Servet Kocyigit. Truth Serum
Dal 27 Novembre 2014 al 07 Febbraio 2015
Milano
Luogo: Officine dell'Immagine
Indirizzo: via Atto Vannucci 1
Orari: da martedì a venerdì 15-19; sabato 11-19; lunedì e giorni festivi su appuntamento
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 91638758
E-Mail info: info@officinedellimmagine.it
Sito ufficiale: http://www.officinedellimmagine.it
Dal 27 novembre 2014 al 7 febbraio 2015, Officine dell’Immagine di Milano ospita la prima personale italiana di Servet Kocyigit (Kaman, 1971), uno degli autori più interessanti della scena contemporanea turca.
Curata da Silvia Cirelli, la mostra dal titolo Truth Serum esplora il percorso artistico di questo poliedrico interprete, raccogliendo una selezione di opere, tra fotografie, installazioni e video, mai esposte in Italia.
L’attuale ricerca espressiva di Servet Kocyigit cattura la mappatura intima di un paese, la Turchia, che da diversi decenni vive in costante bilico fra Occidente e Oriente, fra stato laico e islamico, nell’incessante disputa fra desiderio di modernizzazione e salvaguardia della tradizione.
Questa dialettica viene esplorata con grande originalità, traducendo le ambivalenze della propria nazione e soprattutto spostando l’attenzione verso una dimensione più collettiva, che evoca abilmente l’inaffidabilità della verità e la sua ingannevole alterazione.
Questi tratti stilistici sono sicuramente stati influenzati dalla sua esperienza personale; non bisogna dimenticare, infatti, che la sua generazione è cresciuta dopo il golpe del 1980, quando la censura sempre più rigida obbligava le persone a credere in una verità indiscussa e soprattutto imposta.
La precarietà della verità, come anche il suo confronto con il concetto di libertà, hanno un ruolo preponderante nella sua sintesi poetica. “È stato proprio attraverso l’arte - ha avuto modo di affermare lo stesso Kocyigit - che ho capito cosa fosse davvero la libertà”.
La mostra milanese si apre con la serie Truth del 2011, tre fotografie di grande formato in cui l’artista gioca sul tema del potere, della fama e sull’ingannevole transitorietà delle cose. Un gruppo di agguerriti giornalisti e cameramen sembrano spiare senza sosta un indefinito personaggio famoso, di cui non si vede e conosce nulla e del quale s’ignora persino l’esistenza. È l’ambiguità quasi feroce della smania di uno scandalo che diventa più importante della notizia stessa.
Si prosegue poi con Doc (2008), uno scatto realizzato sulle rive del Tigri, incentrato sul valore dell’acqua in alcune culture orientali e sulle sue connotazioni sociali e religiose, riprese qui con una connotazione sarcastica.
Oltre alle fotografie Night Shift del 2012 e Mountain Zebra del 2008, l’esposizione presenta Sometimes (2005), un’installazione interamente cucita a mano che riporta la frase “Qualche volta controllo il frigorifero dieci volte per vedere se è davvero chiuso”. L’opera è dettata da un ironico paradosso di fondo: se da un lato l’atto compulsivo di controllare il frigorifero viene paragonato al metodico ricamo delle lettere - realizzate in lunghi mesi di lavoro -, dall’altro la banalità del messaggio vuole quasi sminuire il valore stesso dell’opera riducendola a semplice decorazione.
Il percorso si chiude infine con gli inediti 99 years e Orbit (2014), un video e un’installazione presentati a Milano in esclusiva assoluta. In questo caso, Servet Kocyigit si sposta verso una riflessione di carattere mitologico, indagando sul mistero della creazione del mondo, sulla dimensione sospesa del tempo e soprattutto sull’interpretazione del dualismo uomo - donna e i rispettivi equilibri relazionali.
Servet Kocyigit è nato a Kaman (Turchia) nel 1971, attualmente vive e lavora fra Amsterdam e Istanbul. Si è laureato nel 1997 alla Gerrit Rietveld Academy di Amsterdam.
Al suo attivo ha numerose mostre sia in importanti musei stranieri, come il MuCEM Museum di Marsiglia (2013), il HOK Henie Onstad Kunstsenter di Oslo (2012), l’ARTER Space For Art di Istanbul (2010), il Palais Des Beaux Arts De Lille, Francia (2009), lo Smart Project Space di Amsterdam (2008), l’Haifa Museum of Art, Israele (2007), l’Israel Museum di Gerusalemme (2006), il MuHKA-Media di Anwerpen (2005), il De Appel Center for Contemporary Art di Amsterdam (2001), o il Wilheim Lehmbruck Museum di Duisburg, Germania (2000), che partecipazioni a Festival e Biennali, come Lianzhou Foto Festival in Cina (2012), la Biennale Cuvée di Linz (2008), la Biennale di Sao Paulo (2006) e quella di Istanbul (2005).
