Grandi madri grandi donne. Percorsi d'arte dalla Preistoria al Rinascimento

Grandi madri grandi donne. Percorsi d'arte dalla Preistoria al Rinascimento, Museo Casa Natale di Gabriele D'Annunzio, Pescara

 

Dal 08 Marzo 2014 al 30 Giugno 2014

Pescara

Luogo: Museo Casa Natale di Gabriele D'Annunzio

Indirizzo: corso Manthonè 116

Orari: 9-13,30

Enti promotori:

  • MiBACT
  • Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Abruzzo
  • Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici dell'Abruzzo
  • Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo

Costo del biglietto: intero € 2, ridotto € 1 da 18 a 25 anni

Telefono per informazioni: +39 085 60391

E-Mail info: sbsae-abr.pescara@beniculturali.it

Sito ufficiale: http://www.sbsae-aq.beniculturali.it/


Si è inaugurata sabato 8 marzo alle 17,30 a Pescara la mostra "Grandi madri grandi donne. Percorsi d'arte dalla Preistoria al Rinascimento" presso il Museo Casa Natale di Gabriele D'Annunzio. Una ulteriore, proficua collaborazione tra le due Soprintendenze dell’Abruzzo, quella per i Beni Archeologici e quella dei Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici, ha reso possibile rendere omaggio al ruolo della donna come madre, attraverso un suggestivo percorso tra antichi reperti archeologici e importanti opere d’arte del patrimonio abruzzese. Nel ventre della regione dormono immense testimonianze e periodicamente, grazie al lavoro di scavo o a ritrovamenti occasionali, riaffiorano, dopo secoli o millenni. Raccontano sempre nuove storie di uomini e soprattutto di donne, documentando l’alto livello di civiltà raggiunto dai popoli italici e le loro culture ben organizzate, in grado di raggiungere un'aspettativa di vita particolarmente elevata la quale sarà in parte ridimensionata al tempo della dominazione romana.Il percorso della mostra affronta il tema della figura femminile, nelle forme della “grande madre”, a partire dall’età preistorica quando la rappresentazione è affidata a immagini a volte di difficile interpretazione, ma con caratteri che rimandano agli elementi essenziali della donna e del suo ruolo di dispensatrice della vita; i tratti antropomorfi dell’eccezionale ciottolo dipinto in ocra rossa da Ortucchio (Aq), datato al Paleolitico superiore (13.000-11.000 anni fa), suggeriscono un richiamo alle “Veneri” preistoriche, sebbene rimangano aperte altre ipotesi.Ulteriore tappa del percorso è rappresentata dall’idoletto neolitico, proveniente dall’insediamento preistorico di San Callisto a Popoli (Pe): la figura, dai glutei fortemente accentuati, come in numerose altre rappresentazioni dell’epoca, indica una centralità dell’immagine femminile nello scenario religioso dell’epoca (VI-IV millennio a. C.), tanto da potervi riconoscere una Grande Madre o Dea Madre “simbolo archetipico della fertilità e del carattere elementare, soccorrevole, protettivo, nutriente”.Prerogative che riemergono anche in età classica nelle tre statue rinvenute nel 2003 a Luco dei Marsi (Aq), nel santuario dedicato alla dea Angizia.La divinità in terracotta (III-II sec. a.C.), seduta su un trono, nella sua armonica compiutezza; presenta una particolare cura nella resa di alcuni dettagli: le pieghe e la trasparenza delle vesti modellate nell’argilla e la sinuosità del morbido cuscino hanno un effetto di grande suggestione.Associata alla dea, nella quale è possibile riconoscere una divinità matronale legata ai cicli vitali, le due statue in marmo di Demetra/Cerere e Venere/Afrodite, di bottega rodia del II sec. a.C., rimandano al tema fertilità e dell’amore, qui tradotto nelle forme di pregevoli manufatti.La statuetta in terracotta della kourotrophos, rinvenuta nel santuario di Ocriticum (Cansano, Aq) e databile nell’ambito al IV sec. a.C., è invece una delle più antiche testimonianze in Abruzzo della rappresentazione della madre-nutrice, la donna che assicura con la propria esistenza la speranza della crescita, oltre il nostro tempo.Ancora nel Medioevo è la Madre Terra, felicemente irrigata dai percorsi fluviali, a rappresentare la principale sorgente di vita in questa regione impervia, di montagne, di valli e di orridi, dove è la donna il porto sicuro, il  punto fermo di una umanità  in perenne cammino con l'alternanza delle lunghe,  silenziose e operose tappe  di pellegrini, uomini d'arme, mercanti e pastori. Che la donna sia il fulcro di questo peregrinare lo dichiarano innanzitutto i culti, ma anche le tradizioni e i saperi che si svilupparono nell'ambito della cultura agro-pastorale, all'interno di una società matriarcale che contribuì con la forza dei fornelli e dei telai a preservare un rapporto sano ed equilibrato con la Natura, governato dal fluire armonioso delle stagioni. E' un'operosità diffusa, senza sprechi, che mira a far tesoro di tutte le risorse, raccolte e ottimizzate per superare gli inevitabili disagi provocati soprattutto dal rigido clima invernale, dalle catastrofi naturali, dalle pandemie periodiche.La consapevolezza dei valori sottintesi alle testimonianze archeologiche e storico-artistiche ha quindi ispirato il progetto di questa piccola mostra costituita da poche ma assai rilevanti opere d'arte, indicative di un lungo, interminabile percorso che va dalla Preistoria al Rinascimento senza soluzione di continuità.Nel manifesto sono state infatti accostate le due opere emblematiche esposte: la straordinaria terracotta ritrovata nel santuario della dea Angizia, nume tutelare del Fucino, e la Sant'Anna Metterza, concessa in prestito dall'arcidiocesi di Chieti-Vasto, madre di tutte le madri e non soltanto della Majella.La prima, oltre ad essere una testimonianza dell'arte fittile, che in Abruzzo si è sviluppata in epoche antiche fino al nuovo mirabile picco con la produzione statuaria d'età rinascimentale, è soprattutto  un tributo ad una 'presenza' del territorio marsicano densa di risvolti simbolici e magici ancora tutti da sviscerare, per dissipare non pochi luoghi comuni e azzardate interpretazioni. Di questa 'presenza' c'è un riflesso anche nell'immaginifico Gabriele d'Annunzio, che chiama Angizia la protagonista de La fiaccola sotto il moggio, ovvero la figlia di un serpaio di Luco la quale "portava il nome della montagna amara" e per amore e interesse uccide con il veleno la moglie del proprio padrone.Il grande poeta, nella cui casa natale è ospitata la mostra, ci consegna anche alcune poetiche descrizioni della  Magna Mater nelle Laudi, in Elettra, rivelando ancora una volta una lungimiranza nella sua grande capacità di comunicare l'essenza più intima della sua terra amatissima. All’ inaugurazione presso la Casa Natale di Gabriele d’Annunzio sono intervenute le curatrici della mostra Lucia Arbace,Soprintendente per i beni storici artistici e etnoantropologici dell'Abruzzo ed Emanuela Ceccaroni,Funzionario Archeologo della Soprintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo.

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