Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar
Dal 01 Maggio 2015 al 30 Agosto 2015
Venezia
Luogo: Museo Correr
Indirizzo: piazza San Marco
Orari: 10-19
Curatori: Stephanie Barron
Enti promotori:
- LACMA – Los Angeles County Museum of Art
- Fondazione Musei Civici di Venezia
- 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE
Costo del biglietto: biglietto valido per Palazzo Ducale, Museo Correr, Museo Archeologico Nazionale, Sale Monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana: intero € 17, ridotto € 10, gratuito fino a 5 anni, scuole € 5.50
Telefono per informazioni: +39 041 2405211
E-Mail info: info@fmcvenezia.it
Sito ufficiale: http://correr.visitmuve.it
Accanto a figure di primo piano come Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann, i cui percorsi eterogenei sono essenziali per comprendere la modernità tedesca, l’esposizione consente di scoprire nomi meno noti al grande pubblico, tra cui Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann. L’allestimento riserva una particolare attenzione al confronto tra pittura e fotografia, offrendo la rara opportunità di esaminare le analogie e le differenze tra i diversi ambiti espressivi del movimento.
Nei quattordici anni della Repubblica di Weimar (1919-1933), gli artisti tedeschi si confrontano con le devastanti conseguenze della Prima Guerra Mondiale; con gli effetti sociali, culturali ed economici del rapido processo di modernizzazione e urbanizzazione che muta il volto della Germania; con la piaga della disoccupazione dilagante e la disperazione di vasti strati della società; con i mutamenti delle identità di genere e gli sviluppi della tecnologia e dell’industria. Negli anni che vanno dalla fine della guerra all’avvento del nazismo, la prima democrazia tedesca è un fertile laboratorio di esperienze culturali che vede il tramonto dell’espressionismo, le esuberanti attività antiartistiche dei dadaisti, la fondazione del Bauhaus e l’emergere di un nuovo realismo.
A sancire nel modo più efficace l’emergere di questo nuovo realismo – variamente definito postespressionismo, neonaturalismo, verismo o realismo magico – è la mostra che si tiene a Mannheim nel 1925 dal titolo Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività). I diversi artisti associati a questa nuova figurazione formano un gruppo eterogeneo e non sono uniti da un manifesto programmatico, una tendenza politica o un’unica provenienza geografica: ciò che li accomuna è lo scetticismo per la direzione intrapresa dalla società tedesca e la consapevolezza dell’isolamento umano che questi cambiamenti comportano.
La sconfitta nella Prima Guerra Mondiale comporta per la Germania costi altissimi sul piano finanziario, sociopolitico ed emotivo. E diversamente dai predecessori espressionisti – che avevano accolto con entusiasmo lo scoppio del conflitto prima di confrontarsi con la terribile realtà dei campi di battaglia – gli artisti della Nuova Oggettività guardano con disincanto alla complessa situazione della nuova Germania. Allontanandosi dalla soggettività esasperata e dalle distorsioni formali dell’espressionismo, questi artisti scelgono il realismo, la precisione, la sobrietà oggettività, e rivisitano tecniche e generi della grande tradizione pittorica, con un nostalgico ritorno al ritratto e una spiccata attenzione per la resa delle superfici.
Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933 è suddivisa in cinque sezioni tematiche: La vita nella democrazia e gli strascichi della guerra evidenzia la disparità tra la borghesia in ascesa e le categorie sociali più colpite dalle conseguenze del conflitto: reduci di guerra, disoccupati, prostitute, vittime della violenza e della corruzione politica; La città e la natura del paesaggio indaga il divario crescente tra uno scenario urbano sempre più industrializzato e un mondo rurale rievocato con nostalgia; Natura morta e beni di consumo si concentrasu un nuovo tipo di natura morta, in cui gli oggetti che accompagnano la vita quotidiana, spesso prodotti in serie, sono allestiti in composizioni che si presentano come “ritratti di oggetti”; L’uomo e la macchina esplora i diversi approcci adottati dagli artisti verso gli effetti trasformativi e al contempo disumanizzanti del rapido processo di industrializzazione; infine, Nuove identità: tipi umani e ritrattistica illustra una nuova tendenza della ritrattistica che trascende l’individualità del soggetto per enfatizzarne l’appartenenza a una categoria sociale.
Stephanie Barron, curatrice della mostra e capo curatrice della sezione di arte moderna al LACMA, spiega: “Un’attenta analisi di questo periodo permette di comprendere più a fondo un capitolo complesso della modernità artistica tedesca. Provenienti da retroterra diversi, questi artisti – alcuni dei quali sono tra i protagonisti più noti dell’arte del Novecento, mentre altri sono quasi sconosciuti al di fuori della Germania – hanno abolito l’emotività, l’enfasi espressiva e lo slancio estatico e per impegnarsi a registrare e smascherare la realtà immediata, osservandola con uno sguardo sobrio e impersonale. Nel complesso, gli artisti di questa tendenza hanno creato il ritratto collettivo di una società alle prese con una difficile transizione, in immagini che, oggi come allora, appaiono stupefacenti.”
“Indubbiamente la Nuova Oggettività, con i suoi diversi approcci al realismo – talvolta critici o satirici, talvolta freddi e imperturbabili o ammalianti e magici; talvolta dediti a una resa minuziosa della realtà o a uno scrutinio della realtà attraverso le distorsioni dell’obiettivo fotografico – hanno risposto alle difficoltà di un’epoca tumultuosa con soluzioni artistiche incisive”, spiega Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia. “In questo breve periodo gli artisti erano liberi di esprimere il loro anelito alla verità in immagini di grande suggestione.”
