Dal 17 novembre al 14 marzo a Palazzo della Ragione
Magia Pop. Yayoi Kusama incanta Bergamo
Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights and water. Whitney Museum of American Art, New York. Purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gifts of Betsy Wittenborn Miller, 2003. 322 © Yayoi Kusama I Photo Jason Schmidt
Francesca Grego
17/11/2023
Bergamo - E’ con un fuoco d’artificio che Bergamo si incammina verso la chiusura dell’anno che l’ha vista insignita del titolo Capitale italiana della cultura, in tandem con Brescia.
Nell’ambito dell’iniziativa ArtDate, il Festival Europeo di Arte Contemporanea che si svolge in città fino al 26 Novembre, Palazzo della Ragione ospita un’icona dell’arte di oggi: la giapponese Yayoi Kusama, un nome molto popolare che da solo è in grado di suscitare nel grande pubblico il desiderio di vedere l’esposizione per non mancare l’occasione. E infatti ancor prima di aprire i battenti la mostra “Infinito presente” era data in sold out. Per questa ragione si è corso ai ripari prorogandola di due mesi ed estendendo l’orario di apertura giornaliero, incrementando così la disponibilità complessiva dei biglietti. Un successo in termini di comunicazione territoriale e visibilità.
Artefice dell’idea di portare a Bergamo un’artista donna che ha inteso l’arte come processo terapeutico individuale, dando così forma a una delle linee guida del progetto Capitale della cultura che riguardava “l’arte come cura”, è Stefano Raimondi, presidente dell’associazione The Blank Contemporary Art, da oltre 13 anni attiva in città sul fronte del contemporaneo.
Ma portare a Bergamo un’Infinity Mirror Room non era affatto un’idea scontata, né in termini di disponibilità dell’opera né in termini economici. Tanto per cominciare alle spalle non c’è una fondazione in grado di coprire i costi dell’iniziativa culturale e quindi si è fatto ricorso alla “colletta". E poi occorreva convincere un’istituzione internazionale di privarsi di un’opera di primo livello nella sua collezione e di cederla a una realtà non museale.
Raimondi è riuscito a trovare i capitali e a ottenere l’agognato prestito dal Whitney Museum of American Art di New York.
“Yayoi Kusama. Infinito Presente è una mostra straordinaria sotto molti punti di vista - spiega il curatore Stefano Raimondi - che ha richiesto un impegno e un approccio non comuni, diventando mese dopo mese un appuntamento attesissimo, capace di arrivare a milioni di persone”.
Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2 × 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Sheldan C. Collins
Il risultato, più che una mostra vera e propria sulla ricerca della Kusama, è un’esperienza godibile di persona, varcando, uno alla volta, la soglia dell’installazione Fireflies on the Water alla quale si accede attraverso un corridoio punteggiato da poesie, filmati, libri e documentazioni che raccontano la vita e l’arte della Kusama.
L’opera consiste in un ambiente buio, le cui pareti sono rivestite di specchi. Al centro di trova una pozza d’acqua che trasmette un senso di quiete in cui sporge una piattaforma panoramica simile a un molo e 150 piccole luci appese al soffitto che sembrano lucciole. Gli elementi creano un effetto abbagliante di luce diretta e riflessa, emanata dagli specchi e dalla superficie dell’acqua. Lo spazio appare infinito, senza cima né fondo, inizio né fine.
E in questo smarrimento quasi allucinatorio un po’ ci si perde e si entra in una dimensione diversa, abbandonando il senso di sé e arrendendosi a una sorta di magia meditativa.
Come le prime installazioni di Kusama, Fireflies on the Water evoca le allucinazioni che caratterizzano la vita dell’artista fin da quando era bambina, delle quali l'arte è da sempre espressione e cura. Ma contiene anche riferimenti al mito di Narciso e ai paesaggi del Giappone, dove Kusama è cresciuta ed è tornata a vivere dopo aver trovato fama e successo negli Stati Uniti. “Gli artisti normalmente non esprimono i loro complessi psicologici in modo diretto, ma io uso i miei complessi e le mie paure come soggetti” ha dichiarato un giorno Yayoi Kusama.
L’arte e la vita per la Kusama sono indissolubilmente legate: nata in Giappone, a Matsumoto, nel 1929, da una famiglia dell’alta società, da bambina inizia ad avere delle allucinazioni uditive e visive. L’arte si rivela fin da subito un elemento necessario e terapeutico, con la quale Yayoi riesce a gestire le allucinazioni. La famiglia non accetta la sua passione, tanto che la madre distrugge i disegni della giovane artista prima che lei riesca a terminarli. È proprio per questo motivo che una delle prime forme d’arte di Kusama sono stati i pois, elementi veloci da disegnare che ancora oggi caratterizzano la sua opera assolutamente unica.
