Alessandro Biggio e Antonio Fiorentino. Appunti per un’archeologia del futuro
Dal 19 Novembre 2022 al 12 Gennaio 2023
Roma
Luogo: Museo di Roma a Palazzo Braschi
Indirizzo: Piazza San Pantaleo 10
Orari: dal martedì alla domenica, ore 10.00 - 19.00 | 24 e 31 dicembre 10.00 - 14.00 Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura Giorni di chiusura: lunedì, 1° gennaio, 1° maggio, 25 dicembre
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Sito ufficiale: http://www.museodiroma.it
Nell’ambito di QUOTIDIANA al Museo di Roma a Palazzo Braschi, il programma espositivo sull’arte italiana contemporanea promosso dalla Quadriennale di Roma e da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dal 19 novembre 2022 al 12 gennaio 2023 per la sezione PAESAGGIO apre al pubblico la mostra Appunti per un’archeologia del futuro di Alessandro Biggio (Cagliari, 1974) e Antonio Fiorentino (Barletta, 1987), mentre per la sezione PORTFOLIO, dal 19 novembre all’11 dicembre 2022, sarà esposta un’opera del giovane artista Giuseppe Di Liberto (Palermo, 1996).
QUOTIDIANA rientra nel Programma dei 95 anni della Quadriennale, per il quale la Quadriennale di Roma ha ricevuto un contributo da parte di Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali e della dimensione partecipativa delle nuove generazioni.
Nella sezione PAESAGGIO, Appunti per un’archeologia del futuro trae origine da una riflessione della curatrice Alessandra Troncone su una tendenza particolare della scultura italiana del XXI secolo: alcune opere assumono forme assimilabili a quelle di reperti archeologici i cui connotati, invece che riferirsi ad un passato noto, sembrano proiettare verso un possibile futuro incerto. Il sentimento che lega diversi artisti ad una idea di “fine del futuro”, consapevolmente o inconsapevolmente espressa nei loro progetti, è qualcosa di profondamente radicato nella società attuale e nel suo profondo sentimento di precarietà.
La ricerca artistica di Alessandro Biggio e Antonio Fiorentino considerata dal saggio critico della curatrice, si concentra sui processi di trasformazione della materia e dei significati culturali attraverso il tempo.
Alessandro Biggio presenta Cámua (2021), una scultura originata dal calco dell’interno di un tronco marcito, attorno al quale è intrecciato un cordino lavato in un impasto di acqua e cenere, qui utilizzato come materiale simbolico legato allo sgretolarsi del corpo. L’opera diviene un luogo in cui la conoscenza dei tempi e dei ritmi della natura si incrocia con quella delle tradizioni culturali, come la tecnica di intreccio della cordula, utilizzata per realizzare la scultura.
Nell’opera Hermetica Hesperimenta (2019) di Antonio Fiorentino, qui esposta, una scaffalatura da deposito archeologico espone una serie di opere non finite dell’artista, quasi fossero anch’esse dei reperti, mentre i cumuli di detriti sul pavimento rimandano ad oggetti ormai distrutti e di cui si è ormai persa la memoria.
Alessandro Biggio (1974), vive e lavora tra Cagliari e Calasetta. Nella sua pratica, fortemente radicata nei luoghi/geografie in cui lavora, riveste un ruolo fondamentale la sperimentazione con diversi materiali sia naturali che artificiali, in particolare la cenere, l’argilla, il poliuretano. Le sculture, i disegni e le installazioni, sono l’esito di lunghi processi nei quali forma e disfacimento coesistono in un delicato equilibrio.
Antonio Fiorentino (Barletta, 1987) vive e lavora a Milano. Ha ricevuto premi per artisti emergenti, tra cui il New York Prize XVI. Le istituzioni nazionali e internazionali dove ha esposto sono: TRIENNALE Milano (2022); IIC New York (2018); MUSAC, Leon, (2018); MUHNAC, Lisbona, (2017); HANGAR, Lisbona, (2017); ISCP, New York, (2017); Istituto Svizzero, Roma, (2017); La Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma, (2016); HIAP, Helsinki, (2016); Kunst Meran, Merano (2015); Centro di Arte Contemporanea Villa Arson, Nizza, (2014); American Academy, Roma, (2013); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, (2012).
