Aldo Fallai per Giorgio Armani, 1977-2021
Dal 05 Dicembre 2023 al 11 Agosto 2024
Milano
Luogo: Armani/Silos
Indirizzo: Via Bergognone 40
Curatori: Giorgio Armani, Rosanna Armani, Leo Dell’Orco
Telefono per informazioni: +39 02 91630010
Sito ufficiale: http://www.armanisilos.com
Inaugura, negli spazi di Armani/Silos, la mostra Aldo Fallai per Giorgio Armani, 1977 – 2021: il racconto, coniugato al tempo presente, di quasi trent’anni di ininterrotto dialogo artistico tra Giorgio Armani e Aldo Fallai. Curata da Giorgio Armani, Rosanna Armani e Leo Dell’Orco, l’esposizione esplora i confini di una collaborazione unica, che ha definito l’essenza stessa di un’estetica che ha fatto breccia nell’immaginario collettivo.
Il sodalizio artistico tra Aldo Fallai - fiorentino, classe 1943 - e Giorgio Armani è iniziato a metà degli anni Settanta, ancor prima dell’avventura come solista dello stilista, per poi proseguire fino agli inizi degli anni Duemila e riprendere in anni recenti. Al momento del primo incontro, Armani è un giovane stilista freelance; Fallai, diplomato all’Istituto d’arte, è un grafico con una felice inclinazione per la fotografia. L’intesa è immediata. Il primo, consapevole dei mutamenti sociali in atto che vedono le donne acquisire potere e gli uomini vestirsi con più consapevolezza, è determinato a riscrivere le regole del vestire, creando un vero e proprio lifestyle.
Il secondo lo accomagna nella definizione di un immaginario nel quale evocazioni cinematografiche e cenni neorealisti si mescolano a echi della pittura tardorinascimentale e manierista, in una messa in scena che sa di vita e che per questo è profondamente autentica. L’uso del bianco e nero, e l’astrazione narrativa che ne deriva, è la scelta vincente: le immagini sono infatti immediate e senza tempo, di pura invenzione ma come catturate in un istante reale. Insieme aspirano a dipingere scene della miglior vita possibile, situazioni nelle quali lo spettatore si può rispecchiare, e ci riescono perché le immagini sono in primo luogo ritratti, o fotogrammi di un lungometraggio: pur concepite per far conoscere le collezioni, si concentrano sul carattere dei personaggi, facendo degli abiti un sottile complemento dell’essere, rispecchiando l’idea dello stilista che elegan- za non è farsi notare, ma farsi ricordare.
Il percorso narrativo si snoda su due piani e raccoglie, in rigoroso ordine sparso, circa duecentocinquanta scatti, apparsi sulle riviste o trasformati in affissioni dal forte impatto mediatico. La mostra accosta immagini prodotte per diverse linee: c’è la foto con il tigrotto, realizzata a Palermo, quando la troupe si rifugia in un giorno di pioggia al circo Togni; c’è la donna in carriera, impersonata da Antonia Dell’Atte, ritratta, sguardo dritto verso un radioso futuro, in mezzo alla folla in via Durini, sotto gli uffici Armani. C’è, ancora, la laguna veneta evocata in studio, e le statue del Foro Italico, tradotte in un gioco di ombre nette e grafiche. Sono foto familiari e sorprendenti, realizzate con inventiva e intelligenza.
“Lavorare con Aldo mi ha permesso, fin da subito, di trasformare in immagini reali la fantasia che avevo in mente: che i miei abiti non erano soltanto fatti in una certa maniera, con certi colori e materiali, ma rappresentavano un modo di essere, di vivere. Perché lo stile, per me, è un’espressione totale. Insieme, in un dialogo sempre fluido e concreto, abbiamo creato scene di vita, evocato atmosfere, tratteggiato ritratti pieni di carattere. E rivedendo oggi tutto il lavoro realizzato, sono io stesso colpito dalla forte suggestione che questi scatti sanno ancora emanare, e dalla grande capacità di Aldo di cogliere le sfumature della personalità”, dichiara Giorgio Armani.
