Elad Lassry
Elad Lassry, PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano
Dal 06 Luglio 2012 al 16 Settembre 2012
Milano
Luogo: PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea
Indirizzo: via Palestro 14
Orari: lunedì 14.30-19.30; da martedì a domenica 9.30-19.30; giovedì 9.30-22.30
Curatori: Alessandro Rabottini
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 88446359
E-Mail info: sara.zolla@studiopesci.it
Sito ufficiale: http://www.comune.milano.it/pac
Il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, dal 6 luglio al 16 settembre 2012, presenta
la prima mostra monografica che un’istituzione museale italiana dedica al lavoro di Elad Lassry
(1977, Tel Aviv; vive e lavora a Los Angeles) a cura di Alessandro Rabottini.
La mostra, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Moda, Design e dal PAC, ad
oggi rappresenta la più ampia panoramica mai realizzata sul lavoro dell’artista israeliano, che il
pubblico italiano ha già avuto modo di apprezzare nell’ultima edizione della Biennale di Venezia.
Il lavoro di Lassry è caratterizzato da una riflessione sull’ubiquità dell’immagine nella società
contemporanea e sulla possibilità di ridefinire codici visivi conosciuti e abitudini interpretative. In
questa mostra verranno presentate un’ampia selezione di opere a parete, quattro film, nuove opere
di scultura e un’installazione che fonde fotografia, scultura e architettura realizzata appositamente
per il PAC.
A partire dalla sua recente comparsa sulla scena internazionale, il lavoro di Elad Lassry ha subito
attratto l’attenzione di pubblico e critica tanto per la forza visiva quanto per il rigore concettuale che
lo contraddistinguono. Se all’inizio della sua carriera i principali mezzi espressivi utilizzati da
Lassry erano la fotografia e il film in 16 mm., la sua più recente produzione include anche la scultura,
l’intervento architettonico, il disegno e la performance. La maggior parte di questi media saranno
presentati al PAC in un percorso allestitivo che li pone in dialogo reciproco.
Le fotografie di Elad Lassry presentano soggetti all’apparenza familiari – persone, animali, luoghi e
oggetti più o meno banali – ma è il modo in cui l’artista li ritrae a produrre un effetto ambiguo e
straniante. Le pose delle persone sono artefatte, gli animali e, più in generale, la natura appaiono del
tutto artificiali mentre gli oggetti – molti dei quali sono arrangiati in composizioni che ricordano la
fotografia pubblicitaria – sembrano non appartenere al dominio della funzionalità, nonostante non
sia chiaro se abbiano un significato simbolico.
L’universo visivo di Elad Lassry è privo di parole: non soltanto i suoi film sono muti ma, più in
generale, la perfezione formale delle sue immagini e la loro elaborata costruzione fanno sì che la
possibilità che un’immagine significhi o racconti qualcosa venga per un attimo sospesa. Più che lo
spazio di una narrazione, le immagini di Lassry sono una superficie sulla quale si riflettono
seduzione e repulsione, ambiguità e straniamento.
Una serie di stratagemmi formali messi in atto creano ulteriori forme di ambiguità a livello percettivo:
tra l’immagine e la sua cornice, infatti, Lassry stabilisce corrispondenze cromatiche che rafforzano
l’oscillazione tra bidimensionalità e tridimensionalità, trasformando l’immagine stessa in un oggetto
che sembra prossimo alla scultura, mentre l’assenza di luce naturale produce un’intensità cromatica
che acuisce la tattilità delle immagini.
Nel lavoro di Lassry tutto esiste all’interno di un regime di orizzontalità, all’interno del quale ogni
gerarchia tra figura, oggetto e ambiente è eliminata: persone, cose, animali e luoghi sembrano
provenire da un universo dove la spontaneità è bandita e dove la memoria si confronta con un senso
di fine imminente.
