Steve McQueen. Sunshine State

© Steve McQueen | Steve McQueen, Sunshine State, 2022 (still). Courtesy the artist, Thomas Dane Gallery and Marian Goodman Gallery

 

Dal 30 Marzo 2022 al 31 Luglio 2022

Milano

Luogo: Pirelli HangarBicocca

Indirizzo: Via Chiese 2

Orari: Giovedì, venerdì, sabato e domenica 10.30-20.30

Curatori: Vicente Todolí

Costo del biglietto: Gratuito con prenotazione obbligatoria

Telefono per informazioni: +39 02 6611 1573

E-Mail info: info@hangarbicocca.org

Sito ufficiale: http://pirellihangarbicocca.org


Pirelli HangarBicocca presenta dal 31 marzo al 31 luglio 2022 la mostra “Sunshine State”, dedicata a Steve McQueen, artista e film-maker vincitore del Turner Prize e del premio Oscar.

Il progetto espositivo, che si sviluppa nello spazio delle Navate e su una delle pareti esterne, raccoglie alcuni dei lavori più importanti della carriera di McQueen e include la nuova installazione video, Sunshine State. Nella sua mente da più di vent’anni, l’opera è stata commissionata dall’International Film Festival Rotterdam (IFFR) 2022 e proposta in anteprima assoluta in Pirelli HangarBicocca.

Curata da Vicente Todolí, la mostra è organizzata in collaborazione con Tate Modern, Londra, dove nel 2020 è stata presentata una prima versione a cura di Clara Kim, The Daskalopoulous Senior Curator, International Art e Fiontan Moran, Assistant Curator, International Art.

Celebrato come uno dei più importanti artisti e film-maker contemporanei, Steve McQueen (Londra, 1969; vive e lavora tra Londra e Amsterdam)  ha influenzato in maniera decisiva il modo di utilizzare ed esporre il mezzo filmico, rivolgendo il suo sguardo radicale sulla condizione umana, i suoi drammi e la sua fragilità, e cogliendo in modo toccante e provocatorio questioni attuali come la costruzione dell’identità̀, il senso di appartenenza, il diritto alla libertà.

“Sunshine State” è un’esperienza immersiva nel linguaggio visivo dell’artista che da sempre persegue l’obiettivo di comprendere e penetrare il reale e il senso più profondo dell’esistenza. Le opere esposte – sei film e una scultura – tra le più rilevanti del percorso di McQueen, rappresentano modelli narrativi liberi e punti di vista inaspettati sulle più ampie e trasversali sfumature dei contesti sociali storici e contemporanei.

In oltre venticinque anni di carriera Steve McQueen ha realizzato alcune delle opere più significative nel campo delle arti visive, utilizzando il medium filmico come forma scultorea in movimento nello spazio e nel tempo. Nel 1999 ha vinto il prestigioso Turner Prize. Ha inoltre diretto quattro lungometraggi per il cinema: Widows – Eredità criminale (Widows) (2018), 12 anni schiavo (12 Years a Slave) (2013), per il quale ha vinto l’Oscar per il miglior film, Shame (2010), Hunger (2008), con cui ha vinto la Caméra d’Or al Festival di Cannes. Nel 2020 ha realizzato la sua prima mini-serie in cinque episodi Small Axe, e recentemente i documentari per la BBC Uprising (2021), Black PowerA British Story of Resistance (2021) e Subnormal: A British Scandal (2021). 
 
Nel lavoro dell’artista il linguaggio delle arti visive e del cinema si alimentano e influenzano a vicenda, intersecandosi tematicamente attorno a questioni attuali e urgenti, come quella razziale e post-coloniale. Proprio a partire dall’esperienza e dall’oppressione delle comunità nere e razzializzate, McQueen apre a una riflessione più ampia sull’essere umano e sull’identità. Nei film più sperimentali, l’artista imprime poeticamente il suo sguardo e la sua presenza sui soggetti rappresentati, mettendo in luce lo stretto legame tra corporalità e soggettività, tra realtà e la sua raffigurazione.
 
