Da vedere fresca di restauro al Museo di San Marco in Firenze
Come rinasce un capolavoro: la Pala del Bosco ai Frati di Beato Angelico
Beato Angelico, Pala del Bosco ai Frati. Allestimento al Museo di San Marco I Courtesy Direzione regionale Musei della Toscana
Francesca Grego
16/06/2021
Firenze - La differenza è lampante: un anno di restauro ha restituito alla Pala del Bosco ai Frati del Beato Angelico colori mai visti a memoria d’uomo. Le pennellate chiare e sottili con cui il frate domenicano con il pallino della pittura diede forma al suo ultimo capolavoro su tavola hanno ritrovato la luce perduta, tra bagliori d’oro e brillante polvere di lapislazzuli. A confronto con le fotografie scattate prima del restauro, sembra quasi di guardare un altro dipinto: la patina scura e giallastra che incupiva la pala è sparita, e così i segni degli interventi invasivi precedenti. Oltre le trasparenze del colore, si intravedono perfino le linee del disegno preparatorio.
Così l’opera si presenta oggi ai visitatori del Museo di San Marco di Firenze, dove è tornata in una sala dedicata a far compagnia agli altri gioielli del suo autore: tavole monumentali, piccoli dipinti, raffinatissime predelle e reliquiari. La tavola viene finalmente riunita alla sua predella, restaurata alcuni anni fa, mentre al museo si attende il ritorno del Trittico Francescano del frate pittore, in restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure.
Sala del Beato Angelico, Museo di San Marco, Firenze I Courtesy Direzione regionale Musei della Toscana
Magnificenza di corte e semplicità francescana si fondono nella Pala del Bosco ai Frati, complice la preziosa pittura del Beato Angelico. Giunto quasi al termine della propria esperienza umana e artistica, il frate ricevette un’importante commissione, probabilmente da Cosimo il Vecchio in persona. Siamo a metà del Quattrocento, gli stessi anni in cui, da priore del convento di Fiesole, il domenicano realizza gli splendidi pannelli dell’Armadio degli Argenti per la chiesa fiorentina della Santissima Annunziata. Rinnovando il suo antico legame con i Medici, Fra’ Angelico torna a lavorare con Michelozzo di Bartolomeo, architetto favorito dei signori di Firenze e artefice del progetto della chiesa di Bosco ai Frati al Mugello alla quale la pala è destinata.
Beato Angelico, Pala del Bosco ai Frati, 1450-52. Prima del restauro I Fra Angelico, Public domain, via Wikimedia Commons
Nel dipinto i pigmenti e le materie impiegate sono un indizio incontrovertibile del prestigio della commissione: il trono della Vergine è tutto di oro zecchino e i lapislazzuli sono della varietà più pregiata, proveniente dall’attuale Afghanistan. Ma Angelico non si accontenta dei materiali preziosi e produce un’autentica meraviglia: “la Pala del Bosco ai Frati è certamente da annoverare nel nucleo dei grandi capolavori all’interno della copiosa produzione del frate pittore arrivata fino ai nostri giorni”, spiega lo storico dell’arte Angelo Tartuferi: “Si tratta dell’ultimo, grande capolavoro dipinto su tavola da parte del grande artista domenicano, prima di partire per Roma dove si sarebbe spento”.
“Il restauro ha restituito i valori più sottili di questa tavola sontuosa e allo stesso tempo essenziale, che ancora una volta dimostra i legami sotterranei tra l’arte del Beato Angelico e le contemporanee esperienze della pittura fiamminga”, aggiunge il direttore regionale Musei della Toscana Stefano Casciu.
Beato Angelico, Pala del Bosco ai Frati, 1450-52, dopo il restauro I Courtesy Friends of Florence
Sotto le note scure del cielo, contro il verde rigoglioso degli alberi e il rosa delicato dell’architettura del tempio si staglia il singolare trono della Vergine, celato da un drappo d’oro mirabilmente inciso e reso più comodo da uno sfarzoso cuscino di ascendenza bizantina. Il manto della Madonna si espande ai suoi piedi fino ad occupare quasi per intero il gradino di marmo. In primo piano, sulla sinistra, sono dipinte le figure dei Santi Francesco, Ludovico di Tolosa e Antonio da Padova, caratterizzate da un forte accento naturalistico, mentre sulla destra si riconoscono i Santi Medici Cosma e Damiano e San Pietro Martire.