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Nella sezione PORTFOLIO, Giuseppe Di Liberto presenta Cortei (2022), un’opera scultorea in argilla che si trasforma lungo la durata della mostra. Due gruppi scultorei rappresentano dei cortei funebri, ognuno con un diverso destino: il primo viene bagnato regolarmente dal gocciolare dell’acqua, mentre il secondo viene lasciato a seccarsi. L’abbondanza del nutrimento, come la sua assenza, porta al dissolvimento e alla scomparsa della forma, come una metafora della fragilità dell’esistenza incarnata dal materiale scultoreo utilizzato.
L’opera di Giuseppe Di Liberto si connota come un’indagine artistica di carattere antropologico e rituale che pone al centro del suo obiettivo i processi di culto ed esorcismo della morte. Il suo interesse relativo a questi temi universali è volto alla ricerca di un antidoto al senso di vuoto e ai processi di dispersione accelerati dalla società contemporanea. La cultura popolare - nelle sue declinazioni tragicomiche - è un bacino da cui l’artista attinge in modo trasversale, con riferimenti che si stratificano nelle diverse linee di ossessione che abitano la sua pratica, attraverso una pluralità di linguaggi e tecniche.
Giuseppe Di Liberto nasce nel 1996 a Palermo, dove si diploma nel 2019 in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti. Qui inizia a sperimentare il medium della scultura adottando un approccio sperimentale e multidisciplinare, adoperando anche altri medium per traslare la sua ricerca, che attualmente ruota attorno al tema della morte e del rito funebre in occidente. È attualmente iscritto al corso magistrale in Arti Visive allo IUAV di Venezia, dove nel 2020 co-fonda il collettivo FRICHE. Vive e lavora tra Venezia e Palermo.
QUOTIDIANA è il programma espositivo che, a partire da settembre 2022, coinvolge le due sale al piano terra del Museo di Roma, aperte al pubblico con un palinsesto di mostre, ideate e prodotte dalla Quadriennale, con l’obiettivo di approfondire alcuni orientamenti significativi dell’arte italiana del XXI secolo. Nell’atrio d’ingresso che connette le due sale è allestito uno spazio di lettura dove sono messi a disposizione del pubblico i testi critici sviluppati dai curatori delle due rassegne.
Il programma si divide in due cicli espositivi. In Paesaggio, ogni due mesi, sei curatori italiani e stranieri riflettono su traiettorie artistiche attraverso un testo critico e una mostra con poche opere essenziali. In Portfolio, undici artisti under 35 sono presentati in mostra una volta al mese con una sola opera. A raccontarne la ricerca è un portfolio sviluppato da Gaia Bobò, curatrice in residenza alla Quadriennale.
QUOTIDIANA rientra nel Programma dei 95 anni della Quadriennale, per il quale la Quadriennale di Roma ha ricevuto un contributo da parte di Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali e della dimensione partecipativa delle nuove generazioni.
Nella sezione PAESAGGIO, Appunti per un’archeologia del futuro trae origine da una riflessione della curatrice Alessandra Troncone su una tendenza particolare della scultura italiana del XXI secolo: alcune opere assumono forme assimilabili a quelle di reperti archeologici i cui connotati, invece che riferirsi ad un passato noto, sembrano proiettare verso un possibile futuro incerto. Il sentimento che lega diversi artisti ad una idea di “fine del futuro”, consapevolmente o inconsapevolmente espressa nei loro progetti, è qualcosa di profondamente radicato nella società attuale e nel suo profondo sentimento di precarietà.
La ricerca artistica di Alessandro Biggio e Antonio Fiorentino considerata dal saggio critico della curatrice, si concentra sui processi di trasformazione della materia e dei significati culturali attraverso il tempo.
Alessandro Biggio presenta Cámua (2021), una scultura originata dal calco dell’interno di un tronco marcito, attorno al quale è intrecciato un cordino lavato in un impasto di acqua e cenere, qui utilizzato come materiale simbolico legato allo sgretolarsi del corpo. L’opera diviene un luogo in cui la conoscenza dei tempi e dei ritmi della natura si incrocia con quella delle tradizioni culturali, come la tecnica di intreccio della cordula, utilizzata per realizzare la scultura.
