Paolo Staccioli. Poetica inquietudine
Dal 13 Marzo 2014 al 05 Aprile 2014
Milano
Luogo: Galleria Artespressione
Indirizzo: via della Palla 3
Orari: da martedì a sabato 12-20
Curatori: Matteo Pacini
Telefono per informazioni: +39 329 9648086
E-Mail info: pnseegy@artespressione.com
Sito ufficiale: http://www.artespressione.com
Dal 13 marzo al 5 aprile 2014, presso la galleria Artespressione di Milano diretta da Paula Nora Seegy, prenderà il via la mostra “Poetica inquietudine”, personale dedicata dell’artista Paolo Staccioli, toscano di Scandicci classe 1943.
L’esposizione, curata da Matteo Pacini, propone dopo anni di assenza dalla scena milanese una quindicina di opere rappresentative di un grande maestro di fama internazionale, ampiamente apprezzato per la sua esperienza nelle tecniche di lavorazione della ceramica e da poco protagonista di un’importante antologica dal titolo “Le cortesie, le audaci imprese io canto”, curata da Anita Valentini presso la Loggia della Limonaia di Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
La mostra “Poetica inquietudine” conclude il dittico di questa piccola ma significativa rassegna espositiva dedicata alla ceramica, iniziata con la mostra “Initiation” dell’artista calabrese Stefania Pennacchio.
Due artisti per molti aspetti differenti, ma con un tratto in comune che li unisce indissolubilmente: l’attaccamento alla propria terra d’origine, La Calabria per Stefania Pennacchio, la Toscana per Paolo Staccioli. La “poetica Inquietudine” di Paolo Staccioli è la capacità di posare i protagonisti dei suoi racconti e dei suoi viaggi in una atmosfera che oscilla fra la Metafisica e il Surrealismo.
Impeccabili nei loro abiti, i personaggi che escono dalle mani di Paolo Staccioli sono viaggiatori di idee, trasportatori di culture e tradizioni. O più semplicemente “viaggiatori a riposo” per usare le stesse parole dell’artista.
Nelle borse o nelle grandi palle che portano con loro, a piedi oppure su cavallucci da giostre di paese, seduti su mappamondi dorati o su altalene che ricordano la luna, gli uomini e le donne di Staccioli non hanno movimento apparente. Non fanno rumore. Eppure guardandoli attentamente ci si accorge quasi subito che ognuno di loro ha tanto da raccontare, ognuno una vita piena di storie e di emozioni. Il movimento è assente in superficie, ma costante in profondità.
Ed è proprio nel profondo che l’artista svela la propria poetica. Ecco perché, come sottolinea Matteo Pacini nel testo in catalogo: “L’inquietudine di cui Paolo Staccioli infonde i suoi personaggi però non genera ansia e turbamento, non è così manifesta da balzare agli occhi dello spettatore che osserva. Si cela dietro la raffinatezza e l’eleganza delle forme longilinee e stilizzate, iridescenti e lucide. Emerge solo a uno sguardo attento e approfondito”.
Nato a Scandicci nel 1943, Paolo Staccioli inizia la sua esperienza di artista negli anni Settanta del Novecento, esordendo come pittore e facendosi presto notare in ambito locale. Al principio degli anni Novanta la necessità di sperimentare nuovi linguaggi espressivi lo spinge a Faenza, nella bottega di un ceramista locale, Umberto Santandrea, dove apprende le tecniche di quest’arte. È qui che Staccioli realizza i suoi primi vasi, dapprima con la tecnica della ceramica invetriata, poi sperimentando la cottura a “riduzione”, che gli consente di ottenere straordinari effetti d’iridescenza e lucentezza.
Ottenuta assoluta padronanza del mestiere, Staccioli allestisce nel suo studio di Scandicci, nei pressi di Firenze, un laboratorio, dove continua autonomamente e quotidianamente a misurarsi con l’uso del fuoco e degli ossidi di rame, dando vita a una miriade di vasi che riveste con fantastici racconti pittorici, fissati definitivamente dalla smaltatura a lustro. È con queste opere che ottiene i primi successi, facendosi notare in mostre personali e collettive, nonché in occasione di importanti manifestazioni culturali: le sue ceramiche, dal forte effetto metallizzato e dallo smalto scintillante si impongono presto, per eleganza e originalità, nel panorama artistico non più solamente fiorentino, ma nazionale.
I personaggi che in questa fase popolano la superficie delle sue ceramiche (giostre di cavalli giocattolo sospesi nell’aria e accompagnati da putti alati, suonatori di trombe, bambole e Pulcinella) presto si guadagnano la terza dimensione, divenendo sculture che tuttavia non perdono l’accento di accadimento fiabesco, estranee come sono ad ogni nozione di tempo e luogo: forme idealizzate memori della statuaria preromana, etrusca in particolare, sulle quali interviene la policromia della ceramica, a rendere un vigoroso effetto di masse in contrasto.
Guerrieri, viaggiatori, cardinali e cavalli si aggiungono ben presto alla folla già nutrita dei fantastici personaggi ed iniziano, dalla seconda metà degli anni Novanta, ad animare importanti collezioni pubbliche e private, italiane ed estere. Nei primi anni del Duemila, nella volontà di sperimentare nuovi materiali e, con questi, altre dimensioni espressive, Staccioli inizia a trasferire – senza comunque mai abbandonare l’amore per la lavorazione delle terre – le sue forme nel più duraturo bronzo, passando dalle ricerche con gli ossidi di rame a quelle con le patine metalliche. È in questa più recente fase che le sue figure acquistano una monumentalità prima ignota, che ancor più tende a fissare in una dimensione al di fuori del tempo i suoi cavalli e i suoi guerrieri.