Steve McQueen espande il suo lavoro all’interno degli spazi espositivi, creando un’esperienza visiva e sonora che immerge il visitatore in una dimensione spazio-temporale inedita. Come afferma l’artista: “Non mi interessa influenzare lo spettatore, completamente l’opposto. Sono attirato da una verità... alle volte le cose più terribili avvengono nei luoghi più meravigliosi... Io non posso mettere un filtro alla vita. É questione di non sbattere le palpebre” (estratto da un’intervista con Kirsty Young, Desert Island Discs, BBC Radio 4, 2014). In questo modo McQueen riflette anche sull’aspetto materiale e fisico dell’immagine in movimento, interrogandosi su come il medium filmico possa plasmare l’ambiente circostante e lo sguardo dello spettatore, ed esserne a sua volta modificato.
 
La mostra
Curata da Vicente Todolí, “Sunshine State” è organizzata in collaborazione con Tate Modern, Londra, dove l’artista aveva presentato una prima versione, dal titolo “Steve McQueen”, dal 13 febbraio al 6 settembre 2020. Per Pirelli HangarBicocca, McQueen ha concepito un apposito progetto espositivo e una nuova selezione di opere che si sviluppa negli spazi delle Navate e del Cubo e sull’esterno dell’edificio. Attraverso un percorso non cronologico, la mostra intende ripercorrere la carriera di Steve McQueen nelle arti visive, mettendo in luce l’evoluzione della sua pratica degli ultimi vent’anni.
 
Il titolo della mostra prende spunto proprio dall’omonimo lavoro inedito dell’artista, Sunshine State (2022), commissionato e prodotto dall’International Film Festival Rotterdam (IFFR) 2022 e presentato in anteprima assoluta in Pirelli HangarBicocca. Questo video è una riflessione sugli esordi del cinema hollywoodiano e su come il grande schermo abbia influenzato profondamente la percezione e la costruzione dell’identità.
 
Il percorso espositivo si apre con Static (2009). Proiettate su un grande schermo, sospeso al centro della Piazza, si avvicendano in rapide sequenze riprese aeree della Statua della Libertà di New York. Le disorientanti immagini ravvicinate del monumento ne mettono in discussione la funzione simbolica e colgono il senso di instabilità e precarietà dell’idea di libertà individuale del mondo occidentale. Il film fa da contraltare al lavoro presentato nel Cubo e che chiude la mostra, Western Deep (2002). L’opera conduce lo spettatore nelle profondità della miniera d’oro di Tau Tona in Sudafrica, conosciuta durante l’apartheid come “Western Deep”, e offre un amaro spaccato delle dure condizioni lavorative dei minatori. Realizzate in pellicola Super-8, le riprese sgranate mostrano un’ambientazione claustrofobica e buia che si contrappone a una visione più aperta e allegorica del primo lavoro.
 
Western Deep nasce in concomitanza con un altro film dell’artista, Caribs’ Leap (2002). Il lavoro è suddiviso in due parti: una è trasmessa su uno schermo LED sulle pareti esterne delle Navate, l’altra è proiettata all’interno dello spazio espositivo. Il titolo fa riferimento al drammatico momento storico della conquista francese di Grenada, l’isola dei Caraibi da cui provengono i genitori di McQueen, nel 1651. Piuttosto che sottostare al governo coloniale, alcuni dei resistenti e ribelli locali preferirono gettarsi da una scogliera (Caribs’ leap), scegliendo la morte rispetto alla prigionia e alla schiavitù. Il film affronta il tema della razzializzazione e disumanizzazione del corpo nero e indigeno, colonizzato e schiavizzato.
 
In Charlotte (2004)Cold Breath (1999) Steve McQueen esplora il corpo nelle sue dimensioni più intime e materiali. Il primo dei due film, girati in pellicola, presenta un close-up dell’occhio dell’attrice Charlotte Rampling. Il dito dell’artista entra nelle riprese, toccando momentaneamente la palpebra e la pupilla della donna. McQueen invita lo spettatore a diventare testimone della scena, rappresentando gli aspetti più voyeuristici dell’atto di guardare la trasformazione di un corpo da soggetto a oggetto fisico e manipolabile. Similmente, Cold Breath mostra il film-maker che accarezza, tira e stringe il suo stesso capezzolo. Il movimento ossessivo delle dita rivela i confini labili tra desiderio e violenza, tra piacere e dolore.
 
