Matteo Ceschi. Signes/Segni
![Matteo Ceschi. Signes/Segni, Milano Matteo Ceschi. Signes/Segni, Milano](http://www.arte.it/foto/600x450/74/40273-Signes-Segni_Biccoca_2015_easy.jpg)
Matteo Ceschi. Signes/Segni, Milano
Dal 10 Novembre 2015 al 24 Gennaio 2015
Milano
Luogo: Università degli Studi di Milano Bicocca
Indirizzo: piazza dell’Ateneo Nuovo 1
Curatori: Tatajana Sekulić
E-Mail info: seminari.interdipartimentali2015@unimib.it
Reportage fotografico in b&w di Matteo Ceschi – realizzato il 3 marzo 2015 in Place de la République, Parigi – che accompagna le ultime due date di una serie di seminari interdipartimentali dell’Università degli Studi Milano Bicocca intitolata “Democrazia, libertà e violenza. Le contraddizioni della società plurale” (Aprile-Dicembre 2015).
La curatela e l’allestimento sono affidati alla professoressa Tatajana Sekulić.
Le stampe fine art dei dodici scatti – realizzate su carta Canson Baryta Photographique 310 g/m2 – sono opera di Gian Paolo Daldello. Tutto ruota intorno al monumento di Place de la République, abituale punto di partenza delle grandi manifestazioni e luogo di ritrovo anche per l’oceanica folla che l’11 gennaio scorso è scesa in piazza per ricordare le vittime dell’attentato alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo e quelle del supermercato kasher e gridare a gran voce la ferma volontà di difendere la libertà di espressione. Orbitando attorno al monumento, l’occhio cadeva una volta su un volantino malamente incollato alla superficie verticale; un’altra su una tag; un’altra ancora su un messaggio lasciato a testimonianza di un comune sentimento di indignazione e fermezza di intenti. Talvolta a finire al centro dell’obiettivo erano anche delle figure umane: un giovane intento a lasciare il suo contributo; una donna di origini africane con un elegante copricapo nero. In una sorta di trance il mio pellegrinaggio fotografico si è prolungato. Se da un lato a guidarmi c’era, e non sarebbe potuto essere altrimenti, l’occhio, dall’altra premeva l'idea che prima o poi le intemperie e/o la municipalità avrebbero inesorabilmente cancellato le numerose testimonianze, testimonianze grafiche, testimonianze, per la verità, già in via di deperimento al momento della mia visita. E da storico – non nascondo un passato di ricerca universitaria – non potevo sopportare questo eventuale oblio. La scelta del bianco e nero è stata spontanea. È la tecnica che preferisco e con cui sono cresciuto. Anche le foto scattate a colori in digitale, poche ma fondamentali per la session, sono tutte state percepite nella mia testa in questa precisa maniera: tutte, nessuna esclusa, fin dal momento dello scatto erano in bianco e nero. I contrasti forti, le linee grafiche e le inquadrature un po’ fumettistiche – da studente, sono stato un cartoonist attivo sulla scena milanese – escludevano qualsiasi sfumatura e con essa l’interpretazione. A parlare erano i segni lasciati dai protagonisti della manifestazione con le loro emozioni. Non serviva altro. Né un accenno di grigio in più, tanto meno una parola in più. Quello che c’era da vedere e leggere era già stato disegnato e scritto sulla pietra e sulla carta. Per il resto è bastato un semplice CLIC.
Matteo Ceschi nasce a Milano nel 1974. Dopo la laurea in Scienze Politiche, comincia a lavorare come giornalista musicale. Ha pubblicato diversi saggi e un paio di libri dedicati ai rapporti tra lo show business e la politica radical statunitense. Si avvicina alla fotografia con ritratti di artisti rock e con quelli dei buskers incontrati nei suoi viaggi. La sua prima personale, So Close/Così vicino, è stata organizzata presso la galleria AREA 35 a fine settembre 2014. In occasione di EXPOinCITTÀ ha presentato All the World’s a Stage, un progetto fotografico che ha unito la tradizione del teatro di William Shakespeare con la street photography.
La curatela e l’allestimento sono affidati alla professoressa Tatajana Sekulić.
Le stampe fine art dei dodici scatti – realizzate su carta Canson Baryta Photographique 310 g/m2 – sono opera di Gian Paolo Daldello. Tutto ruota intorno al monumento di Place de la République, abituale punto di partenza delle grandi manifestazioni e luogo di ritrovo anche per l’oceanica folla che l’11 gennaio scorso è scesa in piazza per ricordare le vittime dell’attentato alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo e quelle del supermercato kasher e gridare a gran voce la ferma volontà di difendere la libertà di espressione. Orbitando attorno al monumento, l’occhio cadeva una volta su un volantino malamente incollato alla superficie verticale; un’altra su una tag; un’altra ancora su un messaggio lasciato a testimonianza di un comune sentimento di indignazione e fermezza di intenti. Talvolta a finire al centro dell’obiettivo erano anche delle figure umane: un giovane intento a lasciare il suo contributo; una donna di origini africane con un elegante copricapo nero. In una sorta di trance il mio pellegrinaggio fotografico si è prolungato. Se da un lato a guidarmi c’era, e non sarebbe potuto essere altrimenti, l’occhio, dall’altra premeva l'idea che prima o poi le intemperie e/o la municipalità avrebbero inesorabilmente cancellato le numerose testimonianze, testimonianze grafiche, testimonianze, per la verità, già in via di deperimento al momento della mia visita. E da storico – non nascondo un passato di ricerca universitaria – non potevo sopportare questo eventuale oblio. La scelta del bianco e nero è stata spontanea. È la tecnica che preferisco e con cui sono cresciuto. Anche le foto scattate a colori in digitale, poche ma fondamentali per la session, sono tutte state percepite nella mia testa in questa precisa maniera: tutte, nessuna esclusa, fin dal momento dello scatto erano in bianco e nero. I contrasti forti, le linee grafiche e le inquadrature un po’ fumettistiche – da studente, sono stato un cartoonist attivo sulla scena milanese – escludevano qualsiasi sfumatura e con essa l’interpretazione. A parlare erano i segni lasciati dai protagonisti della manifestazione con le loro emozioni. Non serviva altro. Né un accenno di grigio in più, tanto meno una parola in più. Quello che c’era da vedere e leggere era già stato disegnato e scritto sulla pietra e sulla carta. Per il resto è bastato un semplice CLIC.
Matteo Ceschi nasce a Milano nel 1974. Dopo la laurea in Scienze Politiche, comincia a lavorare come giornalista musicale. Ha pubblicato diversi saggi e un paio di libri dedicati ai rapporti tra lo show business e la politica radical statunitense. Si avvicina alla fotografia con ritratti di artisti rock e con quelli dei buskers incontrati nei suoi viaggi. La sua prima personale, So Close/Così vicino, è stata organizzata presso la galleria AREA 35 a fine settembre 2014. In occasione di EXPOinCITTÀ ha presentato All the World’s a Stage, un progetto fotografico che ha unito la tradizione del teatro di William Shakespeare con la street photography.
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