I temi e le sezioni della mostra
Nuova Oggettività. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933 è suddivisa in cinque sezioni tematiche che analizzano i diversi approcci adottati dagli esponenti di questo nuovo realismo per raccontare gli anni turbolenti della Repubblica di Weimar.
La prima sezione, La vita nella democrazia e gli strascichi della guerra, evidenzia la disparità tra le vittime della Repubblica di Weimar e la borghesia rampante che trae profitto dalle privazioni del periodo. Artisti come Max Beckmann, Otto Dix, George Grosz, August Sander e Heinrich Maria Davringhausen si concentrano sulla realtà urbana rappresentando gli emarginati del dopoguerra e gli ambienti in cui si muovono: disoccupati, reduci sfigurati, prostitute e vittime di violenze sono ritratti sullo sfondo di bordelli, angoli di strada e altri scenari pervasi da atmosfere sinistre. Il sognatore di Davringhausen (1919), per esempio, ritrae la scena di un omicidio puntando l’attenzione sulla figura dell’assassino, un uomo dall’aspetto elegante che sembra fisicamente e psicologicamente scollegato dalla vittima che ha massacrato. È stridente il contrasto tra la brutale violenza appena compiuta e la raffigurazione pacata e ordinata del “sognatore”.
In La città e la natura del paesaggio, gli artisti affrontano le tensioni causate dal processo di industrializzazione che dalle città si propaga alle aree rurali. Con la proliferazione delle fabbriche e la creazione di nuovi posti di lavoro, la Germania conosce una massiccia migrazione dalle campagne ai nuclei urbani. L’idea di città è associata al futuro, mentre sulla campagna si proietta la nostalgia del passato. Il complesso rapporto tra mondo urbano e rurale riflette le disparità esistenti nella Repubblica di Weimar. Accanto a opere di artisti come Leonhard Schmidt, Gustav Wunderwald, Georg Scholz e Anton Räderscheidt, questa sezione presenta fotografie di Arthur Köster che ritraggono il complesso residenziale del Georgsgarten progettato da Otto Haesler: immagini in cui gli spazi architettonici sono rappresentati con forti contrasti di luci e ombre e tagli sperimentali nelle inquadrature. In Complesso residenziale del Georgsgarten, architetto Otto Haesler, i soggetti umani, sovrastati dal rigore geometrico e congelati nell’immobilità che domina la composizione, suggeriscono un senso di inquietudine per la modernizzazione della nuova Germania; al contempo, le immagini che ritraggono gli spazi verdi del complesso di Georgsgarten presentano una natura distillata attraverso il filtro dell’industria.
Natura morta e beni di consumo propone un nuovo tipo di natura morta riunendo composizioni meticolosamente allestite che si potrebbero definire ritratti di oggetti. Concentrandosi sul variegato assortimento di oggetti che accompagnano la vita quotidiana, queste immagini presentano le cose come emblemi della modernità e della produzione di massa. Motivi ricorrenti di questa sezione sono i cactus e i ficus, piante “esotiche” assai diffuse nelle case dell’epoca. Tra gli artisti rappresentati nella sezione si trovano Aenne Biermann, Georg Scholz, Albert Renger-Patzsch e Hans Finsler.
L’uomo e la macchina documenta l’attenzione che molti artisti riservano ai progressi della tecnologia e dell’industria nell’era di Weimar. Se alcuni artisti si mostrano scettici verso la mancanza di umanità di un mondo dominato dalle macchine, altri riconoscono il potere trasformativo della tecnologia e cercano nuovi modi per interpretare il rapporto tra uomo e industria. La fotografia gioca un ruolo di primo piano in questa sezione, non solo in quanto forma d’arte di per sé ma anche in quanto fonte d’ispirazione per pittori come Carl Grossberg, che dipinge interni di fabbriche con precisione fotografica, come in Macchina di cartiera (1934). Altri artisti, per esempio Renger-Patzch, tentano di colmare il divario psicologico tra mondo naturale e mondo industriale evidenziando le analogie strutturali tra le macchine e la botanica.
Nuove identità: tipi umani e ritrattistica – la sezione conclusiva della mostra – esamina i diversi modi in cui artisti come Beckmann, Dix, Schad e altri affrontano il genere del ritratto. Pur nella diversità degli approcci adottati, le opere di questa sezione mostrano notevoli affinità, a cominciare dall’interesse per gli stereotipi sociali, la resa spassionata dei soggetti raffigurati e il frequente ricorso all’autoritratto. A dominare questa sezione sono le rappresentazioni di artisti, scrittori e attori, ma anche di emarginati e tipologie sociali specifiche del loro tempo, come il reduce di guerra e la “nuova donna”. Un esempio di questa nuova tendenza di realismo informale è l’Autoritratto di Christian Schad (1927), in cui l’artista si raffigura insieme alla sua amante ma con un’espressione guardinga e un linguaggio del corpo che suggeriscono un senso di isolamento. Un altro esponente di spicco di questa nuova forma di ritratto è August Sander, che fotografa i suoi numerosi soggetti in pose sobrie e inespressive classificandoli in base alla professione. Le serie infinite dei suoi ritratti – in cui i soggetti sono identificati solo di rado con il nome – formano un archivio permanente della società di Weimar.
La mostra è realizzata con i contributi della Art Mentor Foundation di Lucerna, della Robert Gore Rifkind Foundation, di Philippa Calnan e Suzanne Deal Booth. Un ulteriore contributo è fornito da Margo Leavine Wendy Stark.
Il catalogo è realizzato con i contributi della Ahmanson Foundation e di Lloyd e Margit Cotsen.
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