Molti i riconoscimenti tributati all’artista, in particolare nell’ultimo decennio, da pubblico e critica, e molte le partecipazioni a premi ed esposizioni che hanno consentito a Paolo Staccioli di conquistare un posto di assoluto prestigio panorama artistico contemporaneo.
L’esposizione, curata da Matteo Pacini, propone dopo anni di assenza dalla scena milanese una quindicina di opere rappresentative di un grande maestro di fama internazionale, ampiamente apprezzato per la sua esperienza nelle tecniche di lavorazione della ceramica e da poco protagonista di un’importante antologica dal titolo “Le cortesie, le audaci imprese io canto”, curata da Anita Valentini presso la Loggia della Limonaia di Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
La mostra “Poetica inquietudine” conclude il dittico di questa piccola ma significativa rassegna espositiva dedicata alla ceramica, iniziata con la mostra “Initiation” dell’artista calabrese Stefania Pennacchio.
Due artisti per molti aspetti differenti, ma con un tratto in comune che li unisce indissolubilmente: l’attaccamento alla propria terra d’origine, La Calabria per Stefania Pennacchio, la Toscana per Paolo Staccioli. La “poetica Inquietudine” di Paolo Staccioli è la capacità di posare i protagonisti dei suoi racconti e dei suoi viaggi in una atmosfera che oscilla fra la Metafisica e il Surrealismo.
Impeccabili nei loro abiti, i personaggi che escono dalle mani di Paolo Staccioli sono viaggiatori di idee, trasportatori di culture e tradizioni. O più semplicemente “viaggiatori a riposo” per usare le stesse parole dell’artista.
Nelle borse o nelle grandi palle che portano con loro, a piedi oppure su cavallucci da giostre di paese, seduti su mappamondi dorati o su altalene che ricordano la luna, gli uomini e le donne di Staccioli non hanno movimento apparente. Non fanno rumore. Eppure guardandoli attentamente ci si accorge quasi subito che ognuno di loro ha tanto da raccontare, ognuno una vita piena di storie e di emozioni. Il movimento è assente in superficie, ma costante in profondità.
Ed è proprio nel profondo che l’artista svela la propria poetica. Ecco perché, come sottolinea Matteo Pacini nel testo in catalogo: “L’inquietudine di cui Paolo Staccioli infonde i suoi personaggi però non genera ansia e turbamento, non è così manifesta da balzare agli occhi dello spettatore che osserva. Si cela dietro la raffinatezza e l’eleganza delle forme longilinee e stilizzate, iridescenti e lucide. Emerge solo a uno sguardo attento e approfondito”.
Nato a Scandicci nel 1943, Paolo Staccioli inizia la sua esperienza di artista negli anni Settanta del Novecento, esordendo come pittore e facendosi presto notare in ambito locale. Al principio degli anni Novanta la necessità di sperimentare nuovi linguaggi espressivi lo spinge a Faenza, nella bottega di un ceramista locale, Umberto Santandrea, dove apprende le tecniche di quest’arte. È qui che Staccioli realizza i suoi primi vasi, dapprima con la tecnica della ceramica invetriata, poi sperimentando la cottura a “riduzione”, che gli consente di ottenere straordinari effetti d’iridescenza e lucentezza.
Ottenuta assoluta padronanza del mestiere, Staccioli allestisce nel suo studio di Scandicci, nei pressi di Firenze, un laboratorio, dove continua autonomamente e quotidianamente a misurarsi con l’uso del fuoco e degli ossidi di rame, dando vita a una miriade di vasi che riveste con fantastici racconti pittorici, fissati definitivamente dalla smaltatura a lustro. È con queste opere che ottiene i primi successi, facendosi notare in mostre personali e collettive, nonché in occasione di importanti manifestazioni culturali: le sue ceramiche, dal forte effetto metallizzato e dallo smalto scintillante si impongono presto, per eleganza e originalità, nel panorama artistico non più solamente fiorentino, ma nazionale.
I personaggi che in questa fase popolano la superficie delle sue ceramiche (giostre di cavalli giocattolo sospesi nell’aria e accompagnati da putti alati, suonatori di trombe, bambole e Pulcinella) presto si guadagnano la terza dimensione, divenendo sculture che tuttavia non perdono l’accento di accadimento fiabesco, estranee come sono ad ogni nozione di tempo e luogo: forme idealizzate memori della statuaria preromana, etrusca in particolare, sulle quali interviene la policromia della ceramica, a rendere un vigoroso effetto di masse in contrasto.
Guerrieri, viaggiatori, cardinali e cavalli si aggiungono ben presto alla folla già nutrita dei fantastici personaggi ed iniziano, dalla seconda metà degli anni Novanta, ad animare importanti collezioni pubbliche e private, italiane ed estere. Nei primi anni del Duemila, nella volontà di sperimentare nuovi materiali e, con questi, altre dimensioni espressive, Staccioli inizia a trasferire – senza comunque mai abbandonare l’amore per la lavorazione delle terre – le sue forme nel più duraturo bronzo, passando dalle ricerche con gli ossidi di rame a quelle con le patine metalliche. È in questa più recente fase che le sue figure acquistano una monumentalità prima ignota, che ancor più tende a fissare in una dimensione al di fuori del tempo i suoi cavalli e i suoi guerrieri.
Molti i riconoscimenti tributati all’artista, in particolare nell’ultimo decennio, da pubblico e critica, e molte le partecipazioni a premi ed esposizioni che hanno consentito a Paolo Staccioli di conquistare un posto di assoluto prestigio panorama artistico contemporaneo.
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