Madre terra/ Secondo natura
Dal 16 Marzo 2013 al 13 Aprile 2013
Milano
Luogo: Spazio Tadini
Indirizzo: via Jommelli 24
Orari: da martedì a sabato 15.30-19
Curatori: Roberto Mutti
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 26829749
Giuseppe Cassibba. Madre terra
Giuseppe Cassibba è un documentarista del presente. Dalla Sicilia, sua terra natale (Comiso), ha avuto in dono un punto d’osservazione eccellente sui cambiamenti sociali, ambientali, geopolitici ed economici in atto. Con la stessa delicatezza del poeta nell’uso delle parole e delle metafore per raccontare la vita anche nei suoi aspetti più duri, Cassibba usa acqua e pennello per illustrare i cambiamenti che sta subendo il Pianeta.
L’artista lo testimonia a modo suo, ritraendo le etnie che osserva approdare su quest’isola di confine tra il Nord e il Sud del mondo. Non usa la macchina fotografica per ritrarre i nuovi volti degli immigranti, ma il tocco lieve di un pennello di martora che si avvicina ai volti segnati con rispetto e attenzione. I suoi lavori sono stati scelti anche dal movimento “Primo marzo, un giorno senza Immigrati” e utilizzati a manifesto nel 2010.
Destino, quello dei popoli o di questa gente, in cerca di una vita migliore, comune però anche ad altri esseri viventi che abitano questo sofferente Pianeta del Terzo Millennio.
Nei lavori di Cassibba troviamo così, oltre ai ritratti di persone, anche quello di alcuni animali in estinzione o costretti a migrare per i cambiamenti climatici o, ancora, a vivere come randagi nella loro stessa terra, come i molti cani abbandonati nelle campagne siciliane, a cui Cassibba ha dedicato una mostra. Una condizione comune anche ai tanti disoccupati di oggi costretti a vivere di stenti, senza prospettive future, ai margini del sistema.
E’ questo il ritratto che Giuseppe Cassibba ha voluto fare di Madre Terra. Una Terra che è diventata inospitale per molti e su cui dobbiamo riportare attenzione. Purtuttavia non matrigna, ma semmai vittima.
Secondo Natura
Quello del paesaggio naturale è un tema classico con cui la fotografia si è misurata fin dai primordi, quando pareva inevitabile seguire le tracce indicate dalla pittura. Tutto si è fatto decisamente più interessante quando i fotografi hanno preso consapevolezza dell’autonomia del loro mezzo e della conseguente necessità di seguire nuove e più personali strade interpretative. Da ciò sono nate tendenze contemporanee capaci di misurarsi con la realtà indagandola fin nelle sue più nascoste pieghe per un verso (soprattutto nella grande scuola americana di Ansel Adams e Edward Weston) riscoprendone la bellezza spettacolare e i rimandi alla filosofia naturalistica, dall’altro lasciando che sia lo sguardo ad andare oltre. I sei autori qui presentati – Renato Cerisola, Giovanni Guadagnoli, Mario La Fortezza, Luisa Pineri, Elena Santoro, Emma Vitti – sono certamente diversi per età, formazione, scelte stilistiche ma ciò che li accomuna è la volontà di confrontarsi con il paesaggio facendosi guidare da una disponibilità, un desiderio di ricerca, una riflessione critica cariche di suggestioni. Per questa ragione, più che osservare in modo distaccato le loro immagini, i visitatori farebbero meglio a lasciarsi guidare alla ricerca dell’inconsueto e dell’inaspettato in cui inevitabilmente si imbatteranno. Scopriranno così la leggerezza che può caratterizzare dei semplici rami che, emergendo dall’acqua, vi si specchiano con esiti poetici come anche le vibrazioni grazie alle quali scorci altrimenti banali ci appaiono attraversati da un forte dinamismo cromatico. In altri casi il paesaggio naturale viene trasfigurato ed ecco che piccole colature di colore e tracce di scritture non precisamente decifrabili attraversano lo spazio fotografico conferendogli un’aura di mistero. In altri casi rami e foglie vengono osservati nella loro essenzialità fino a trasformarsi in veri e propri haiku visivi dove ogni traccia di superfluo è stata cancellata a vantaggio di un esito grafico di assoluta pulizia formale. Così è anche per l’immagine di un semplice sasso, ripreso però con tale intensità da conferire alla sua presenza un valore quasi ipnotico che ci costringe a guardarlo come se avesse assunto un qualche significato simbolico. Può, infine, succedere che un intero e complesso mondo si possa ritrovare in un bellissimo viaggio che sembra compiuto in lontani paesi esotici ed è invece realizzato puntando l’obiettivo su una pozzanghera che così si rivela come parte di un cosmo che talvolta ci si para innanzi misterioso ed enigmatico.
