La stanza di Mantegna. Capolavori dal Museo Jacquemart-André di Parigi
Dal 27 Settembre 2018 al 27 Gennaio 2019
Roma
Luogo: Palazzo Barberini
Indirizzo: via delle Quattro Fontane 13
Orari: da martedì a domenica 8.30-19. La biglietteria chiude alle 18
Curatori: Michele Di Monte
Costo del biglietto: Intero 12 €, Ridotto 6 €. Il biglietto è valido per 10 giorni in entrambe le sedi del Museo. Gratuito: minori di 18 anni, scolaresche e insegnanti accompagnatori dell’Unione Europea (previa prenotazione), studenti e docenti di Architettura, Lettere (indirizzo archeologico o storico-artistico), Conservazione dei Beni Culturali e Scienze della Formazione, Accademie di Belle Arti, dipendenti del MiBAC, membri ICOM, guide ed interpreti turistici in servizio, giornalisti, portatori di handicap
Telefono per informazioni: +39 06 4824184
E-Mail info: comunicazione@barberinicorsini.org
Sito ufficiale: http://https://www.barberinicorsini.org
Le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano dal 27 settembre 2018 al 27 gennaio 2019, nella sede di Palazzo Barberini a Roma, la mostra La stanza di Mantegna. Capolavori dal Museo Jacquemart-André di Parigi, a cura di Michele Di Monte.
La mostra, frutto di uno scambio con il Museo Jacquemart-André di Parigi, è incentrata su un ristretto numero di opere di notevole qualità e di grande importanza sia dal punto di vista della storia dell’arte che da quello della storia del collezionismo e del gusto, fra cui due capolavori di Andrea Mantegna.
L’artista soggiornò a Roma dal 1488 al 1490 invitato da papa Innocenzo VIII a decorare la cappella del nuovo edificio del Belvedere. Le pitture con le Storie di Giovanni Battista e dell’Infanzia di Cristo andarono perdute durante alcune ristrutturazioni settecentesche. In città non si conservano opere autografe di Mantegna perciò la mostra è un’occasione unica per ammirare alcune opere di questo straordinario Maestro.
Sei le opere in mostra, raccolte dal celebre collezionista Edouard André (Parigi 1833-1894) e da sua moglie Nélie Jacquemart (Parigi 1841-1912), che lasciarono in eredità la loro prestigiosa collezione allo Stato francese.
La selezione è incentrata sul capolavoro di Andrea Mantegna, Ecce Homo, chiara sintesi di inizio Cinquecento tra le esigenze della pittura devozionale e una costruzione scientifica delle forme anatomiche e dello spazio. Il quadro di Mantegna riveste un ulteriore, eccezionale interesse anche per il suo stato di conservazione, che documenta la tecnica esecutiva originale del pittore e gli effetti estetico-visivi da lui perseguiti.
Accanto all’Ecce Homo sarà esposta un’altra opera attribuita allo stesso Mantegna, la più giovanile Madonna con il Bambino tra i santi Gerolamo e Ludovico di Tolosa, che testimonia, con una cronologia più precoce (1455), l’interpretazione mantegnesca delle immagini di Maria, soggetto ampiamente trattato in area veneta dalla bottega di Giovanni Bellini, con cui Mantegna era in stretto contatto.
Questi sviluppi iconografici ed estetici possono cogliersi chiaramente nella piccola tavola, Madonna col Bambino, di Giovanni Battista Cima da Conegliano, che riprende e riformula quell’ormai autorevole e fortunato modello tipologico.
Il raro ritratto su pergamena di Giorgio Schiavone illustra invece l’interesse per il genere allo stesso tempo moderno e classicizzante del ritratto celebrativo, declinato in un profilo inciso di ispirazione antica e reso con un gusto prezioso della materia che l’artista aveva maturato nella bottega del mastro padovano Francesco Squarcione.
Il culto delle forme dell’arte antica è altrettanto evidente sia nel disegno di scuola mantegnesca, Ercole e Anteo, sia nel ricercato bronzetto di Andrea Briosco, detto il Riccio, anch’egli attivo in area padovana, che raffigura Mosè con l’eleganza della posa e il panneggio solenne di una piccola statua classica.
Tutti questi pezzi lasciano trasparire una fase della storia del collezionismo d’arte europeo della fine del XIX secolo, segnato dalla crescente passione per le opere del Rinascimento italiano e per i maestri delle scuole veneta e toscana, in un intreccio in cui si fondono interessi di ordine sociale ed economico, esigenze conoscitive, critiche e storiche e nuove aspirazioni intellettuali, che può trovare un eloquente parallelo nella raccolta di opere che la collezionista tedesca Enrichetta Hertz (Colonia 1846 – Roma 1913) donò alla Galleria Nazionale all’inizio del secolo scorso.
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