Afro, Manzù e Lamagna. Trame e Fusioni del Novecento
Dal 20 Febbraio 2014 al 21 Marzo 2014
Civitavecchia | Roma
Luogo: Ex Chiesa San Giovanni di Dio
Indirizzo: piazza Luigi Calamatta
Orari: da lunedì a venerdì 10-18
Curatori: Il Cigno GG Edizioni
Enti promotori:
- Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 6865493
E-Mail info: stampa.ilcigno@gmail.com
“Afro, Manzù e Lamagna. Trame e Fusioni del Novecento” è il titolo della mostra che, dal 21 febbraio al 21 marzo 2014, sarà ospitata nell’ex Chiesa San Giovanni di Dio a Civitavecchia. Una selezione di opere di tre protagonisti della scena artistica internazionale ridisegna le trame e le fusioni che, tra lirismo e realismo, hanno caratterizzato l’arte italiana del XX secolo. Realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia, la mostra sarà inaugurata giovedì 20 febbraio 2014, alle ore 18, dal Presidente della Fondazione, Vincenzo Cacciaglia, dal Commissario Straordinario del Comune di Civitavecchia, Ferdinando Santoriello, e dal Presidente de Il Cigno GG Edizioni, Lorenzo Zichichi. L’organizzazione generale e il catalogo sono curati da Il Cigno GG Edizioni.
Il percorso espositivo si apre con una serie di otto arazzi di Afro, esposti nel 2009 nella grande retrospettiva dedicata al maestro italiano nell’Ermitage di San Pietroburgo. Opere emblematiche della ricerca estetica di Afro che, dagli esordi figurativi degli anni Trenta giunge alla contrapposizione tra Realismo e Informale, attraverso l’esaltazione dei colori e il disfacimento delle forme, anticipo dell’astrazione. Una ricerca seguita da ampi riconoscimenti sia in Italia, dove Afro viene premiato nel 1956 come miglior pittore italiano alla Biennale di Venezia, sia all’estero, con l’invito a partecipare nel 1958, con Picasso, Mirò, Matta, Moore, Arp, Calder, Tamayo e Appel, alla decorazione del palazzo dell’UNESCO a Parigi dove esegue Il Giardino della Speranza.
Il lirismo astratto di Afro, sempre intento a cogliere «il ritmo interno di ciò che vive», come notava Giulio Carlo Argan, fa da contrappunto al realismo poetico delle sculture di Manzù. Ispirandosi alle cere di Medardo Rosso, Manzù si dedica ad una serie di ritratti femminili, marcandone gli effetti espressivi e luministici. Due delle sue tre opere in mostra sono interpretazioni della bellezza femminile, espressione formale di quanto l’artista intendeva dichiarando già nel 1980 che la sua «unica fiducia è la donna, rifugio per l’uomo, mito e incanto, riscoperta delle origini e speranza, possibilità di abbandono e tenerezza». Opere in bronzo, modellate tra aria e luce, che esistono in una sospensione spazio-temporale, improntate da un’illusoria leggerezza. Accanto alle sculture dedicate alla bellezza femminile, in mostra vi è una scultura che rappresenta un Cardinale, a testimonianza della profonda riflessione in ambito religioso di Manzù, che ha dato vita ad opere come la Porta della morte realizzata per la Basilica di San Pietro.
A conclusione dell’esposizione, il crudo realismo di Ernesto Lamagna. Il colore delle emozioni di Afro e le modulazioni stilistiche di Manzù sono echeggiati nel tratto vibrante e ricco di pathos che ritrae un’umanità contemporanea corrotta dai vizi, tesa fra le malattie e il susseguirsi delle stagioni della vita. Una lettura sofferta del destino umano, rappresentata in mostra da bozzetti preparatori e lavori in bronzo, che trova una sua perfetta sintesi nel Martello e nella Croce Processionale realizzati dall’artista per il Giubileo dell’Anno 2000, custoditi nel Tesoro dei Musei Vaticani.
Il percorso espositivo si apre con una serie di otto arazzi di Afro, esposti nel 2009 nella grande retrospettiva dedicata al maestro italiano nell’Ermitage di San Pietroburgo. Opere emblematiche della ricerca estetica di Afro che, dagli esordi figurativi degli anni Trenta giunge alla contrapposizione tra Realismo e Informale, attraverso l’esaltazione dei colori e il disfacimento delle forme, anticipo dell’astrazione. Una ricerca seguita da ampi riconoscimenti sia in Italia, dove Afro viene premiato nel 1956 come miglior pittore italiano alla Biennale di Venezia, sia all’estero, con l’invito a partecipare nel 1958, con Picasso, Mirò, Matta, Moore, Arp, Calder, Tamayo e Appel, alla decorazione del palazzo dell’UNESCO a Parigi dove esegue Il Giardino della Speranza.
Il lirismo astratto di Afro, sempre intento a cogliere «il ritmo interno di ciò che vive», come notava Giulio Carlo Argan, fa da contrappunto al realismo poetico delle sculture di Manzù. Ispirandosi alle cere di Medardo Rosso, Manzù si dedica ad una serie di ritratti femminili, marcandone gli effetti espressivi e luministici. Due delle sue tre opere in mostra sono interpretazioni della bellezza femminile, espressione formale di quanto l’artista intendeva dichiarando già nel 1980 che la sua «unica fiducia è la donna, rifugio per l’uomo, mito e incanto, riscoperta delle origini e speranza, possibilità di abbandono e tenerezza». Opere in bronzo, modellate tra aria e luce, che esistono in una sospensione spazio-temporale, improntate da un’illusoria leggerezza. Accanto alle sculture dedicate alla bellezza femminile, in mostra vi è una scultura che rappresenta un Cardinale, a testimonianza della profonda riflessione in ambito religioso di Manzù, che ha dato vita ad opere come la Porta della morte realizzata per la Basilica di San Pietro.
A conclusione dell’esposizione, il crudo realismo di Ernesto Lamagna. Il colore delle emozioni di Afro e le modulazioni stilistiche di Manzù sono echeggiati nel tratto vibrante e ricco di pathos che ritrae un’umanità contemporanea corrotta dai vizi, tesa fra le malattie e il susseguirsi delle stagioni della vita. Una lettura sofferta del destino umano, rappresentata in mostra da bozzetti preparatori e lavori in bronzo, che trova una sua perfetta sintesi nel Martello e nella Croce Processionale realizzati dall’artista per il Giubileo dell’Anno 2000, custoditi nel Tesoro dei Musei Vaticani.
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