Il Racconto della Montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento
Dal 12 Giugno 2020 al 08 Dicembre 2020
Conegliano | Treviso
Luogo: Palazzo Sarcinelli
Indirizzo: Via XX Settembre
Orari: dal giovedì alla domenica 11-19
Curatori: Giandomenico Romanelli, Franca Lugato
Enti promotori:
- Comune di Conegliano
- Civita Tre Venezie
- Con il patrocinio della Regione del Veneto e della Fondazione Cortina 2021
Costo del biglietto: Biglietto intero € 11 Biglietto ridotto € 8,50 per studenti, adulti over 65 anni, convenzioni, gruppi con almeno 10 unità, residenti nel Comune di Conegliano nei giorni feriali Biglietto ridotto € 7,00 per gruppi da 10 a 25 Biglietto speciale € 7,00 per tutti i membri CAI Biglietto ridotto speciale € 6,00 per gruppi Astarte Biglietto scuole € 4,00 Gratuito minori di 18 anni, disabili, guide autorizzate, accompagnatori gruppi, giornalisti, membri ICOM. Diritto di prenotazione € 1,50
Telefono per informazioni: +39 0438 1932123
Sito ufficiale: http://www.mostramontagna.it
pavimenti di nuvole, cori di torrenti e pietre,
altari di neve e volte di porpora
attraversate da una seminagione di stelle"
John Ruskin
Venerdì 12 giugno apre al pubblico la mostra Il Racconto della Montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento al Palazzo Sarcinelli di Conegliano (TV). Alle ore 11 è prevista una visita guidata con i curatori riservata a stampa e istituzioni, necessariamente su prenotazione (ambrosano@civitatrevenezie.it)
L'esposizione, allestita al Palazzo Sarcinelli di Conegliano fino all'8 dicembre 2020, avrebbe dovuto essere visitabile dal 6 marzo al 5 luglio, ma, nell'attuale situazione di emergenza sanitaria, non ha potuto aprire i battenti finora. Si tratta, dunque, di un'assoluta novità nel panorama culturale veneto e italiano. Per festeggiare insieme l'apertura, venerdì 12 giugno l'ingresso sarà gratuito per tutti (orario 11 - 19) e alle 12.30 è prevista una visita guidata gratuita per il pubblico con i curatori, fino a esaurimento posti disponibili (senza bisogno di prenotazione). La scoperta (e la riscoperta) dei nostri luoghi ora più che mai è un invito a ripartire insieme dalla bellezza e dalla cura per il nostro patrimonio. L'incredibile rassegna Il Racconto della Montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento offre un percorso inedito tra le meravigliose Dolomiti, raccontando la fascinazione esplosa tra Ottocento e Novecento per la montagna, come mostrano le prime scalate di alpinisti ed alpiniste, gli interessi della pittura, della pubblicistica, della cartografia, la costituzione dei primi club alpini, nonché volumi e studi ancora oggi poco noti.
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• Il Racconto della Montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento
Un inno alla natura e alla libertà in mostra a Conegliano, Giandomenico Romanelli e Franca Lugato esplorano il tema della montagna a partitre dal'immaginario artistico di metà Ottocento.
Promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, con il patrocinio della Regione del Veneto e della Fondazione Cortina 2021, la collaborazione della sezione del CAI di Conegliano e della Società Alpina delle Giulie di Trieste, Il Racconto della Montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento è il terzo appuntamento del ciclo dedicato al paesaggio nella pittura veneta tra XIX e XX secolo a Palazzo Sarcinelli.
Curata da Giandomenico Romanelli e Franca Lugato, l’esposizione è volta ad approfondire il tema della montagna, che si presenta in forma significativa nella pittura italiana di veduta già a partire dalla metà dell’Ottocento, acquistando una sempre più decisa caratterizzazione tra la fine del secolo e i primi decenni del successivo, anche grazie alle esplorazioni scientifiche e alla conquista delle più alte cime.
Accanto alle opere di celebri autori italiani e stranieri che hanno frequentato principalmente le Dolomiti, da Ciardi a Compton, da Sartorelli a Pellis, da Wolf Ferrari a Chitarin provenienti da diverse collezioni private e pubbliche tra le quali l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia, la Casa Cavazzini-Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Udine, la Moderna Galleria di Zagabria, i visitatori potranno (ri)scoprire anche i paesaggi alpini di artisti meno noti. Oltre ai dipinti, la rassegna presenta una selezione di pubblicistica, cartografia, volumi, stampe, a testimonianza della fortuna e del crescente richiamo che il tema assume nella seconda metà dell’Ottocento. Oltre che importante meta turistica, in linea con una tendenza diffusa in altri paesi europei come la Francia e la Gran Bretagna, la montagna ha rappresentato, infatti, un segno identitario dell’Italia e del suo patrimonio culturale, parallelamente al compimento dell’unità nazionale.
In questo contesto le Dolomiti costituiscono un assoluto protagonista grazie alle loro possibilità formali e cromatiche. Il primo libro dedicato alla loro esplorazione, The Dolomite Mountains, pubblicato nel 1864, scritto e illustrato da due viaggiatori britannici, Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill, apre il percorso espositivo. Con questa pubblicazione le Dolomiti vengono inserite definitivamente in quel tour alpino, che il romanticismo ha contribuito a rendere di moda oltre Manica. Armati di block notes e colori, Josiah e George esplorano zone piuttosto sconosciute delle Alpi insieme alle loro mogli, che li aiutano nei rapporti con quei popoli indigeni incredibilmente introversi. Il loro amore per le Dolomiti fa sì che imparino a conoscere una per una le numerose valli alpine, che frequentano dal 1861 al 1863. Queste due coppie rappresentano “i primi turisti in assoluto” delle moderne Dolomiti.
