Julia Breiderhoff. Evasioni

Julia Breiderhoff, Anna, 2023, olio su tela, 150x100 cm.

 

Dal 28 Marzo 2023 al 07 Maggio 2023

Roma

Luogo: Musei di San Salvatore in Lauro

Indirizzo: Piazza San Salvatore in Lauro 15

Orari: da martedì a sabato 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00; domenica e lunedì chiuso

Curatori: Marco Di Capua

Costo del biglietto: ingresso gratuito


“Evasioni” è il titolo della mostra di Julia Breiderhoff, a cura di Marco Di Capua, che si terrà dal 28 marzo al 7 maggio nella “Galleria Umberto Mastroianni” dei Musei di San Salvatore in Lauro a Roma. 
 
Il vernissage si terrà martedì 28 marzo alle ore 19.00
Interverrà, oltre all'artista e al curatore, Lorenzo Zichichi, presidente della casa editrice “Il Cigno GG Edizioni” che realizza anche il catalogo. 
 
Julia Breiderhoff nasce in Germania, a Solingen, il 3 marzo 1971. Figlia di un architetto, cresce in un ambiente familiare stimolante e votato alle arti; già in tenera età si fa strada in lei una profonda passione per il disegno, la pittura e la storia dell’arte. Nel 1992 decide di trasferirsi in Italia per studiare recitazione, ma si laurea in Fisica all’Università di Roma Tre e successivamente comincia a studiare ed esercitare trattamenti legati al benessere fisico e cognitivo della persona. La relazionalità è il denominatore comune che lega queste esperienze, che si presentano come indizio rispetto alla curiosità nutrita nei confronti del mondo e che contraddistinguerà poi la sua arte. Dal 2006 Julia si dedica alla pittura avendo maturato il desiderio di comunicare col mondo attraverso i colori e le sue visioni, spesso appunto “evasioni”. 

“Eccole qui, ritrovo adesso, davanti a me, le spiagge e le bagnanti –  scrive nel catalogo Marco Di Capua - , come fossero di estati lontane, flash riaffiorati da un bel Novecento europeo fatto di storie e album di famiglia e di letture e di quadri amati: lo so che questa è la pittura nell’attimo di affacciarsi sul mondo, e lo guarda, e lo ricorda con un misto di felicità e di languore, rendendolo tuttavia sempre fisicamente e mentalmente presente, molto più di qualsiasi fotografia, per dire, dove la vita, per quanto sia rappresentata con esattezza in ogni sua parte e dettaglio, appare ogni volta com’era, dunque già tramortita”.

Tra i quadri in mostra, tutti in olio su tela, ci sono una serie di opere dedicate al mare e ai bagnanti come “Zattera” (2023, cm 100x150), “In estate al mare” (2022, cm 250x100), “Le bagnanti” (2019, cm 150x100), “Sperlonga” (2020, cm 80x60), “Message in a bottle” (2023, cm 150x100), “La sirenetta” (2019, cm 70x90); ci sono poi una serie di ritratti di dive del cinema, personaggi di spicco del passato, come “Anna” (2023, cm 150x100), “Blondie”  (2023, cm 150x100”, “Fanny Ardant” (2023, cm 150x100), “I have a dream” (2023, cm 150x100), “L’angelo azzurro” (2023, cm 150x100), “La divina” (2023, cm 150x100), “Romy Schneider” (2023, cm 150x100), “Lady D.” (2023, cm 150x100), “Mata Hari” (2023, cm 150x100), “Sognando il glamour” (2023, cm 250x150), “Matrimonio e-steso”  (2022, cm 250x150), “Julia autoritratto” (2019, cm 70x50), “Renaissance - la rinascita” (2023, cm 250x150); una sezione di opere, presentate solo sul catalogo, sono dedicate alle “Straordinarie quotidianità” come “Everyday Everywhere Everybody”  (2020, cm 100x70), “Lock-out” (2020, cm 80x60), “Senza pensieri” (2020, cm 90x70), “Chi non beve in compagnia...”(2021, cm 107 x 77), e “Pupo” (2022,  cm 50x70”. 

“Il mare - racconta Julia Breiderhoff - rappresenta la gioia e la libertà, a cominciare dall’infanzia, evasione dalla routine quotidiana. La stanza con lo stendino, strumento banale e allo stesso tempo così personale, elevato a simbolo del peso casalingo da cui evadere. La ragazza che vuole evadere per diventare giovane donna e fuggire attraverso il sogno. Le dive che evadono dalla loro origine verso la divinità. Martin Luther King che sogna l’evasione dalla schiavitù perenne davanti ad una bandiera trasparente che fonde tutti i colori. La ragazza a casa, protetta da un muro che abbatte per evadere da tutte le cose ovvie. Nei miei quadri ho cercato di fermare nell’istante il bello dell’eterno evadere da ciò che ci condiziona per divenire noi stessi sempre di più”.
 
I quadri di Julia Breiderhoff – conclude Marco Di Capua -, ci forniscono il pretesto di riconsiderare la pittura anche come fonte di narrazioni, di racconti personali e collettivi. Scorrere accanto alla vita, appuntandola, come in un diario: è il modo in cui l’arte rende l’esistenza non dico spiegabile, ma almeno sopportabile. Altrimenti come interpretare un lavoro come Reinassance  così disseminato di indizi e simboli, quasi a comporre un rebus autobiografico, un enigma da percorrere con lo sguardo e, possibilmente, da risolvere, con la figura allo specchio, lo squarcio circolare nel Muro – lo scrivo in maiuscolo, ricordando che Julia è tedesca – il quadro nel quadro, un bellissimo leopardo e i tristi strumenti di un lavoro casalingo, quotidiano, in un mix di frustrazione e di aspirazione ad evadere da quella stanza. Stanza che pure – ha detto Virginia Woolf una volta per tutte – era finalmente tutta per sé. In questa prospettiva è chiaro che i ritratti delle Divine con le loro bandiere nazionali di riferimento, con quell’atteggiamento così fragile e inerme con cui si sporgono nuovamente verso di noi, esibendo in qualche modo il loro personalissimo racconto, il loro – non so dirlo meglio – destino, queste immagini, dicevo, non possiedono nulla di celebrativo: niente pop ed euforici derivati con data di consumazione scaduta, per esser chiari. Dunque, che film stiamo vedendo? Stretti, nel loro momentaneo, piccolo proscenio, tra l’apparire e il dissolversi – come mostrando perfino il tono di superficie di quei manifesti cinematografici che piano piano si stingevano e si sciupavano ai muri di una strada, una volta – credo che anche i celeberrimi personaggi ritratti da Julia ambiscano a una qualche liberazione dalla storia che li ha imprigionati. Queste figure raccontano, in un solo istante, se stesse. Julia sgualcisce poeticamente la loro capacità di seduzione e di glamour, e benché le presenti come simboli nazionali, qualcosa che lei mette in azione – forse lo stesso gesto del dipingere – riporta quelle immagini emblematiche a una condizione semplicemente umana. Con alcune, poi, ciò risulta inevitabile. Dico le mie preferite? Sono prevedibile: Romy, Anna...”.

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