Linda Carrara. Se il paesaggio è simbolico
Dal 26 Gennaio 2023 al 11 Marzo 2023
Milano
Luogo: Boccanera Gallery
Indirizzo: Via Giovanni Ventura 6
Curatori: Linda Carrara
Telefono per informazioni: +39 0461 984206
E-Mail info: info@boccaneragallery.com
Sito ufficiale: http://www.boccaneragallery.com
Boccanera Gallery è lieta di presentare Se il paesaggio è simbolico, mostra collettiva ideata dall’artista Linda Carrara, che da anni collabora con la stessa galleria. L’esposizione si terrà presso Boccanera Gallery Milano dal 26 gennaio al 11 marzo 2023.
Il progetto espositivo vuole proporre una visione corale in contrapposizione all’atto artistico individuale e di espressione personale: Linda Carrara quindi ha deciso di aprire il suo solo show al dialogo con altri artisti, da lei ritenuti affini alla sua ricerca poetica, nonché al suo modo di lavorare, di agire e di pensare.
La mostra Se il paesaggio è simbolico espone, accanto alle opere di Linda Carrara, i lavori di Giuseppe Adamo, Lorenzo di Lucido, Silvia Giordani,Vera Portatadino e Fabio Roncato.
Se il paesaggio è simbolico affronta i temi della materia, in termini universali e artistici, e della creazione, sia all’interno degli elementi naturali che delle azioni umane. La mostra si propone di indagare la trasformazione della materia in un processo quasi alchemico del fare artistico, sfruttando e collaborando con l’essenza stessa della Natura per dare vita ad altro, creando una soglia per l’aldilà e per ciò che è al di sotto della superficie del visibile.
Nella mostra Se il paesaggio è simbolico, la rappresentazione paesaggistica si trasforma, sedimenta e muta seguendo le leggi naturali dell’erosione e della casualità, plasmandosi secondo i principi della geologia e degli eventi naturali.
Linda Carrara (Bergamo, 1984) propone una profonda ricerca metalinguistica sulla tecnica pittorica, indagando la natura come fonte generatrice e d’ispirazione per le sue nature morte e la sua visione paesaggistica. Il suo lavoro più recente mira all’essenzialità della pittura nel quale l’abbandono della figurazione classica è ormai evidente, rimanendo però in quel limbo ancor da definire tra due realtà. Le sue opere sembrano modellare la materia pittorica più che dipingerla, per evocare delle visioni e delle esperienze quasi primordiali. Con il frottage, tecnica utilizzata dall’artista prevalentemente con olio su tela, Carrara crea un’allusione di luoghi, mondi e materie, senza fornirne una rappresentazione paesaggistica visiva ma rubando direttamente le forme al paesaggio, facendoci così perdere nella materia della natura e della pittura stessa.
Giuseppe Adamo (Alcamo – Trapani, 1982), rappresentato da RizzutoGallery, propone opere caratterizzate da un linguaggio pittorico libero da necessità narrative, muovendosi lungo il crinale tra figurazione e astrazione. Le sue opere sono superfici lisce e levigate, totalmente prive di spessore materico, da cui emergono forme tridimensionali ottenute tramite una pittura molto fluida, sovrapposizioni, trasparenze e variazioni tonali. L’opera sembra essere al contempo un’esplorazione al microscopio e una prospettiva a volo d’uccello, una registrazione di mappe geografiche: l’immagine ultra piatta si ribalta in una densità quasi rocciosa, la materia monocroma si aggrappa alla possibilità di un pattern chiuso, una forma incagliata nella trama pittorica tra l’archeologia della natura e un’allucinazione, proponendo degli inganni percettivi.
Lorenzo di Lucido (Penne – Pesaro, 1983) negli ultimi ultimi anni ha sviluppato un ciclo di lavori che ragiona sulle basi fondamentali del guardare le immagini, in cui gli elementi cardine sono la luce e la superficie. Le immagini pittoriche, nel momento in cui appaiono sulla superficie dipinta, hanno raggiunto un determinato grado di tensione: la pittura in questo modo può essere costituita anche solo da segni che si giustappongo l’uno sull’altro senza soluzione di continuità, fino a raggiungere un grado di tensione adatto a creare un qualità pittorica sufficiente per ottenere un’immagine dipinta. Le sue pitture a olio si compongono di stratificazioni che si dilatano nel tempo, utilizzando differenti tonalità di verdi per ottenere un colore che allo stesso tempo possa assorbire e respingere la luce. Sono opere pensate esclusivamente per le capacità dell’occhio umano nonché tattili, nelle quali si rifiuta la riproduzione fotografica, mettendola spesso in discussione.
