Natural-mente
Dal 05 Giugno 2013 al 12 Giugno 2013
Napoli
Luogo: Orto Botanico
Indirizzo: via Foria 223
Orari: da lunedì a venerdì 9-14; domenica 9-13
Curatori: Rosario Pinto
Telefono per informazioni: +39 333 2229274
E-Mail info: press@containerart.it
Sito ufficiale: http://www.ortobotanico.unina.it
Natura è tutto ciò che ci circonda e l’essere umano è parte esso stesso della natura. Quando l’uomo, quindi, indaga sulla natura lo fa sapendo di esserne parte; lo fa, necessariamente, dall’interno di essa; e la natura, così come l’uomo è capace d’intenderla e di descriverla, diventa l’ambiente, il luogo cioè, che, per effetto già solo dell’attività conoscitiva che l’uomo gli rivolge, non meno che per le stesse azioni d’intervento che vi compie, subisce l’impatto della presenza umana che è troppo spesso devastante ed improvvidamente aggressiva.
Ma c’è un altro modo per descrivere la natura, muovendo sempre, evidentemente, dal suo interno: quello del contatto sinallagmatico che l’arte istituisce con essa, nel momento stesso in cui, andando al di là della stessa cifra epistemologica, fornisce della natura una prospettiva ermeneutica, rendendola, in tal modo, prodotto finale, cioè, di un processo culturale, all’interno del quale l’interazione uomo-natura dovrebbe potersi sviluppare come la fertile misura di una equilibrata mediazione. Gli uomini delle caverne, non meno che - ancora oggi - molte culture primitive, hanno in grandissima considerazione il rispetto per la realtà ambientale ed è solo l’uomo della civiltà tecnologica quello che agisce in spregio della natura e delle sue ineludibili istanze.
La mente dell’uomo non svolge, in tal modo, il suo doveroso compito di individuare la giusta misura del suo inserimento nel contesto in cui vive, giacché costituisce, piuttosto, nel profitto, l’obiettivo del proprio impegno, relegando soltanto sullo sfondo della sua azione il rispetto per la realtà ambientale di cui è parte.
In realtà, questo profondo regresso storico d’una coscienza ambientale può essere visto come conseguenziale effetto del processo di industrializzazione, giacché, fino a qualche secolo prima, la coscienza critica era riuscita a concepire, con grande lucidità, addirittura l’assimilazione della natura alla dimensione stessa della divinità, come ben sintetizza la concisa formula di Deus sive natura.
Alla natura, occorre, poi, ancora osservare, dalla più lontana radice dei tempi, è stata sempre legata la figura femminile: la ‘madre terra’, ad esempio, è il luogo innanzitutto concettuale, in cui si concentrano i convincimenti umani in ordine alla valutazione del contesto naturale ed a questo richiamo ancestrale è possibile riconoscere uno spessore di straordinario rilievo disvelativo, quando osserviamo, ad esempio, le immagini della Venere preistorica o - per venire più vicino alle nostre radici culturali le arcaiche rappresentazioni della Mater Matuta.
La nostra sensibilità contemporanea - cui pure è imputabile, come già abbiamo detto, un atteggiamento di profondo dispregio della natura e delle sue istanze - è, tuttavia, anche quella che ha saputo lasciar emergere, però, dopo lunghi secoli di segregazione e di oblio, il rilievo non più trascurabile dell’intervento della figura femminile nell’ambito della cultura artistica, e ciò rende possibile, ad esempio, l’osservazione di un impatto più ragionevole e maturo che la donna, come artista, sa avere, di fronte alle istanze proprie della natura nei suoi molteplici e variegatissimi aspetti, nel momento in cui - ad esempio, da artista, appunto - costruisce nelle sue opere un’immagine delle cose che (al di là del rilievo fenomenologico-stilistico che poco qui c’interessa) è rappresentazione d’un rapporto certamente più equilibrato nei confronti di tutto ciò che costituisce la realtà naturale.
Perché ciò può avvenire e come è possibile dare una spiegazione convincente e non apodittica di tale assunto?
Ci limitiamo ad osservare che la mente della donna non solo è il luogo in cui si consuma il processo di concettualizzazione del rapporto con la natura delle cose, ma è il luogo in cui prende corpo e matura l’esigenza stessa di una motivazione vitalistica dell’esistenza, dando alla pulsione riproduttiva non soltanto la finalità di soddisfazione d’una gratificazione sessuale, ma anche quella d’una vera e propria coscienza creativa attraverso la specialissima funzione generativa della maternità.
Quando la donna diventa madre è essa stessa, in quel momento, la ‘madre terra’ degli antichi, è l’entità venerabile in cui si sostanzia e si concentra la essenza stessa del rapporto dell’essere umano con il suo ambiente ed il momento della nascita d’un nuovo essere è il momento in cui la natura, non la specie umana, celebra il suo rinnovato trionfo, l’affermazione ineguagliabile d’un eterno ritorno che mai s’arresta.
Questa consapevolezza, primigenia ed ancestrale, è ciò che presiede anche l’attività artistica che è quella, tra le attività degli uomini, che più appare prossima alla generazione della vita e, non a caso, quella artistica è definita attività ‘creativa’. Se la donna, allora, da artista, si rivolge alla natura, non possiamo non riconoscere che essa si rivolge a pensare se stessa ed è certamente interessante osservare che tale pensamento avviene non seguendo un percorso meramente istintuale, ma rispondendo, piuttosto, ad una istanza concettuale.
