La Shoah dell’Arte. Giorno della Memoria
Dal 27 Gennaio 2015 al 27 Gennaio 2015
Roma
Luogo: Varie sedi
Indirizzo: varie sedi
Enti promotori:
- ECAD - Ebraismo Culture Arti Drammatiche
- MiBACT
- Direzione Generale per le Biblioteche gli Istituti Culturali e il Diritto d'Autore
- Unione Comunità Ebraiche Italiane
- Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte
Telefono per informazioni: +39 366 7273674
E-Mail info: ecad@live.it
Sito ufficiale: http://www.ecad.name/
La Shoah dell’Arte si tiene in contemporanea il 27 gennaio 2015, Giorno della Memoria, in alcuni musei, gallerie e teatri d’Italia, vuoi nazionali, vuoi regionali, provinciali o comunali, vuoi infine privati. Si tratta di un progetto museologico e teatrale fondato su di una serie di mostre, conferenze e spettacoli a tema, correlate e interdipendenti.
Almeno per un giorno la Shoah diviene centro anche della vita artistica del Paese.
Il Progetto è dall’associazione ECAD impegnata da anni in attività di ricerca, sperimentazione, approfondimento e divulgazione della Memoria.
Un nodo stretto e quasi fisiologico tiene unite la Shoah delle persone e la Shoah della cultura.
“Chi brucia libri prima o poi brucia anche gli uomini” ammonisce Primo Levi, prendendo spunto dal pensiero del poeta tedesco Heinrich Heine.
Fermo restando che nulla ha maggiore importanza anche di una sola vita umana, sembra dunque giusto riflettere di nuovo sulle innumerevoli perdite causate dall’ideologia nazi-fascista alle città, al paesaggio e ai beni della storia e della cultura.
Il discorso vale ancor più a proposito dell’arte. “Ha fatto lei questo orrore?”: è la domanda che dinanzi a una riproduzione di Guernica un soldato tedesco rivolse nella Parigi occupata del 1940 a Pablo Picasso. “No: l’avete fatto voi”, lo fulminò Picasso, che d’altronde vedeva nella tela il manifesto della lotta contro l’invasore nazi-fascista e, in senso lato, ogni genere di brutalità. L’episodio coglie il punto.
In alcune circostanze a farne le spese furono le opere. Fin dal 1933, per esempio, i Nazisti applicarono l’aggettivo entartete – letteralmente: degenerato – a ogni forma d’arte ritenuta estranea ai loro parametri critici: ne risultarono la condanna e sovente la distruzione di migliaia di lavori connessi alle correnti più diverse, dall’Espressionismo al Dada, dal Surrealismo all’Astrattismo geometrico. In altre circostanze invece gli individui, vuoi perché giudicati un pericolo sociale o politico, vuoi perché ebrei. Parecchie centinaia furono dunque gli artisti soggetti a censura o a intimidazioni, discriminati, repressi, costretti all’espatrio, condannati, imprigionati, internati, sommersi o infine salvati; e le loro testimonianze attraverso l’arte sono ancora oggi da monito per l’umanità.
L’arte in tutte le sue forme: ecco dunque il centro del progetto.
L’arte osteggiata durante il Nazismo; l’arte dei testimoni della Shoah; infine, l’arte contemporanea che riflette sulla Shoah o che si ispira alla Shoah.
Vittorio Pavoncello
Almeno per un giorno la Shoah diviene centro anche della vita artistica del Paese.
Il Progetto è dall’associazione ECAD impegnata da anni in attività di ricerca, sperimentazione, approfondimento e divulgazione della Memoria.
Un nodo stretto e quasi fisiologico tiene unite la Shoah delle persone e la Shoah della cultura.
“Chi brucia libri prima o poi brucia anche gli uomini” ammonisce Primo Levi, prendendo spunto dal pensiero del poeta tedesco Heinrich Heine.
Fermo restando che nulla ha maggiore importanza anche di una sola vita umana, sembra dunque giusto riflettere di nuovo sulle innumerevoli perdite causate dall’ideologia nazi-fascista alle città, al paesaggio e ai beni della storia e della cultura.
Il discorso vale ancor più a proposito dell’arte. “Ha fatto lei questo orrore?”: è la domanda che dinanzi a una riproduzione di Guernica un soldato tedesco rivolse nella Parigi occupata del 1940 a Pablo Picasso. “No: l’avete fatto voi”, lo fulminò Picasso, che d’altronde vedeva nella tela il manifesto della lotta contro l’invasore nazi-fascista e, in senso lato, ogni genere di brutalità. L’episodio coglie il punto.
In alcune circostanze a farne le spese furono le opere. Fin dal 1933, per esempio, i Nazisti applicarono l’aggettivo entartete – letteralmente: degenerato – a ogni forma d’arte ritenuta estranea ai loro parametri critici: ne risultarono la condanna e sovente la distruzione di migliaia di lavori connessi alle correnti più diverse, dall’Espressionismo al Dada, dal Surrealismo all’Astrattismo geometrico. In altre circostanze invece gli individui, vuoi perché giudicati un pericolo sociale o politico, vuoi perché ebrei. Parecchie centinaia furono dunque gli artisti soggetti a censura o a intimidazioni, discriminati, repressi, costretti all’espatrio, condannati, imprigionati, internati, sommersi o infine salvati; e le loro testimonianze attraverso l’arte sono ancora oggi da monito per l’umanità.
L’arte in tutte le sue forme: ecco dunque il centro del progetto.
L’arte osteggiata durante il Nazismo; l’arte dei testimoni della Shoah; infine, l’arte contemporanea che riflette sulla Shoah o che si ispira alla Shoah.
Vittorio Pavoncello
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