Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell’Ottocento
Dal 11 Aprile 2013 al 31 Maggio 2013
Milano
Luogo: GAMManzoni
Indirizzo: via A. Manzoni 45
Orari: da martedì a sabato 10-13/ 15-19
Curatori: Francesco Luigi Maspes, Enzo Savoia
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 62695107
E-Mail info: info@gammanzoni.com
Sito ufficiale: http://www.gammanzoni.com/
Dal 12 aprile al 31 maggio 2013, GAMManzoni - Centro Studi per l’Arte Moderna e Contemporanea, ospitaper la prima volta a Milano, una retrospettiva interamente dedicata a Guglielmo Ciardi (Venezia, 1842-1917), l’ultimo grande interprete del vedutismo veneto dell’Ottocento.
L’esposizione, curata da Francesco Luigi Maspes ed Enzo Savoia, presenta alcuni dei maggiori capolavori di Ciardi, provenienti da prestigiose collezioni italiane e straniere, in grado di ripercorrere la carriera dell’erede di Canaletto, Guardi, Bellotto che, al pari di questi maestri, ha saputo diventare il cantore delle magiche atmosfere di Venezia, della sua laguna e del territorio circostante.
La mostra fornirà un fondamentale contributo allo studio e alla conoscenza della lunga, quanto fortunata, parabola artistica di Ciardi, iniziata nel 1860 sui banchi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e conclusasi con tutti gli onori nella stessa città lagunare nel 1917. La rassegna – la prima, se si esclude quella storica di Treviso del 1977 – ricostruisce le tappe fondamentali dell’epopea artistica del pittore veneziano al fine di valorizzarne l’originalità – soprattutto nella pittura di paesaggio e nella veduta – in ambito sia nazionale che internazionale, come attestano le sue numerose partecipazioni alle esposizioni estere, dove ottenne premi e riconoscimenti, oltre alle altrettanto numerose attestazioni di stima da parte dei colleghi stranieri.
Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell’Ottocento - tale è il titolo dell’iniziativa milanese - documenta la formazione accademica di Ciardi maturata seguendo le lezioni del maestro Domenico Bresolin, l’incontro a Firenze con Telemaco Signorini e i macchiaioli toscani (“Essi – come ricorderà al critico Ugo Ojetti – mi insegnarono non la pratica meccanica dell’arte mia ma il diritto ad essere indipendente, ad essere sincero, ad essere io”), le conversazioni avute con il critico Diego Martelli, il successivo incontro a Roma con il pittore Nino Costa e, soprattutto, il suo amore profondo per la conoscenza diretta della natura, per il paesaggio – “fatto dal vero e studiato ad occhi aperti” – immortalato nei luoghi a lui più cari, da Venezia alla laguna, dal Sile alla campagna trevigiana sentita “come una liberazione dalla città”.
Il percorso espositivo, rigorosamente cronologico, prende le mosse dal ritrovato capolavoro Canale della Giudecca del 1867 – versione dell’omonima tela donata dagli eredi Ciardi al Museo di Ca’ Pesaro a Venezia – e da Mattino di maggio del 1869, fondamentale per la comprensione della prima formazione dell’artista. Gli anni Settanta sono documentati da Mattino in laguna, Barche di pescatori in laguna, Vele al sole, opere in cui il pittore, nel sigillo di una concordia serena tra uomo e ambiente, ritrae le figure dei pescatori che spingono in mare le loro barche, il tutto reso con macchie di colore che hanno un’ascendenza non tanto nell’ambiente dei Macchiaioli toscani, quanto in Luca Carlevarijs e nei vedutisti veneti del Settecento.
Mulino sul Sile e Mercato a Badoere testimoniano invece l’interesse di Ciardi per gli improvvisi sbalzi cromatici della campagna veneta, diventandone un interprete fedele, al punto da immergersi pienamente, grazie alle lunghe permanenze in queste località, nel contesto di vita popolare e dedicando molte opere al lavoro e alla faticosa vita dei contadini, senza per questo tralasciare l’eco delle pause liete, come nel caso delle celebri riprese del mercato di Badoere.