Discende da ciò, conseguenzialmente, che, proprio attingendo il più alto livello possibile di mediazione ambientale significativamente consapevole che è quello artistico, l’attività creativa della donna-artista si pone come inarrivabile congiuntura culturale nel rapporto natura-mente.
Ma c’è un altro modo per descrivere la natura, muovendo sempre, evidentemente, dal suo interno: quello del contatto sinallagmatico che l’arte istituisce con essa, nel momento stesso in cui, andando al di là della stessa cifra epistemologica, fornisce della natura una prospettiva ermeneutica, rendendola, in tal modo, prodotto finale, cioè, di un processo culturale, all’interno del quale l’interazione uomo-natura dovrebbe potersi sviluppare come la fertile misura di una equilibrata mediazione. Gli uomini delle caverne, non meno che - ancora oggi - molte culture primitive, hanno in grandissima considerazione il rispetto per la realtà ambientale ed è solo l’uomo della civiltà tecnologica quello che agisce in spregio della natura e delle sue ineludibili istanze.
La mente dell’uomo non svolge, in tal modo, il suo doveroso compito di individuare la giusta misura del suo inserimento nel contesto in cui vive, giacché costituisce, piuttosto, nel profitto, l’obiettivo del proprio impegno, relegando soltanto sullo sfondo della sua azione il rispetto per la realtà ambientale di cui è parte.
In realtà, questo profondo regresso storico d’una coscienza ambientale può essere visto come conseguenziale effetto del processo di industrializzazione, giacché, fino a qualche secolo prima, la coscienza critica era riuscita a concepire, con grande lucidità, addirittura l’assimilazione della natura alla dimensione stessa della divinità, come ben sintetizza la concisa formula di Deus sive natura.
Alla natura, occorre, poi, ancora osservare, dalla più lontana radice dei tempi, è stata sempre legata la figura femminile: la ‘madre terra’, ad esempio, è il luogo innanzitutto concettuale, in cui si concentrano i convincimenti umani in ordine alla valutazione del contesto naturale ed a questo richiamo ancestrale è possibile riconoscere uno spessore di straordinario rilievo disvelativo, quando osserviamo, ad esempio, le immagini della Venere preistorica o - per venire più vicino alle nostre radici culturali le arcaiche rappresentazioni della Mater Matuta.
La nostra sensibilità contemporanea - cui pure è imputabile, come già abbiamo detto, un atteggiamento di profondo dispregio della natura e delle sue istanze - è, tuttavia, anche quella che ha saputo lasciar emergere, però, dopo lunghi secoli di segregazione e di oblio, il rilievo non più trascurabile dell’intervento della figura femminile nell’ambito della cultura artistica, e ciò rende possibile, ad esempio, l’osservazione di un impatto più ragionevole e maturo che la donna, come artista, sa avere, di fronte alle istanze proprie della natura nei suoi molteplici e variegatissimi aspetti, nel momento in cui - ad esempio, da artista, appunto - costruisce nelle sue opere un’immagine delle cose che (al di là del rilievo fenomenologico-stilistico che poco qui c’interessa) è rappresentazione d’un rapporto certamente più equilibrato nei confronti di tutto ciò che costituisce la realtà naturale.
Perché ciò può avvenire e come è possibile dare una spiegazione convincente e non apodittica di tale assunto?
Ci limitiamo ad osservare che la mente della donna non solo è il luogo in cui si consuma il processo di concettualizzazione del rapporto con la natura delle cose, ma è il luogo in cui prende corpo e matura l’esigenza stessa di una motivazione vitalistica dell’esistenza, dando alla pulsione riproduttiva non soltanto la finalità di soddisfazione d’una gratificazione sessuale, ma anche quella d’una vera e propria coscienza creativa attraverso la specialissima funzione generativa della maternità.
Quando la donna diventa madre è essa stessa, in quel momento, la ‘madre terra’ degli antichi, è l’entità venerabile in cui si sostanzia e si concentra la essenza stessa del rapporto dell’essere umano con il suo ambiente ed il momento della nascita d’un nuovo essere è il momento in cui la natura, non la specie umana, celebra il suo rinnovato trionfo, l’affermazione ineguagliabile d’un eterno ritorno che mai s’arresta.
Questa consapevolezza, primigenia ed ancestrale, è ciò che presiede anche l’attività artistica che è quella, tra le attività degli uomini, che più appare prossima alla generazione della vita e, non a caso, quella artistica è definita attività ‘creativa’. Se la donna, allora, da artista, si rivolge alla natura, non possiamo non riconoscere che essa si rivolge a pensare se stessa ed è certamente interessante osservare che tale pensamento avviene non seguendo un percorso meramente istintuale, ma rispondendo, piuttosto, ad una istanza concettuale.
Discende da ciò, conseguenzialmente, che, proprio attingendo il più alto livello possibile di mediazione ambientale significativamente consapevole che è quello artistico, l’attività creativa della donna-artista si pone come inarrivabile congiuntura culturale nel rapporto natura-mente.
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