Accanto a questo volume viene presentato anche Il Bel Paese dell’abate Antonio Stoppani. Geologo, paleontologo, naturalista e patriota, Stoppani dà alle stampe nel 1876 quello che diverrà presto un best seller (contava già 40 edizioni a vent’anni dalla sua prima pubblicazione), destinato a costituire la magna carta della geografia dello Stivale. Suddiviso in serate, cioè in narrazioni rivolte nella finzione letteraria ai suoi nipotini riuniti davanti al camino, Stoppani invita a prender coscienza del patrimonio naturalistico del Paese. Nel libro sono inoltre evidenziati il ruolo e la potenzialità del CAI, il Club Alpino Italiano fondato ufficialmente il 23 ottobre del 1863 da Quintino Sella, descritto come una sorta di sentinella ambientalista ante litteram.
Il percorso s’incentra anche sulla “riscoperta” della figura del trevigiano Giuseppe Mazzotti (1907-1981), critico d'arte, scrittore e saggista, nonché direttore dell'Ente Provinciale di Treviso per il Turismo, autore e curatore di numerosi lavori per la promozione del territorio. Nel suo fortunato La montagna presa in giro Mazzotti preannuncia il timore di un turismo sfrenato e non di qualità, osservando i nuovi costumi e le recenti liturgie attorno alla montagna e denunciando con ironia le “smanie” di villeggiatura che “inquinano” la bellezza: dalle attrezzature sportive ai segnali colorati per indicare i sentieri, dagli elegantoni alle femmes fatales, dai beoni alle automobili.
Un altro elemento di novità deriva dall’attenzione che la rassegna rivolge alle prime alpiniste donne, rappresentate dall’esperienza decisamente anticonvenzionale della trevigiana Irene Pigatti (1859-1937), tra le prime italiane alpiniste delle Dolomiti in un periodo in cui le scalatrici erano perlopiù straniere. Fonte di ispirazione ancora oggi, tanto che nel 2010 è stato emesso dalle Poste Italiane un francobollo in suo onore in collaborazione con il CAI, Irene conquista record eccezionali, anticipando la moderna concezione dell’alpinismo intesa come vera e propria pratica sportiva.
L’originale itinerario registra un particolare sentimento della montagna attraverso opere dedicate principalmente alle Dolomiti, realizzate con linguaggi e stili diversi. Dal realismo e naturalismo di Edward Theodore Compton (1849-1921), Guglielmo Ciardi (1842-1917), Giovanni Salviati (1881-1951) al simbolismo e intimismo di Francesco Sartorelli (1856- 1939), Traiano Chitarin (1864-1935), Teodoro Wolf Ferrari (1878-1945), Carlo Costantino Tagliabue (1880-1960), Millo Bortoluzzi (1905-1995), Marco Davanzo (1872-1955), Giovanni Napoleone Pellis (1888-1962), che sperimentano l’effetto luminoso e cangiante delle cime innevate tra il Veneto e il Friuli. Discorso a parte meriterebbe il triestino Ugo Flumiani (1876-1938). Accanto alle sue più note tele di vette e distese innevate è infatti presentata una serie dedicata all’interpretazione delle “viscere” della montagna con alcune inedite visioni del Carso, di cui coglie scenografiche grotte, fiumi sotterranei, stalattiti, profonde acque increspate. Un effetto di silenziosa sospensione trapela, invece, dai dipinti del bosnìaco-erzegòvino Gabriel Jurkić (1886-1974), che attribuisce nuovi valori simbolici e mistici al paesaggio alpino oltre il confine italiano. “Protagonista indiscusso nella sua generazione – scrive Giandomenico Romanelli nel saggio di catalogo – contribuisce alla nascita e allo sviluppo di quel modernismo croato che tante sorprese riserva, ancor oggi, per qualità e quantità di anime e di talenti purtroppo spesso poco noti o sconosciuti”.
La selezione di manifesti dei primi decenni del Novecento provenienti dalla Collezione Salce di Treviso arricchisce il racconto con la pubblicità degli sport invernali, in particolare grazie ai lavori dell’austro-italiano Franz Lenhart incentrati sulle Dolomiti e Cortina. Perfetti nel taglio modernista, nella tipizzazione dei personaggi, nella essenzialità decorativa dei paesaggi, nell’anti naturalismo e nella vivacissima gamma cromatica, ci raccontano una montagna giovane, felice e dinamica con uno stile che richiama la grande tradizione cartellonistica italiana e francese del primo Novecento e un accenno al sintetismo elegante tipico delle riviste americane.
L’ultima sezione offre al pubblico un’ulteriore curiosità con la storia eccezionale del triestino Napoleone Cozzi (1867-1916), uno dei primi interpreti dell'alpinismo senza guida nelle Dolomiti e precursore dell'arrampicata sportiva a Trieste. In mostra sono esposti tre suoi taccuini, conservati nell’Archivio della Società Alpina delle Giulie di Trieste e noti quasi esclusivamente agli addetti ai lavori. I quaderni riproducono con delicati acquerelli le alte vie percorse durante le esplorazioni compiute con la sua cosiddetta “squadra volante”, due delle quali nel 1898 alla volta delle Prealpi Giulie e una nel 1902 con la salita delle Prealpi Clautane, le attuale Dolomiti Friulane. I taccuini ci permettono di rivivere queste esperienze, grazie anche a spassose, spesso ironiche, didascalie che accompagnano le raffigurazioni. Nell’ultimo album del 1902 ritroviamo dediche di amici ed esperti alpinisti, tra le quali anche quella di un altro amante della montagna, Giuseppe Mazzotti: “Con la più viva ammirazione queste testimonianze della più pura passione per la montagna”, 16 novembre 1948.
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