“Il sapiente, meditato intervento di Lucia Biondi, reso possibile dal finanziamento dei Friends of Florence, conferisce all’opera una nuova leggibilità, il cui dato saliente risulta la percezione di un’assoluta omogeneità tra le diverse parti e, soprattutto, in maniera tale che l’intervento sia veramente avvertibile in maniera assai ridotta. Autentico banco di prova, quest’ultimo, di ogni restauro veramente ben riuscito”, conclude Tartuferi.
Così l’opera si presenta oggi ai visitatori del Museo di San Marco di Firenze, dove è tornata in una sala dedicata a far compagnia agli altri gioielli del suo autore: tavole monumentali, piccoli dipinti, raffinatissime predelle e reliquiari. La tavola viene finalmente riunita alla sua predella, restaurata alcuni anni fa, mentre al museo si attende il ritorno del Trittico Francescano del frate pittore, in restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure.
Sala del Beato Angelico, Museo di San Marco, Firenze I Courtesy Direzione regionale Musei della Toscana
Magnificenza di corte e semplicità francescana si fondono nella Pala del Bosco ai Frati, complice la preziosa pittura del Beato Angelico. Giunto quasi al termine della propria esperienza umana e artistica, il frate ricevette un’importante commissione, probabilmente da Cosimo il Vecchio in persona. Siamo a metà del Quattrocento, gli stessi anni in cui, da priore del convento di Fiesole, il domenicano realizza gli splendidi pannelli dell’Armadio degli Argenti per la chiesa fiorentina della Santissima Annunziata. Rinnovando il suo antico legame con i Medici, Fra’ Angelico torna a lavorare con Michelozzo di Bartolomeo, architetto favorito dei signori di Firenze e artefice del progetto della chiesa di Bosco ai Frati al Mugello alla quale la pala è destinata.
Beato Angelico, Pala del Bosco ai Frati, 1450-52. Prima del restauro I Fra Angelico, Public domain, via Wikimedia Commons
Nel dipinto i pigmenti e le materie impiegate sono un indizio incontrovertibile del prestigio della commissione: il trono della Vergine è tutto di oro zecchino e i lapislazzuli sono della varietà più pregiata, proveniente dall’attuale Afghanistan. Ma Angelico non si accontenta dei materiali preziosi e produce un’autentica meraviglia: “la Pala del Bosco ai Frati è certamente da annoverare nel nucleo dei grandi capolavori all’interno della copiosa produzione del frate pittore arrivata fino ai nostri giorni”, spiega lo storico dell’arte Angelo Tartuferi: “Si tratta dell’ultimo, grande capolavoro dipinto su tavola da parte del grande artista domenicano, prima di partire per Roma dove si sarebbe spento”.
“Il restauro ha restituito i valori più sottili di questa tavola sontuosa e allo stesso tempo essenziale, che ancora una volta dimostra i legami sotterranei tra l’arte del Beato Angelico e le contemporanee esperienze della pittura fiamminga”, aggiunge il direttore regionale Musei della Toscana Stefano Casciu.
Beato Angelico, Pala del Bosco ai Frati, 1450-52, dopo il restauro I Courtesy Friends of Florence
Sotto le note scure del cielo, contro il verde rigoglioso degli alberi e il rosa delicato dell’architettura del tempio si staglia il singolare trono della Vergine, celato da un drappo d’oro mirabilmente inciso e reso più comodo da uno sfarzoso cuscino di ascendenza bizantina. Il manto della Madonna si espande ai suoi piedi fino ad occupare quasi per intero il gradino di marmo. In primo piano, sulla sinistra, sono dipinte le figure dei Santi Francesco, Ludovico di Tolosa e Antonio da Padova, caratterizzate da un forte accento naturalistico, mentre sulla destra si riconoscono i Santi Medici Cosma e Damiano e San Pietro Martire.
“Il sapiente, meditato intervento di Lucia Biondi, reso possibile dal finanziamento dei Friends of Florence, conferisce all’opera una nuova leggibilità, il cui dato saliente risulta la percezione di un’assoluta omogeneità tra le diverse parti e, soprattutto, in maniera tale che l’intervento sia veramente avvertibile in maniera assai ridotta. Autentico banco di prova, quest’ultimo, di ogni restauro veramente ben riuscito”, conclude Tartuferi.
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