L'eterno compromesso (appunti per una mostra)
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L'eterno compromesso (appunti per una mostra), MAC - Museo d'Arte Contemporanea di Lissone
Dal 22 Marzo 2014 al 27 Aprile 2014
Lissone | Milano
Luogo: MAC - Museo d'Arte Contemporanea di Lissone
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: Martedì - Mercoledì - Venerdì 15-19, Giovedì 15-23 e Sabato - Domenica 10-12 e 15-19
Curatori: Alberto Zanchetta
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 039 7397368 - 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.comune.lissone.mb.it
L'eterno compromesso è un gioco di parole che può essere letto in una duplice accezione: "l'ineluttabile compromissione di ciò che riteniamo eterno" oppure "il duro compromesso con il nostro concetto di eternità".
Questa non è una mostra di opere, né vuole essere un'esposizione di soli documenti, ma più verosimilmente intende porsi come una riflessione critica sulle sperimentazioni polimateriche del secolo scorso. Gli appunti e le immagini inserite all'interno delle bacheche sono un compendio delle opere d'arte che a cavallo degli anni Sessanta e Settanta utilizzarono l'Eternit, un versatile materiale edile composto da cemento e fibre di amianto.
Brevettato nel 1901 dall'austriaco Ludwig Hatschek, l'Eternit trovò vastissimo impiego,soprattutto in edilizia (per Philip Johnson l'amianto ondulato non era altro che «il materiale più economico e più brutto del mondo»). L'Eternit venne ampiamente utilizzato per quasi un secolo, anche in oggetti di uso quotidiano, fino a quando fu comprovata la tossicità delle sue particelle fibrose; in anni recenti il problema sembra però volgere al suo giusto epilogo, grazie a un piano di bonifica e di smaltimento dell'amianto.
L'Eternit si rivelò un duro compromesso per i posteri. Il nome stesso - che deriva dal latinoaeternitas - lo reclamizzava come un materiale di lunga durata, ma ciò che si credeva potenzialmente "eterno" doveva fare i conti con il proprio destino (e disfacimento). L'iniziale euforia dell'Eternit, che vantava numerose applicazioni, investì anche le arti visive; dagli inizi del secolo scorso fino al 1992, anno in cui l'Eternit fu dichiarato fuorilegge, diversi artisti se ne servirono, e tra questi non figurano solo gli scultori ma si dà testimonianza anche di pittori che usarono supporti in asbesto. Nell'ultimo terzo del XX secolo venne impiegato con disinvoltura da parte degli artisti dell'Arte povera, che ricorsero al fibrocemento contenente amianto, ignari che le opere sarebbero state potenzialmente cancerogene se abrase o conservate in cattive condizioni. Sol LeWitt affermò che «i materiali sono le maggiori afflizioni dell'arte contemporanea», ma di certo non presagiva una loro nocività. Frutto della ricerca scientifica, l'Eternit era di facile lavorazione e a basso costo, caratteristiche che ne accrebbero l'utilizzo indiscriminato.
Oggi alcune di quelle opere sono state bonificate e recano nelle didascalie la rassicurante dicitura "fibrocemento inertizzato", ma bisogna ammettere che quelle non sono [più] le opere originali. Quando Victor Hugo dichiarò guerra ai restauratori non aveva forse tutti i torti: ancor più dell'arte antica, l'arte contemporanea sembra risentire di restauri, interventi conservativi, o (come nel caso dell'Eternit) di una bonifica dei materiali che rischia di falsarne l'autenticità. È su tali premesse che si basa il progetto de L'eterno compromesso; nelle bacheche del museo verranno infatti collocati libri, immagini e ritagli che documentano l'utilizzo del fibrocemento nelle opere d'arte, ipotizzando una mostra come dovrebbe essere, ma come non sarà e non potrà essere nella realtà.
Questa non è una mostra di opere, né vuole essere un'esposizione di soli documenti, ma più verosimilmente intende porsi come una riflessione critica sulle sperimentazioni polimateriche del secolo scorso. Gli appunti e le immagini inserite all'interno delle bacheche sono un compendio delle opere d'arte che a cavallo degli anni Sessanta e Settanta utilizzarono l'Eternit, un versatile materiale edile composto da cemento e fibre di amianto.
Brevettato nel 1901 dall'austriaco Ludwig Hatschek, l'Eternit trovò vastissimo impiego,soprattutto in edilizia (per Philip Johnson l'amianto ondulato non era altro che «il materiale più economico e più brutto del mondo»). L'Eternit venne ampiamente utilizzato per quasi un secolo, anche in oggetti di uso quotidiano, fino a quando fu comprovata la tossicità delle sue particelle fibrose; in anni recenti il problema sembra però volgere al suo giusto epilogo, grazie a un piano di bonifica e di smaltimento dell'amianto.
L'Eternit si rivelò un duro compromesso per i posteri. Il nome stesso - che deriva dal latinoaeternitas - lo reclamizzava come un materiale di lunga durata, ma ciò che si credeva potenzialmente "eterno" doveva fare i conti con il proprio destino (e disfacimento). L'iniziale euforia dell'Eternit, che vantava numerose applicazioni, investì anche le arti visive; dagli inizi del secolo scorso fino al 1992, anno in cui l'Eternit fu dichiarato fuorilegge, diversi artisti se ne servirono, e tra questi non figurano solo gli scultori ma si dà testimonianza anche di pittori che usarono supporti in asbesto. Nell'ultimo terzo del XX secolo venne impiegato con disinvoltura da parte degli artisti dell'Arte povera, che ricorsero al fibrocemento contenente amianto, ignari che le opere sarebbero state potenzialmente cancerogene se abrase o conservate in cattive condizioni. Sol LeWitt affermò che «i materiali sono le maggiori afflizioni dell'arte contemporanea», ma di certo non presagiva una loro nocività. Frutto della ricerca scientifica, l'Eternit era di facile lavorazione e a basso costo, caratteristiche che ne accrebbero l'utilizzo indiscriminato.
Oggi alcune di quelle opere sono state bonificate e recano nelle didascalie la rassicurante dicitura "fibrocemento inertizzato", ma bisogna ammettere che quelle non sono [più] le opere originali. Quando Victor Hugo dichiarò guerra ai restauratori non aveva forse tutti i torti: ancor più dell'arte antica, l'arte contemporanea sembra risentire di restauri, interventi conservativi, o (come nel caso dell'Eternit) di una bonifica dei materiali che rischia di falsarne l'autenticità. È su tali premesse che si basa il progetto de L'eterno compromesso; nelle bacheche del museo verranno infatti collocati libri, immagini e ritagli che documentano l'utilizzo del fibrocemento nelle opere d'arte, ipotizzando una mostra come dovrebbe essere, ma come non sarà e non potrà essere nella realtà.
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