Silvia Giordani (Vicenza, 1992) pone la sua attenzione sul concetto di paesaggio e sull’alterazione dello stesso per mezzo della pratica pittorica. Gli elementi che popolano i suoi dipinti sono frutto della rielaborazione di oggetti collezionati all’interno di un archivio virtuale. Rimescolate fino a definirne una nuova natura, le forme si vanno qui a collocare in luoghi aperti e sospesi, creati per mezzo di campiture piatte o gradienti, che annullano la specificità del luogo. La ricerca di Giordani si concentra sulla definizione stessa delle forme e sul loro rapporto di complementarietà con lo spazio.
Vera Portatadino (Varese, 1984) situa la sua pratica pittorica nel regno dell’anti-narrazione, nel quale i concetti di figurazione e astrazione risultano essere categorie inefficaci: le sue opere evocano invece di illustrare, suggeriscono al posto di spiegare, lasciando che la grammatica della pittura diventi essa stessa oggetto di studio. Animata da un approccio filosofico e da uno sguardo contemplativo, Portatadino lavora su tele e tavole di legno, costruendo trame e pattern sui quali si cristallizzano elementi specifici. Le sue opere sollevano interrogativi sul rapporto tra uomo, tempo e natura in una prospettiva ecologica e la sua ricerca teorica è caratterizzata dai concetti di bellezza, piacere, caducità e dall’ossessione per il marginale.
Fabio Roncato (Rimini, 1982) sviluppa una riflessione relativa ai confini della rappresentazione visiva, indagando forme, elementi, energie della natura e della contemporaneità. Il suo obiettivo è di condurre la pratica artistica all’interno delle criticità legate al rapporto fra la comprensione della realtà e i limiti imposti dalla percezione dei sensi. L’opera si modella dunque spontaneamente, in maniera ogni volta imprevedibile. All’interno della sua prassi artistica, l’immaginazione riveste un ruolo determinante.
Opening 26 gennaio ore 16-19
Il progetto espositivo vuole proporre una visione corale in contrapposizione all’atto artistico individuale e di espressione personale: Linda Carrara quindi ha deciso di aprire il suo solo show al dialogo con altri artisti, da lei ritenuti affini alla sua ricerca poetica, nonché al suo modo di lavorare, di agire e di pensare.
La mostra Se il paesaggio è simbolico espone, accanto alle opere di Linda Carrara, i lavori di Giuseppe Adamo, Lorenzo di Lucido, Silvia Giordani,Vera Portatadino e Fabio Roncato.
Se il paesaggio è simbolico affronta i temi della materia, in termini universali e artistici, e della creazione, sia all’interno degli elementi naturali che delle azioni umane. La mostra si propone di indagare la trasformazione della materia in un processo quasi alchemico del fare artistico, sfruttando e collaborando con l’essenza stessa della Natura per dare vita ad altro, creando una soglia per l’aldilà e per ciò che è al di sotto della superficie del visibile.
Nella mostra Se il paesaggio è simbolico, la rappresentazione paesaggistica si trasforma, sedimenta e muta seguendo le leggi naturali dell’erosione e della casualità, plasmandosi secondo i principi della geologia e degli eventi naturali.
Linda Carrara (Bergamo, 1984) propone una profonda ricerca metalinguistica sulla tecnica pittorica, indagando la natura come fonte generatrice e d’ispirazione per le sue nature morte e la sua visione paesaggistica. Il suo lavoro più recente mira all’essenzialità della pittura nel quale l’abbandono della figurazione classica è ormai evidente, rimanendo però in quel limbo ancor da definire tra due realtà. Le sue opere sembrano modellare la materia pittorica più che dipingerla, per evocare delle visioni e delle esperienze quasi primordiali. Con il frottage, tecnica utilizzata dall’artista prevalentemente con olio su tela, Carrara crea un’allusione di luoghi, mondi e materie, senza fornirne una rappresentazione paesaggistica visiva ma rubando direttamente le forme al paesaggio, facendoci così perdere nella materia della natura e della pittura stessa.