La mostra trova poi il suo apice nella veduta di Sant’Erasmo (1889) – in passato documentata nella celebre raccolta Duca di Milano –, e nella grande tela del Canal Grande, inviata dall’artista all’Esposizione Internazionale di Berlino del 1891, da allora mai più esposta al pubblico e solo di recente riapparsa in una prestigiosa collezione privata europea. Barconi e vele nella laguna di Venezia (1892), che anticipa le sperimentazioni dei primi anni del Novecento, conclude idealmente la rassegna.
L’esposizione, curata da Francesco Luigi Maspes ed Enzo Savoia, presenta alcuni dei maggiori capolavori di Ciardi, provenienti da prestigiose collezioni italiane e straniere, in grado di ripercorrere la carriera dell’erede di Canaletto, Guardi, Bellotto che, al pari di questi maestri, ha saputo diventare il cantore delle magiche atmosfere di Venezia, della sua laguna e del territorio circostante.
La mostra fornirà un fondamentale contributo allo studio e alla conoscenza della lunga, quanto fortunata, parabola artistica di Ciardi, iniziata nel 1860 sui banchi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia e conclusasi con tutti gli onori nella stessa città lagunare nel 1917. La rassegna – la prima, se si esclude quella storica di Treviso del 1977 – ricostruisce le tappe fondamentali dell’epopea artistica del pittore veneziano al fine di valorizzarne l’originalità – soprattutto nella pittura di paesaggio e nella veduta – in ambito sia nazionale che internazionale, come attestano le sue numerose partecipazioni alle esposizioni estere, dove ottenne premi e riconoscimenti, oltre alle altrettanto numerose attestazioni di stima da parte dei colleghi stranieri.
Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell’Ottocento - tale è il titolo dell’iniziativa milanese - documenta la formazione accademica di Ciardi maturata seguendo le lezioni del maestro Domenico Bresolin, l’incontro a Firenze con Telemaco Signorini e i macchiaioli toscani (“Essi – come ricorderà al critico Ugo Ojetti – mi insegnarono non la pratica meccanica dell’arte mia ma il diritto ad essere indipendente, ad essere sincero, ad essere io”), le conversazioni avute con il critico Diego Martelli, il successivo incontro a Roma con il pittore Nino Costa e, soprattutto, il suo amore profondo per la conoscenza diretta della natura, per il paesaggio – “fatto dal vero e studiato ad occhi aperti” – immortalato nei luoghi a lui più cari, da Venezia alla laguna, dal Sile alla campagna trevigiana sentita “come una liberazione dalla città”.
Il percorso espositivo, rigorosamente cronologico, prende le mosse dal ritrovato capolavoro Canale della Giudecca del 1867 – versione dell’omonima tela donata dagli eredi Ciardi al Museo di Ca’ Pesaro a Venezia – e da Mattino di maggio del 1869, fondamentale per la comprensione della prima formazione dell’artista. Gli anni Settanta sono documentati da Mattino in laguna, Barche di pescatori in laguna, Vele al sole, opere in cui il pittore, nel sigillo di una concordia serena tra uomo e ambiente, ritrae le figure dei pescatori che spingono in mare le loro barche, il tutto reso con macchie di colore che hanno un’ascendenza non tanto nell’ambiente dei Macchiaioli toscani, quanto in Luca Carlevarijs e nei vedutisti veneti del Settecento.
Mulino sul Sile e Mercato a Badoere testimoniano invece l’interesse di Ciardi per gli improvvisi sbalzi cromatici della campagna veneta, diventandone un interprete fedele, al punto da immergersi pienamente, grazie alle lunghe permanenze in queste località, nel contesto di vita popolare e dedicando molte opere al lavoro e alla faticosa vita dei contadini, senza per questo tralasciare l’eco delle pause liete, come nel caso delle celebri riprese del mercato di Badoere.
La mostra trova poi il suo apice nella veduta di Sant’Erasmo (1889) – in passato documentata nella celebre raccolta Duca di Milano –, e nella grande tela del Canal Grande, inviata dall’artista all’Esposizione Internazionale di Berlino del 1891, da allora mai più esposta al pubblico e solo di recente riapparsa in una prestigiosa collezione privata europea. Barconi e vele nella laguna di Venezia (1892), che anticipa le sperimentazioni dei primi anni del Novecento, conclude idealmente la rassegna.
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