Altrettanto può dirsi dei film in 16 mm, di cui la mostra milanese presenterà una selezione di quattro
opere prodotte tra il 2007 e il 2010: qui il movimento esiste soltanto come attenta coreografia,
mentre tra figura e ambiente si stabilisce, ancora una volta, un’osmosi visiva che riporta tutto sul
piano di un’esistenza ottica e percettiva.
Gran parte del lavoro di Elad Lassry consiste in una riflessione sull’atto stesso del vedere, sulla
costruzione della rappresentazione e su come noi stessi guardiamo le immagini, proiettando su di
esse significati che sono loro estranei e che provengono dalla nostra stessa esperienza autobiografica
e culturale. Per Lassry, infatti, l’atto dell’inquadratura non è soltanto un dispositivo formale nelle
mani dell’artista ma è anche, e soprattutto, un dispositivo interpretativo che fa appello alla
posizione dello spettatore: è per questo motivo che le sue immagini non sono accompagnate da una
precisa spiegazione né la loro origine è in alcun modo chiarita.
In mostra saranno inoltre presenti interventi spaziali che rafforzano il discorso sulla visione come
forma di costruzione, tanto nella produzione delle immagini quanto nella loro lettura.
Nella sua pratica artistica Lassry conduce a una nuova sintesi le premesse contenute in una serie di
esperienze ormai storicizzate: dalla fusione tra otticità e tattilità presente nelle fotografie di László
Moholy-Nagy, fino alla natura concettuale dell’immagine che attraversa il lavoro di artisti come
Richard Prince, Louise Lawler e Sharon Lockhart, passando per la frizione tra iper-realismo e
finzione che caratterizza certe forme di Robert Gober e Richard Artschwager.
Note biografiche
Mostre personali di Elad Lassry sono state allestite presso prestigiose istituzioni internazionali
come il Whitney Museum of American Art di New York, la Kunsthalle di Zurigo e il Contemporary
Art Museum di St. Louis. Lassry ha inoltre preso parte all’ultima edizione della Biennale di Venezia
e a mostre collettive presso il MoMa e il New Museum di New York, la Schirn Kunsthalle di
Francoforte, il CAPC di Bordeaux, l’Institute of Contemporary Art di Philadelphia, la GAM di
Torino.
La mostra è accompagnata da un testo critico del curatore Alessandro Rabottini.
la prima mostra monografica che un’istituzione museale italiana dedica al lavoro di Elad Lassry
(1977, Tel Aviv; vive e lavora a Los Angeles) a cura di Alessandro Rabottini.
La mostra, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, Moda, Design e dal PAC, ad
oggi rappresenta la più ampia panoramica mai realizzata sul lavoro dell’artista israeliano, che il
pubblico italiano ha già avuto modo di apprezzare nell’ultima edizione della Biennale di Venezia.
Il lavoro di Lassry è caratterizzato da una riflessione sull’ubiquità dell’immagine nella società
contemporanea e sulla possibilità di ridefinire codici visivi conosciuti e abitudini interpretative. In
questa mostra verranno presentate un’ampia selezione di opere a parete, quattro film, nuove opere
di scultura e un’installazione che fonde fotografia, scultura e architettura realizzata appositamente
per il PAC.
A partire dalla sua recente comparsa sulla scena internazionale, il lavoro di Elad Lassry ha subito
attratto l’attenzione di pubblico e critica tanto per la forza visiva quanto per il rigore concettuale che
lo contraddistinguono. Se all’inizio della sua carriera i principali mezzi espressivi utilizzati da
Lassry erano la fotografia e il film in 16 mm., la sua più recente produzione include anche la scultura,
l’intervento architettonico, il disegno e la performance. La maggior parte di questi media saranno
presentati al PAC in un percorso allestitivo che li pone in dialogo reciproco.