Giuseppe Adamo (Alcamo – Trapani, 1982), rappresentato da RizzutoGallery, propone opere caratterizzate da un linguaggio pittorico libero da necessità narrative, muovendosi lungo il crinale tra figurazione e astrazione. Le sue opere sono superfici lisce e levigate, totalmente prive di spessore materico, da cui emergono forme tridimensionali ottenute tramite una pittura molto fluida, sovrapposizioni, trasparenze e variazioni tonali. L’opera sembra essere al contempo un’esplorazione al microscopio e una prospettiva a volo d’uccello, una registrazione di mappe geografiche: l’immagine ultra piatta si ribalta in una densità quasi rocciosa, la materia monocroma si aggrappa alla possibilità di un pattern chiuso, una forma incagliata nella trama pittorica tra l’archeologia della natura e un’allucinazione, proponendo degli inganni percettivi.
Lorenzo di Lucido (Penne – Pesaro, 1983) negli ultimi ultimi anni ha sviluppato un ciclo di lavori che ragiona sulle basi fondamentali del guardare le immagini, in cui gli elementi cardine sono la luce e la superficie. Le immagini pittoriche, nel momento in cui appaiono sulla superficie dipinta, hanno raggiunto un determinato grado di tensione: la pittura in questo modo può essere costituita anche solo da segni che si giustappongo l’uno sull’altro senza soluzione di continuità, fino a raggiungere un grado di tensione adatto a creare un qualità pittorica sufficiente per ottenere un’immagine dipinta. Le sue pitture a olio si compongono di stratificazioni che si dilatano nel tempo, utilizzando differenti tonalità di verdi per ottenere un colore che allo stesso tempo possa assorbire e respingere la luce. Sono opere pensate esclusivamente per le capacità dell’occhio umano nonché tattili, nelle quali si rifiuta la riproduzione fotografica, mettendola spesso in discussione.
Silvia Giordani (Vicenza, 1992) pone la sua attenzione sul concetto di paesaggio e sull’alterazione dello stesso per mezzo della pratica pittorica. Gli elementi che popolano i suoi dipinti sono frutto della rielaborazione di oggetti collezionati all’interno di un archivio virtuale. Rimescolate fino a definirne una nuova natura, le forme si vanno qui a collocare in luoghi aperti e sospesi, creati per mezzo di campiture piatte o gradienti, che annullano la specificità del luogo. La ricerca di Giordani si concentra sulla definizione stessa delle forme e sul loro rapporto di complementarietà con lo spazio.
Vera Portatadino (Varese, 1984) situa la sua pratica pittorica nel regno dell’anti-narrazione, nel quale i concetti di figurazione e astrazione risultano essere categorie inefficaci: le sue opere evocano invece di illustrare, suggeriscono al posto di spiegare, lasciando che la grammatica della pittura diventi essa stessa oggetto di studio. Animata da un approccio filosofico e da uno sguardo contemplativo, Portatadino lavora su tele e tavole di legno, costruendo trame e pattern sui quali si cristallizzano elementi specifici. Le sue opere sollevano interrogativi sul rapporto tra uomo, tempo e natura in una prospettiva ecologica e la sua ricerca teorica è caratterizzata dai concetti di bellezza, piacere, caducità e dall’ossessione per il marginale.
Fabio Roncato (Rimini, 1982) sviluppa una riflessione relativa ai confini della rappresentazione visiva, indagando forme, elementi, energie della natura e della contemporaneità. Il suo obiettivo è di condurre la pratica artistica all’interno delle criticità legate al rapporto fra la comprensione della realtà e i limiti imposti dalla percezione dei sensi. L’opera si modella dunque spontaneamente, in maniera ogni volta imprevedibile. All’interno della sua prassi artistica, l’immaginazione riveste un ruolo determinante.
Opening 26 gennaio ore 16-19
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