Nell’opera Hermetica Hesperimenta (2019) di Antonio Fiorentino, qui esposta, una scaffalatura da deposito archeologico espone una serie di opere non finite dell’artista, quasi fossero anch’esse dei reperti, mentre i cumuli di detriti sul pavimento rimandano ad oggetti ormai distrutti e di cui si è ormai persa la memoria.
Alessandro Biggio (1974), vive e lavora tra Cagliari e Calasetta. Nella sua pratica, fortemente radicata nei luoghi/geografie in cui lavora, riveste un ruolo fondamentale la sperimentazione con diversi materiali sia naturali che artificiali, in particolare la cenere, l’argilla, il poliuretano. Le sculture, i disegni e le installazioni, sono l’esito di lunghi processi nei quali forma e disfacimento coesistono in un delicato equilibrio.
Antonio Fiorentino (Barletta, 1987) vive e lavora a Milano. Ha ricevuto premi per artisti emergenti, tra cui il New York Prize XVI. Le istituzioni nazionali e internazionali dove ha esposto sono: TRIENNALE Milano (2022); IIC New York (2018); MUSAC, Leon, (2018); MUHNAC, Lisbona, (2017); HANGAR, Lisbona, (2017); ISCP, New York, (2017); Istituto Svizzero, Roma, (2017); La Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma, (2016); HIAP, Helsinki, (2016); Kunst Meran, Merano (2015); Centro di Arte Contemporanea Villa Arson, Nizza, (2014); American Academy, Roma, (2013); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, (2012).
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Nella sezione PORTFOLIO, Giuseppe Di Liberto presenta Cortei (2022), un’opera scultorea in argilla che si trasforma lungo la durata della mostra. Due gruppi scultorei rappresentano dei cortei funebri, ognuno con un diverso destino: il primo viene bagnato regolarmente dal gocciolare dell’acqua, mentre il secondo viene lasciato a seccarsi. L’abbondanza del nutrimento, come la sua assenza, porta al dissolvimento e alla scomparsa della forma, come una metafora della fragilità dell’esistenza incarnata dal materiale scultoreo utilizzato.
L’opera di Giuseppe Di Liberto si connota come un’indagine artistica di carattere antropologico e rituale che pone al centro del suo obiettivo i processi di culto ed esorcismo della morte. Il suo interesse relativo a questi temi universali è volto alla ricerca di un antidoto al senso di vuoto e ai processi di dispersione accelerati dalla società contemporanea. La cultura popolare - nelle sue declinazioni tragicomiche - è un bacino da cui l’artista attinge in modo trasversale, con riferimenti che si stratificano nelle diverse linee di ossessione che abitano la sua pratica, attraverso una pluralità di linguaggi e tecniche.
Giuseppe Di Liberto nasce nel 1996 a Palermo, dove si diploma nel 2019 in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti. Qui inizia a sperimentare il medium della scultura adottando un approccio sperimentale e multidisciplinare, adoperando anche altri medium per traslare la sua ricerca, che attualmente ruota attorno al tema della morte e del rito funebre in occidente. È attualmente iscritto al corso magistrale in Arti Visive allo IUAV di Venezia, dove nel 2020 co-fonda il collettivo FRICHE. Vive e lavora tra Venezia e Palermo.
QUOTIDIANA è il programma espositivo che, a partire da settembre 2022, coinvolge le due sale al piano terra del Museo di Roma, aperte al pubblico con un palinsesto di mostre, ideate e prodotte dalla Quadriennale, con l’obiettivo di approfondire alcuni orientamenti significativi dell’arte italiana del XXI secolo. Nell’atrio d’ingresso che connette le due sale è allestito uno spazio di lettura dove sono messi a disposizione del pubblico i testi critici sviluppati dai curatori delle due rassegne.
Il programma si divide in due cicli espositivi. In Paesaggio, ogni due mesi, sei curatori italiani e stranieri riflettono su traiettorie artistiche attraverso un testo critico e una mostra con poche opere essenziali. In Portfolio, undici artisti under 35 sono presentati in mostra una volta al mese con una sola opera. A raccontarne la ricerca è un portfolio sviluppato da Gaia Bobò, curatrice in residenza alla Quadriennale.
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