In “Sunshine State” viene esposta anche la scultura Weight (2016), realizzata per una mostra presso la prigione di Reading in Inghilterra – dove era stato incarcerato Oscar Wilde –, in occasione del cinquantesimo anniversario della parziale decriminalizzazione dell’omosessualità nel Regno Unito. L’opera è composta da un letto da prigione circondato da una zanzariera dorata. McQueen riflette sulla storia politica di identità minoritarie e sulle idee contrapposte di reclusione e protezione. L’installazione funge da elemento materiale e tangibile che si lega a, e rivela, la dimensione fisica e scultorea che il medium filmico assume per McQueen.
 
La mostra sarà accompagnata da un catalogo, disegnato da Irma Boom, sulla produzione dell’artista negli ultimi vent’anni, che presenta una ricca documentazione fotografica e i contributi scritti di: Paul Gilroy, Cora Gilroy-Ware, Solveig Nelson, Hamza Walker e Angela Vettese.
 
Steve McQueen
Numerose sono le istituzioni di rilievo internazionale che hanno presentato le opere e i progetti monografici di Steve McQueen, tra cui Tate Modern, Londra (2020); Tate Britain, Londra (2019-2021); MoMA Museum of Modern Art, New York, Institute of Contemporary Art, Boston (2017); Whitney Museum of American Art, New York (2016); Schaulager, Basilea (2013); Art Institute of Chicago (2012); National Portrait Gallery, Londra (2010); Baltic Centre for Contemporary Art, Gateshead (2008); The Renaissance Society, Chicago (2007); Fondazione Prada, Milano (2005); ARC, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2003); Museu Serralves, Porto, Fundació Antoni Tàpies, Barcellona (2002); Institute of Contemporary Arts, Londra, Kunsthalle Zürich (1999); Museum Boijmans van Beuningen, Rotterdam (1998); Portikus, Francoforte (1997). McQueen ha partecipato a due edizioni consecutive di documenta a Kassel (2002 e 1997), e a quattro della Biennale di Venezia (2015, 2013, 2007 e 2003), dove ha anche rappresentato la Gran Bretagna nel 2009. 
 
Ha ricevuto svariati premi, tra i quali Johannes Vermeer Prize (2016), Harvard University, W.E.B. Du Bois Medal (2014), CBE (Commander of the Most Excellent Order of the British Empire) (2011), OBE (Officer of the Most Excellent Order of the British Empire) (2002) e il Turner Prize, Tate Gallery, Londra (1999). McQueen è stato inoltre premiato per Hunger con la Caméra d’Or al Festival di Cannes (2008) e con l’Oscar per il miglior film per 12 anni schiavo (12 Years a Slave) nel 2014. 

Il programma espositivo
“Sunshine State” è parte del programma artistico 2022-2023, concepito dal Direttore Artistico Vicente Todolí assieme al dipartimento curatoriale: Roberta Tenconi, Curatrice; Lucia Aspesi, Assistente Curatrice; Fiammetta Griccioli, Assistente Curatrice. 
 
Il programma prosegue, nello spazio delle Navate, con le mostre Bruce Nauman (dal 15 settembre 2022 al 26 febbraio 2023); Ann Veronica Janssens (dal 6 aprile al 30 luglio 2023); e James Lee Byars (da ottobre 2023 a marzo 2024). Nello spazio dello Shed: Anicka Yi (dal 24 febbraio al 24 luglio 2022); Dineo Seshee Bopape(dal 6 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023); Gian Maria Tosatti (dal 23 febbraio al 16 luglio 2023); e Thao Nguyen Phan (da settembre 2023 a febbraio 2024). 
 
Opening, 30 marzo 2022, dalle 17.00

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