Dante e Faruffini: il fascino del Poeta su un pittore dell'Ottocento
Dal 18 Dicembre 2021 al 26 Febbraio 2022
Ravenna
Luogo: Biblioteca Classense
Indirizzo: Via Alfredo Baccarini 3
Orari: da martedì a sabato dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.30
E-Mail info: segreteriaclas@classense.ra.it
Sito ufficiale: http://www.classense.ra.it/faruffini
Sabato 18 dicembre alle 18.30 nella Manica lunga della biblioteca Classense apre la mostra Dante e Faruffini: il fascino del Poeta su un pittore dell'Ottocento. La mostra sarà visitabile fino al 26 febbraio 2022.
Si tratta di un omaggio al pittore lombardo Federico Faruffini (1833-1869), il cui percorso artistico ha più volte incrociato il Sommo Poeta, di cui fu attento ed appassionato lettore.
Il rapporto tra i due viene indagato nella mostra ravennate, patrocinata dalla Società Dantesca Italiana e dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante e curata da Benedetto Gugliotta, responsabile dell'Ufficio Tutela e valorizzazione della Biblioteca Classense, e da Anna Finocchi, storica dell'arte tra le principali conoscitrici dell'opera faruffiniana.
Pochi dipinti, incisioni e volumi d'epoca formano un itinerario raccolto e prezioso, allestito negli spazi della Manica Lunga. Tra le opere più importanti, il celebre "La porta di casa degli Alighieri. Reminiscenze a Firenze" (olio su tela, 1859, coll. priv.), recentemente esposto a Forlì, Musei di San Domenico, che si potrà ammirare per la prima volta accanto al delizioso bozzetto preparatorio e all'incisione che lo stesso artista ne trasse, quest'ultima concesso dai Musei Civici del Castello Visconteo di Pavia insieme ad un'altra opera.
Il percorso, idealmente partito da Firenze, dove il pittore si ispirò nel 1856 per "La porta di Casa degli Alighieri", termina con l'opera incisoria intrapresa da Faruffini per l'edizione Pagnoni della Commedia (1865) e soprattutto con l'albo di firme della tomba di Dante, ms. Classense n. 626 (1863-1897), che contiene un disegno dantesco, recentemente riscoperto dal curatore della mostra, tracciato da Faruffini il 27 ottobre 1863 in occasione di un suo finora sconosciuto viaggio in Romagna.
Si riannodano così i fili di un antico rapporto tra Ravenna, Dante e i viaggiatori che, lungo il dipanarsi dei secoli e ciascuno con la propria sensibilità, hanno reso omaggio al sepolcro del Poeta. Nel pantheon dei visitatori e delle visitatrici illustri dell'età moderna e contemporanea Faruffini si aggiunge a Vittorio Alfieri, Lord Byron, Pio IX, Vittorio Emanuele II e altri sovrani, d’Annunzio, Eleonora Duse, Nazario Sauro, e poi ancora De Gasperi, Einaudi, fino a Gino Bartali. La mostra è l'occasione per narrare con dipinti, bozzetti e libri dell'epoca un caso esemplare: il legame tra un grande artista dell'Ottocento e Dante, in questo caso visto anche come "padre della Patria".
«La presenza di Faruffini a Ravenna - afferma Fabio Sbaraglia, assessore alla Cultura -rappresenta un episodio che consolida il ruolo della città come vero e proprio santuario del culto dantesco tra Otto e Novecento. In occasione del Settecentenario della morte di Dante questa mostra arricchisce ulteriormente il vastissimo programma espositivo che la città ha dedicato al Poeta e fa da complemento alla grande mostra del MAR "Dante. Un'Epopea POP"».
«La biblioteca Classense, che da poco ha scoperto di possedere un inedito emozionante disegno di Faruffini – evidenzia Maurizio Tarantino, direttore dell’Istituzione biblioteca Classense - prosegue nella sua opera di valorizzazione del lascito dantesco, attenta custode del patrimonio ma anche capace di rinnovare l'attenzione nei confronti di questi beni».
Pittore, incisore e fotografo, la biografia di Federico Faruffini (Sesto San Giovanni 1833 – Perugia 1869), vicino alla Scapigliatura, morto suicida nel 1869, racconta la storia di un artista tormentato e rivoluzionario, capace di mietere successi a Parigi e Roma. Vincitore della medaglia d'oro al Salon de Paris del 1866 e del terzo premio all'Exposition Universelle dell'anno seguente, nel suo breve tragitto esistenziale lavorò all’insegna della continua sperimentazione. Passò dalla pittura storica all’incisione e alla fotografia, sempre con originalità e dedizione. Fu apprezzato da molti contemporanei ma anche osteggiato da parte della critica ufficiale, soprattutto di ambito milanese. Sono noti anche i suoi sentimenti patriottici e la vicinanza alla famiglia Cairoli.
«Sommo pittore» e immortale», «era un raggio di luce elettrica in una sala illuminata dall’olio» secondo Carlo Dossi, che ne fissò il ricordo nelle sue Note azzurre. Sue opere si trovano nelle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma, della Pinacoteca di Brera e della GAM di Milano, e ai Musei Civici di Pavia che hanno collaborato alla realizzazione della mostra. Recentemente la sua regione d'origine gli ha dedicato un'importante mostra presso la Villa Borromeo d’Adda ad Arcore: "Io guardo ancora il cielo. Federico Faruffini", curata da Simona Bartolena, mentre la rivista Art e Dossier, diretta da Philippe Daverio fino alla sua morte, gli dedica in dicembre un lungo articolo.