Giuseppe Cassibba è un documentarista del presente. Dalla Sicilia, sua terra natale (Comiso), ha avuto in dono un punto d’osservazione eccellente sui cambiamenti sociali, ambientali, geopolitici ed economici in atto. Con la stessa delicatezza del poeta nell’uso delle parole e delle metafore per raccontare la vita anche nei suoi aspetti più duri, Cassibba usa acqua e pennello per illustrare i cambiamenti che sta subendo il Pianeta.
L’artista lo testimonia a modo suo, ritraendo le etnie che osserva approdare su quest’isola di confine tra il Nord e il Sud del mondo. Non usa la macchina fotografica per ritrarre i nuovi volti degli immigranti, ma il tocco lieve di un pennello di martora che si avvicina ai volti segnati con rispetto e attenzione. I suoi lavori sono stati scelti anche dal movimento “Primo marzo, un giorno senza Immigrati” e utilizzati a manifesto nel 2010.
Destino, quello dei popoli o di questa gente, in cerca di una vita migliore, comune però anche ad altri esseri viventi che abitano questo sofferente Pianeta del Terzo Millennio.
Nei lavori di Cassibba troviamo così, oltre ai ritratti di persone, anche quello di alcuni animali in estinzione o costretti a migrare per i cambiamenti climatici o, ancora, a vivere come randagi nella loro stessa terra, come i molti cani abbandonati nelle campagne siciliane, a cui Cassibba ha dedicato una mostra. Una condizione comune anche ai tanti disoccupati di oggi costretti a vivere di stenti, senza prospettive future, ai margini del sistema.
E’ questo il ritratto che Giuseppe Cassibba ha voluto fare di Madre Terra. Una Terra che è diventata inospitale per molti e su cui dobbiamo riportare attenzione. Purtuttavia non matrigna, ma semmai vittima.
Secondo Natura
Quello del paesaggio naturale è un tema classico con cui la fotografia si è misurata fin dai primordi, quando pareva inevitabile seguire le tracce indicate dalla pittura. Tutto si è fatto decisamente più interessante quando i fotografi hanno preso consapevolezza dell’autonomia del loro mezzo e della conseguente necessità di seguire nuove e più personali strade interpretative. Da ciò sono nate tendenze contemporanee capaci di misurarsi con la realtà indagandola fin nelle sue più nascoste pieghe per un verso (soprattutto nella grande scuola americana di Ansel Adams e Edward Weston) riscoprendone la bellezza spettacolare e i rimandi alla filosofia naturalistica, dall’altro lasciando che sia lo sguardo ad andare oltre. I sei autori qui presentati – Renato Cerisola, Giovanni Guadagnoli, Mario La Fortezza, Luisa Pineri, Elena Santoro, Emma Vitti – sono certamente diversi per età, formazione, scelte stilistiche ma ciò che li accomuna è la volontà di confrontarsi con il paesaggio facendosi guidare da una disponibilità, un desiderio di ricerca, una riflessione critica cariche di suggestioni. Per questa ragione, più che osservare in modo distaccato le loro immagini, i visitatori farebbero meglio a lasciarsi guidare alla ricerca dell’inconsueto e dell’inaspettato in cui inevitabilmente si imbatteranno. Scopriranno così la leggerezza che può caratterizzare dei semplici rami che, emergendo dall’acqua, vi si specchiano con esiti poetici come anche le vibrazioni grazie alle quali scorci altrimenti banali ci appaiono attraversati da un forte dinamismo cromatico. In altri casi il paesaggio naturale viene trasfigurato ed ecco che piccole colature di colore e tracce di scritture non precisamente decifrabili attraversano lo spazio fotografico conferendogli un’aura di mistero. In altri casi rami e foglie vengono osservati nella loro essenzialità fino a trasformarsi in veri e propri haiku visivi dove ogni traccia di superfluo è stata cancellata a vantaggio di un esito grafico di assoluta pulizia formale. Così è anche per l’immagine di un semplice sasso, ripreso però con tale intensità da conferire alla sua presenza un valore quasi ipnotico che ci costringe a guardarlo come se avesse assunto un qualche significato simbolico. Può, infine, succedere che un intero e complesso mondo si possa ritrovare in un bellissimo viaggio che sembra compiuto in lontani paesi esotici ed è invece realizzato puntando l’obiettivo su una pozzanghera che così si rivela come parte di un cosmo che talvolta ci si para innanzi misterioso ed enigmatico.
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