Yayoi Kusama all'età di circa 10 anni, 1939 circa
L’arte diventa un canale per trovare stabilità, per combattere l’ansia e la paura di ogni giorno. Lascia il Giappone, paese troppo piccolo per le sue aspirazioni e per la sua arte. Kusama vuole esplorare spazi e sentimenti universali, la libertà espressiva deve essere senza confini. Ed è per questo che nel 1957, grazie anche all’incoraggiamento dell’artista americana Georgia O’Keeffe, Kusama si trasferisce negli Stati Uniti.
Nel 1958 espone a NY i suoi Infinity Net paintings, le tele nere ricopre da un’unica pennellata curva, carica di un singolo colore, ripetuta attraverso un gesto che è ossessivo e meditativo al tempo stesso. E poi nel 1965 realizza la prima Infinite Mirror Room. Da questo momento l’uso delle superfici specchianti offrono alla Kusama la possibilità di creare piani infiniti nelle sue installazioni.
Venezia, 1966 - XXXIII edizione della Biennale d'Arte di Venezia. Yayoi Kusama e Lucio Fontana durante la performance pirata Narcissus Garden ai Giardini della Biennale © Gianni Berengo Gardin I Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
Gli incontri sono tanti e importanti: Lucio Fondata ospita la Kusama per due mesi a Milano e finanzia personalmente la Narcissus Garden, un’opera che verrà presentata senza invito formale alla Biennale di Venezia.
La migliore definizione della Kusama la dà lei stessa: “Io, Kusama, sono la moderna Alice nel paese delle meraviglie. Come Alice che attraversava lo specchio, io, Kusama ho aperto un mondo di fantasia e libertà. Anche tu puoi unirti alla mia avventurosa danza della vita.” Entrare nell’Infinity Mirror Room significa in qualche modo entrare nel corpo e nell’anima dell’artista, cogliendone l’essenza nelle parti intangibili che ne definiscono l’infinito.
L’epilogo si conosce. Il mutato contesto sociale e politico, l’acutizzarsi della malattia e la morte del partner Joseph Cornell sono alcuni dei motivi che spingonoYayoi Kusama nel 1973 a tornare in Giappone e nel 1977 a entrare volontariamente e in modo permanente presso un ospedale psichiatrico a Tokyo dove tutt’oggi vive.
Yayoi Kusama, Portrait © Yayoi Kusama
Leggi anche:
• Yayoi Kusama e i maestri dell'Ottocento nell'autunno di Bergamo Capitale della Cultura
Nell’ambito dell’iniziativa ArtDate, il Festival Europeo di Arte Contemporanea che si svolge in città fino al 26 Novembre, Palazzo della Ragione ospita un’icona dell’arte di oggi: la giapponese Yayoi Kusama, un nome molto popolare che da solo è in grado di suscitare nel grande pubblico il desiderio di vedere l’esposizione per non mancare l’occasione. E infatti ancor prima di aprire i battenti la mostra “Infinito presente” era data in sold out. Per questa ragione si è corso ai ripari prorogandola di due mesi ed estendendo l’orario di apertura giornaliero, incrementando così la disponibilità complessiva dei biglietti. Un successo in termini di comunicazione territoriale e visibilità.
Artefice dell’idea di portare a Bergamo un’artista donna che ha inteso l’arte come processo terapeutico individuale, dando così forma a una delle linee guida del progetto Capitale della cultura che riguardava “l’arte come cura”, è Stefano Raimondi, presidente dell’associazione The Blank Contemporary Art, da oltre 13 anni attiva in città sul fronte del contemporaneo.
Ma portare a Bergamo un’Infinity Mirror Room non era affatto un’idea scontata, né in termini di disponibilità dell’opera né in termini economici. Tanto per cominciare alle spalle non c’è una fondazione in grado di coprire i costi dell’iniziativa culturale e quindi si è fatto ricorso alla “colletta". E poi occorreva convincere un’istituzione internazionale di privarsi di un’opera di primo livello nella sua collezione e di cederla a una realtà non museale.
Raimondi è riuscito a trovare i capitali e a ottenere l’agognato prestito dal Whitney Museum of American Art di New York.
“Yayoi Kusama. Infinito Presente è una mostra straordinaria sotto molti punti di vista - spiega il curatore Stefano Raimondi - che ha richiesto un impegno e un approccio non comuni, diventando mese dopo mese un appuntamento attesissimo, capace di arrivare a milioni di persone”.
Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2 × 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Sheldan C. Collins
Il risultato, più che una mostra vera e propria sulla ricerca della Kusama, è un’esperienza godibile di persona, varcando, uno alla volta, la soglia dell’installazione Fireflies on the Water alla quale si accede attraverso un corridoio punteggiato da poesie, filmati, libri e documentazioni che raccontano la vita e l’arte della Kusama.
L’opera consiste in un ambiente buio, le cui pareti sono rivestite di specchi. Al centro di trova una pozza d’acqua che trasmette un senso di quiete in cui sporge una piattaforma panoramica simile a un molo e 150 piccole luci appese al soffitto che sembrano lucciole. Gli elementi creano un effetto abbagliante di luce diretta e riflessa, emanata dagli specchi e dalla superficie dell’acqua. Lo spazio appare infinito, senza cima né fondo, inizio né fine.
E in questo smarrimento quasi allucinatorio un po’ ci si perde e si entra in una dimensione diversa, abbandonando il senso di sé e arrendendosi a una sorta di magia meditativa.
Come le prime installazioni di Kusama, Fireflies on the Water evoca le allucinazioni che caratterizzano la vita dell’artista fin da quando era bambina, delle quali l'arte è da sempre espressione e cura. Ma contiene anche riferimenti al mito di Narciso e ai paesaggi del Giappone, dove Kusama è cresciuta ed è tornata a vivere dopo aver trovato fama e successo negli Stati Uniti. “Gli artisti normalmente non esprimono i loro complessi psicologici in modo diretto, ma io uso i miei complessi e le mie paure come soggetti” ha dichiarato un giorno Yayoi Kusama.
L’arte e la vita per la Kusama sono indissolubilmente legate: nata in Giappone, a Matsumoto, nel 1929, da una famiglia dell’alta società, da bambina inizia ad avere delle allucinazioni uditive e visive. L’arte si rivela fin da subito un elemento necessario e terapeutico, con la quale Yayoi riesce a gestire le allucinazioni. La famiglia non accetta la sua passione, tanto che la madre distrugge i disegni della giovane artista prima che lei riesca a terminarli. È proprio per questo motivo che una delle prime forme d’arte di Kusama sono stati i pois, elementi veloci da disegnare che ancora oggi caratterizzano la sua opera assolutamente unica.
Yayoi Kusama all'età di circa 10 anni, 1939 circa
L’arte diventa un canale per trovare stabilità, per combattere l’ansia e la paura di ogni giorno. Lascia il Giappone, paese troppo piccolo per le sue aspirazioni e per la sua arte. Kusama vuole esplorare spazi e sentimenti universali, la libertà espressiva deve essere senza confini. Ed è per questo che nel 1957, grazie anche all’incoraggiamento dell’artista americana Georgia O’Keeffe, Kusama si trasferisce negli Stati Uniti.
Nel 1958 espone a NY i suoi Infinity Net paintings, le tele nere ricopre da un’unica pennellata curva, carica di un singolo colore, ripetuta attraverso un gesto che è ossessivo e meditativo al tempo stesso. E poi nel 1965 realizza la prima Infinite Mirror Room. Da questo momento l’uso delle superfici specchianti offrono alla Kusama la possibilità di creare piani infiniti nelle sue installazioni.
Venezia, 1966 - XXXIII edizione della Biennale d'Arte di Venezia. Yayoi Kusama e Lucio Fontana durante la performance pirata Narcissus Garden ai Giardini della Biennale © Gianni Berengo Gardin I Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
Gli incontri sono tanti e importanti: Lucio Fondata ospita la Kusama per due mesi a Milano e finanzia personalmente la Narcissus Garden, un’opera che verrà presentata senza invito formale alla Biennale di Venezia.
La migliore definizione della Kusama la dà lei stessa: “Io, Kusama, sono la moderna Alice nel paese delle meraviglie. Come Alice che attraversava lo specchio, io, Kusama ho aperto un mondo di fantasia e libertà. Anche tu puoi unirti alla mia avventurosa danza della vita.” Entrare nell’Infinity Mirror Room significa in qualche modo entrare nel corpo e nell’anima dell’artista, cogliendone l’essenza nelle parti intangibili che ne definiscono l’infinito.
L’epilogo si conosce. Il mutato contesto sociale e politico, l’acutizzarsi della malattia e la morte del partner Joseph Cornell sono alcuni dei motivi che spingonoYayoi Kusama nel 1973 a tornare in Giappone e nel 1977 a entrare volontariamente e in modo permanente presso un ospedale psichiatrico a Tokyo dove tutt’oggi vive.
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