Le fotografie di Elad Lassry presentano soggetti all’apparenza familiari – persone, animali, luoghi e
oggetti più o meno banali – ma è il modo in cui l’artista li ritrae a produrre un effetto ambiguo e
straniante. Le pose delle persone sono artefatte, gli animali e, più in generale, la natura appaiono del
tutto artificiali mentre gli oggetti – molti dei quali sono arrangiati in composizioni che ricordano la
fotografia pubblicitaria – sembrano non appartenere al dominio della funzionalità, nonostante non
sia chiaro se abbiano un significato simbolico.
L’universo visivo di Elad Lassry è privo di parole: non soltanto i suoi film sono muti ma, più in
generale, la perfezione formale delle sue immagini e la loro elaborata costruzione fanno sì che la
possibilità che un’immagine significhi o racconti qualcosa venga per un attimo sospesa. Più che lo
spazio di una narrazione, le immagini di Lassry sono una superficie sulla quale si riflettono
seduzione e repulsione, ambiguità e straniamento.
Una serie di stratagemmi formali messi in atto creano ulteriori forme di ambiguità a livello percettivo:
tra l’immagine e la sua cornice, infatti, Lassry stabilisce corrispondenze cromatiche che rafforzano
l’oscillazione tra bidimensionalità e tridimensionalità, trasformando l’immagine stessa in un oggetto
che sembra prossimo alla scultura, mentre l’assenza di luce naturale produce un’intensità cromatica
che acuisce la tattilità delle immagini.
Nel lavoro di Lassry tutto esiste all’interno di un regime di orizzontalità, all’interno del quale ogni
gerarchia tra figura, oggetto e ambiente è eliminata: persone, cose, animali e luoghi sembrano
provenire da un universo dove la spontaneità è bandita e dove la memoria si confronta con un senso
di fine imminente.
Altrettanto può dirsi dei film in 16 mm, di cui la mostra milanese presenterà una selezione di quattro
opere prodotte tra il 2007 e il 2010: qui il movimento esiste soltanto come attenta coreografia,
mentre tra figura e ambiente si stabilisce, ancora una volta, un’osmosi visiva che riporta tutto sul
piano di un’esistenza ottica e percettiva.
Gran parte del lavoro di Elad Lassry consiste in una riflessione sull’atto stesso del vedere, sulla
costruzione della rappresentazione e su come noi stessi guardiamo le immagini, proiettando su di
esse significati che sono loro estranei e che provengono dalla nostra stessa esperienza autobiografica
e culturale. Per Lassry, infatti, l’atto dell’inquadratura non è soltanto un dispositivo formale nelle
mani dell’artista ma è anche, e soprattutto, un dispositivo interpretativo che fa appello alla
posizione dello spettatore: è per questo motivo che le sue immagini non sono accompagnate da una
precisa spiegazione né la loro origine è in alcun modo chiarita.
In mostra saranno inoltre presenti interventi spaziali che rafforzano il discorso sulla visione come
forma di costruzione, tanto nella produzione delle immagini quanto nella loro lettura.
Nella sua pratica artistica Lassry conduce a una nuova sintesi le premesse contenute in una serie di
esperienze ormai storicizzate: dalla fusione tra otticità e tattilità presente nelle fotografie di László
Moholy-Nagy, fino alla natura concettuale dell’immagine che attraversa il lavoro di artisti come
Richard Prince, Louise Lawler e Sharon Lockhart, passando per la frizione tra iper-realismo e
finzione che caratterizza certe forme di Robert Gober e Richard Artschwager.
Note biografiche
Mostre personali di Elad Lassry sono state allestite presso prestigiose istituzioni internazionali
come il Whitney Museum of American Art di New York, la Kunsthalle di Zurigo e il Contemporary
Art Museum di St. Louis. Lassry ha inoltre preso parte all’ultima edizione della Biennale di Venezia
e a mostre collettive presso il MoMa e il New Museum di New York, la Schirn Kunsthalle di
Francoforte, il CAPC di Bordeaux, l’Institute of Contemporary Art di Philadelphia, la GAM di
Torino.
La mostra è accompagnata da un testo critico del curatore Alessandro Rabottini.
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