oro” Mario Manfredi, che sul sulky ha lasciato un segno indelebile nella storia del trotto.
Accanto all’ideatore Giampaolo Benedini e al curatore Adalberto Scemma ha collaborato alla realizzazione della mostra uno staff di esperti di prim’ordine: Fabrizio Bovi, Alberto Capilupi, Giancarlo Malacarne, Giancarlo Pascal, Giovanni Pasetti, Cesare Ponchiroli, Tiziano Prati, Claudio Rossi e Marco Tonelli. Il progetto di allestimento è stato curato da Matteo Corsini.
La mostra è sostenuta da Fondazione Bam e Lubiam.
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