“Il lavoro con Giorgio è stato il frutto di un dialogo naturale e continuo, e di grande fiducia da parte sua. Entrambi eravamo interessati a mettere in luce un aspetto dello stile legato al caratte- re e alla personalità, e questo si è tradotto in immagini che appaiono attuali oggi come ieri: una qualità resa evidente dall’allestimento della mostra, che non segue una sequenza cronologica. Dei trent’anni della nostra collaborazione ho ricordi vividi. Le produzioni erano sempre agili, snelle: si otteneva il risultato con pochi mezzi e senza effetti speciali. Questo, penso, ha fatto breccia nel pub- blico”, commenta Aldo Fallai.
Il sodalizio artistico tra Aldo Fallai - fiorentino, classe 1943 - e Giorgio Armani è iniziato a metà degli anni Settanta, ancor prima dell’avventura come solista dello stilista, per poi proseguire fino agli inizi degli anni Duemila e riprendere in anni recenti. Al momento del primo incontro, Armani è un giovane stilista freelance; Fallai, diplomato all’Istituto d’arte, è un grafico con una felice inclinazione per la fotografia. L’intesa è immediata. Il primo, consapevole dei mutamenti sociali in atto che vedono le donne acquisire potere e gli uomini vestirsi con più consapevolezza, è determinato a riscrivere le regole del vestire, creando un vero e proprio lifestyle.
Il secondo lo accomagna nella definizione di un immaginario nel quale evocazioni cinematografiche e cenni neorealisti si mescolano a echi della pittura tardorinascimentale e manierista, in una messa in scena che sa di vita e che per questo è profondamente autentica. L’uso del bianco e nero, e l’astrazione narrativa che ne deriva, è la scelta vincente: le immagini sono infatti immediate e senza tempo, di pura invenzione ma come catturate in un istante reale. Insieme aspirano a dipingere scene della miglior vita possibile, situazioni nelle quali lo spettatore si può rispecchiare, e ci riescono perché le immagini sono in primo luogo ritratti, o fotogrammi di un lungometraggio: pur concepite per far conoscere le collezioni, si concentrano sul carattere dei personaggi, facendo degli abiti un sottile complemento dell’essere, rispecchiando l’idea dello stilista che elegan- za non è farsi notare, ma farsi ricordare.
Il percorso narrativo si snoda su due piani e raccoglie, in rigoroso ordine sparso, circa duecentocinquanta scatti, apparsi sulle riviste o trasformati in affissioni dal forte impatto mediatico. La mostra accosta immagini prodotte per diverse linee: c’è la foto con il tigrotto, realizzata a Palermo, quando la troupe si rifugia in un giorno di pioggia al circo Togni; c’è la donna in carriera, impersonata da Antonia Dell’Atte, ritratta, sguardo dritto verso un radioso futuro, in mezzo alla folla in via Durini, sotto gli uffici Armani. C’è, ancora, la laguna veneta evocata in studio, e le statue del Foro Italico, tradotte in un gioco di ombre nette e grafiche. Sono foto familiari e sorprendenti, realizzate con inventiva e intelligenza.
“Lavorare con Aldo mi ha permesso, fin da subito, di trasformare in immagini reali la fantasia che avevo in mente: che i miei abiti non erano soltanto fatti in una certa maniera, con certi colori e materiali, ma rappresentavano un modo di essere, di vivere. Perché lo stile, per me, è un’espressione totale. Insieme, in un dialogo sempre fluido e concreto, abbiamo creato scene di vita, evocato atmosfere, tratteggiato ritratti pieni di carattere. E rivedendo oggi tutto il lavoro realizzato, sono io stesso colpito dalla forte suggestione che questi scatti sanno ancora emanare, e dalla grande capacità di Aldo di cogliere le sfumature della personalità”, dichiara Giorgio Armani.
“Il lavoro con Giorgio è stato il frutto di un dialogo naturale e continuo, e di grande fiducia da parte sua. Entrambi eravamo interessati a mettere in luce un aspetto dello stile legato al caratte- re e alla personalità, e questo si è tradotto in immagini che appaiono attuali oggi come ieri: una qualità resa evidente dall’allestimento della mostra, che non segue una sequenza cronologica. Dei trent’anni della nostra collaborazione ho ricordi vividi. Le produzioni erano sempre agili, snelle: si otteneva il risultato con pochi mezzi e senza effetti speciali. Questo, penso, ha fatto breccia nel pub- blico”, commenta Aldo Fallai.
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