Curata da Silvia Cirelli, la mostra dal titolo Truth Serum esplora il percorso artistico di questo poliedrico interprete, raccogliendo una selezione di opere, tra fotografie, installazioni e video, mai esposte in Italia.
L’attuale ricerca espressiva di Servet Kocyigit cattura la mappatura intima di un paese, la Turchia, che da diversi decenni vive in costante bilico fra Occidente e Oriente, fra stato laico e islamico, nell’incessante disputa fra desiderio di modernizzazione e salvaguardia della tradizione.
Questa dialettica viene esplorata con grande originalità, traducendo le ambivalenze della propria nazione e soprattutto spostando l’attenzione verso una dimensione più collettiva, che evoca abilmente l’inaffidabilità della verità e la sua ingannevole alterazione.
Questi tratti stilistici sono sicuramente stati influenzati dalla sua esperienza personale; non bisogna dimenticare, infatti, che la sua generazione è cresciuta dopo il golpe del 1980, quando la censura sempre più rigida obbligava le persone a credere in una verità indiscussa e soprattutto imposta.
La precarietà della verità, come anche il suo confronto con il concetto di libertà, hanno un ruolo preponderante nella sua sintesi poetica. “È stato proprio attraverso l’arte - ha avuto modo di affermare lo stesso Kocyigit - che ho capito cosa fosse davvero la libertà”.
La mostra milanese si apre con la serie Truth del 2011, tre fotografie di grande formato in cui l’artista gioca sul tema del potere, della fama e sull’ingannevole transitorietà delle cose. Un gruppo di agguerriti giornalisti e cameramen sembrano spiare senza sosta un indefinito personaggio famoso, di cui non si vede e conosce nulla e del quale s’ignora persino l’esistenza. È l’ambiguità quasi feroce della smania di uno scandalo che diventa più importante della notizia stessa.
Si prosegue poi con Doc (2008), uno scatto realizzato sulle rive del Tigri, incentrato sul valore dell’acqua in alcune culture orientali e sulle sue connotazioni sociali e religiose, riprese qui con una connotazione sarcastica.
Oltre alle fotografie Night Shift del 2012 e Mountain Zebra del 2008, l’esposizione presenta Sometimes (2005), un’installazione interamente cucita a mano che riporta la frase “Qualche volta controllo il frigorifero dieci volte per vedere se è davvero chiuso”. L’opera è dettata da un ironico paradosso di fondo: se da un lato l’atto compulsivo di controllare il frigorifero viene paragonato al metodico ricamo delle lettere - realizzate in lunghi mesi di lavoro -, dall’altro la banalità del messaggio vuole quasi sminuire il valore stesso dell’opera riducendola a semplice decorazione.
Il percorso si chiude infine con gli inediti 99 years e Orbit (2014), un video e un’installazione presentati a Milano in esclusiva assoluta. In questo caso, Servet Kocyigit si sposta verso una riflessione di carattere mitologico, indagando sul mistero della creazione del mondo, sulla dimensione sospesa del tempo e soprattutto sull’interpretazione del dualismo uomo - donna e i rispettivi equilibri relazionali.
Servet Kocyigit è nato a Kaman (Turchia) nel 1971, attualmente vive e lavora fra Amsterdam e Istanbul. Si è laureato nel 1997 alla Gerrit Rietveld Academy di Amsterdam.
Al suo attivo ha numerose mostre sia in importanti musei stranieri, come il MuCEM Museum di Marsiglia (2013), il HOK Henie Onstad Kunstsenter di Oslo (2012), l’ARTER Space For Art di Istanbul (2010), il Palais Des Beaux Arts De Lille, Francia (2009), lo Smart Project Space di Amsterdam (2008), l’Haifa Museum of Art, Israele (2007), l’Israel Museum di Gerusalemme (2006), il MuHKA-Media di Anwerpen (2005), il De Appel Center for Contemporary Art di Amsterdam (2001), o il Wilheim Lehmbruck Museum di Duisburg, Germania (2000), che partecipazioni a Festival e Biennali, come Lianzhou Foto Festival in Cina (2012), la Biennale Cuvée di Linz (2008), la Biennale di Sao Paulo (2006) e quella di Istanbul (2005).
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