Si tratta di un omaggio al pittore lombardo Federico Faruffini (1833-1869), il cui percorso artistico ha più volte incrociato il Sommo Poeta, di cui fu attento ed appassionato lettore.
Il rapporto tra i due viene indagato nella mostra ravennate, patrocinata dalla Società Dantesca Italiana e dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante e curata da Benedetto Gugliotta, responsabile dell'Ufficio Tutela e valorizzazione della Biblioteca Classense, e da Anna Finocchi, storica dell'arte tra le principali conoscitrici dell'opera faruffiniana.
Pochi dipinti, incisioni e volumi d'epoca formano un itinerario raccolto e prezioso, allestito negli spazi della Manica Lunga. Tra le opere più importanti, il celebre "La porta di casa degli Alighieri. Reminiscenze a Firenze" (olio su tela, 1859, coll. priv.), recentemente esposto a Forlì, Musei di San Domenico, che si potrà ammirare per la prima volta accanto al delizioso bozzetto preparatorio e all'incisione che lo stesso artista ne trasse, quest'ultima concesso dai Musei Civici del Castello Visconteo di Pavia insieme ad un'altra opera.
Il percorso, idealmente partito da Firenze, dove il pittore si ispirò nel 1856 per "La porta di Casa degli Alighieri", termina con l'opera incisoria intrapresa da Faruffini per l'edizione Pagnoni della Commedia (1865) e soprattutto con l'albo di firme della tomba di Dante, ms. Classense n. 626 (1863-1897), che contiene un disegno dantesco, recentemente riscoperto dal curatore della mostra, tracciato da Faruffini il 27 ottobre 1863 in occasione di un suo finora sconosciuto viaggio in Romagna.
Si riannodano così i fili di un antico rapporto tra Ravenna, Dante e i viaggiatori che, lungo il dipanarsi dei secoli e ciascuno con la propria sensibilità, hanno reso omaggio al sepolcro del Poeta. Nel pantheon dei visitatori e delle visitatrici illustri dell'età moderna e contemporanea Faruffini si aggiunge a Vittorio Alfieri, Lord Byron, Pio IX, Vittorio Emanuele II e altri sovrani, d’Annunzio, Eleonora Duse, Nazario Sauro, e poi ancora De Gasperi, Einaudi, fino a Gino Bartali. La mostra è l'occasione per narrare con dipinti, bozzetti e libri dell'epoca un caso esemplare: il legame tra un grande artista dell'Ottocento e Dante, in questo caso visto anche come "padre della Patria".
«La presenza di Faruffini a Ravenna - afferma Fabio Sbaraglia, assessore alla Cultura -rappresenta un episodio che consolida il ruolo della città come vero e proprio santuario del culto dantesco tra Otto e Novecento. In occasione del Settecentenario della morte di Dante questa mostra arricchisce ulteriormente il vastissimo programma espositivo che la città ha dedicato al Poeta e fa da complemento alla grande mostra del MAR "Dante. Un'Epopea POP"».
«La biblioteca Classense, che da poco ha scoperto di possedere un inedito emozionante disegno di Faruffini – evidenzia Maurizio Tarantino, direttore dell’Istituzione biblioteca Classense - prosegue nella sua opera di valorizzazione del lascito dantesco, attenta custode del patrimonio ma anche capace di rinnovare l'attenzione nei confronti di questi beni».
Pittore, incisore e fotografo, la biografia di Federico Faruffini (Sesto San Giovanni 1833 – Perugia 1869), vicino alla Scapigliatura, morto suicida nel 1869, racconta la storia di un artista tormentato e rivoluzionario, capace di mietere successi a Parigi e Roma. Vincitore della medaglia d'oro al Salon de Paris del 1866 e del terzo premio all'Exposition Universelle dell'anno seguente, nel suo breve tragitto esistenziale lavorò all’insegna della continua sperimentazione. Passò dalla pittura storica all’incisione e alla fotografia, sempre con originalità e dedizione. Fu apprezzato da molti contemporanei ma anche osteggiato da parte della critica ufficiale, soprattutto di ambito milanese. Sono noti anche i suoi sentimenti patriottici e la vicinanza alla famiglia Cairoli.
«Sommo pittore» e immortale», «era un raggio di luce elettrica in una sala illuminata dall’olio» secondo Carlo Dossi, che ne fissò il ricordo nelle sue Note azzurre. Sue opere si trovano nelle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma, della Pinacoteca di Brera e della GAM di Milano, e ai Musei Civici di Pavia che hanno collaborato alla realizzazione della mostra. Recentemente la sua regione d'origine gli ha dedicato un'importante mostra presso la Villa Borromeo d’Adda ad Arcore: "Io guardo ancora il cielo. Federico Faruffini", curata da Simona Bartolena, mentre la rivista Art e Dossier, diretta da Philippe Daverio fino alla sua morte, gli dedica in dicembre un lungo articolo.
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