Al Museo del Novecento fino al 18 luglio
Dentro l’arte di Henry Moore, tra natura e disegno. In mostra a Firenze lo scultore che amava Giotto e la Toscana
Henry Moore, Landscape | Courtesy Museo del Novecento
Samantha De Martin
19/01/2021
Firenze - Nella consistenza di ciottoli, rocce, tronchi e radici, nella potenza delle mani, capaci di creare, ma anche di veicolare sensazioni e sentimenti, prende forma la relazione intrinseca tra l’uomo e la materia.
Henry Moore, lo scultore moderno che ha saputo interpretare e sviluppare la lezione dei grandi maestri del Rinascimento, dando vita a un’esperienza nuova, diversa seppur consequenziale a quella di Masaccio e Donatello, Brunelleschi e Michelangelo, è al Museo del Novecento con una mostra in corso fino al 18 luglio.
Il ritorno di Moore nella sua amata Toscana, a quasi cinquant’anni dalla memorabile incursione al Forte di Belvedere (la più grande mostra mai dedicata all'artista) è soprattutto un viaggio alla scoperta della scultura e del valore del disegno nella sua pratica, attraverso la rilettura di alcuni temi centrali nella sua produzione.
Lo scultore britannico, figlio di minatore, che aveva imparato a studiare il carbone, le rocce e le pietre grezze da cui prese spunto per le sue opere astratte in bronzo di grandi dimensioni, è al Museo del Novecento con il percorso Henry Moore. Il disegno dello scultore e con l’evento collaterale Henry Moore in Toscana, a cura di Sebastiano Barassi e Sergio Risaliti.
Henry Moore, Rocky Landscape: Sunset, 1982 | Courtesy Museo del Novecento
Giotto, Michelangelo e l'arte tribale
Lo stile dell’artista, influenzato dall'arte primitiva e tribale, rompe con i canoni classici tradizionali. Moore amava ispirarsi al corpo umano rappresentando nelle sue statue corpi primitivi e deformati, con le loro membra allungate. Talvolta i suoi soggetti sono donne, simbolo di fertilità, o figure supine che sottolineano l’appartenenza dell'uomo alla natura, in un equilibrio unico delle forme tra pieni e vuoti che diviene il carattere distintivo di tutta la sua pratica.
E forse anche per queste tematiche, interpretate da sempre come un segno di speranza e di fede nell'umanità, che la mostra vuole essere, come ha ribadito Risaliti, “un dono alla città che ha sofferto una crisi pandemica drammatica e che sta uscendo a fatica ma con coraggio da questa situazione così difficile”.
Così, nel giorno della riapertura dei musei nelle regioni “gialle”, Firenze cerca nel disegno e nella scultura la forza per la ripartenza.
La mostra dedicata a Moore, erede e interprete dell’umanesimo nell'arte, accende un faro sulla produzione grafica di questo protagonista della scultura contemporanea che ha avuto modo di confrontarsi, nel corso della sua intensa attività, con la scultura primitivista ed extraeuropea, ma anche con le sperimentazioni formali e linguistiche delle avanguardie storiche, senza perdere di vista la tradizione della grande arte italiana dei secoli precedenti, da Giotto a Michelangelo.
Dalla natura un repertorio di ritmi e forme
“Lo scopo principale dei miei disegni è di aiutarmi a scolpire...Mi servo del disegno anche come metodo di studio e osservazione della natura. Mi accade anche, a volte, di disegnare per il puro piacere di farlo” diceva lo scultore.
E infatti la narrazione al Museo del Novecento muove da un’indagine sul rapporto tra l’artista e la natura.
“La natura fornisce allo scultore un repertorio illimitato di forme e di ritmi... I sassi e le rocce ad esempio mostrano il modo in cui la natura lavora la pietra...Gli alberi (i tronchi d’albero) insegnano a riconoscere i principi con cui si sviluppano e si rinforzano le articolazioni, rendendo agile la connessione tra le varie parti della struttura” diceva Moore.
Henry Moore, The Artist's Hands, 1981 | Foto: © Nigel Moore, Menor
Un Moore inedito
La scelta dei temi che scandiscono l’esposizione fiorentina è dettata dalla volontà di “scavare’ in una zona del lavoro di Henry Moore finora poco indagata e meno nota al grande pubblico italiano, a partire dalle sculture, che immortalano figure sdraiate, e dai disegni della Seconda Guerra Mondiale.
Da questa rilettura della produzione di Moore, nella quale si colgono interessanti richiami alla tradizione anglosassone, si intravedono ad esempio i disegni dedicati da Turner agli eventi atmosferici.
Henry Moore, Maquette for Two Piece Reclining Figure No.1, 1959 | Foto: © Jaron James
Moore e la Toscana: dalle cave Apuane al villino per le vacanze estive
Il legame tra Moore e la Toscana, regione che tuttora ospita opere monumentali dell’artista e che nel 1925 lo accolse giovane durante il suo primo viaggio di studio in Italia, emerge invece dalla mostra Henry Moore in Toscana, l’evento collaterale in corso fino al prossimo 30 maggio al secondo piano del Museo Novecento.
Il progetto, nato dalle costole della mostra concepita in collaborazione con la Fondazione Moore, approfondisce il legame tra lo scultore e la Toscana attraverso alcune opere provenienti da collezioni private che testimoniano, insieme a documenti e fotografie, la relazione artistica e affettiva che legò Moore alla regione e soprattutto a Firenze.
“Quello di Moore - commenta Sergio Risaliti - non fu solo un innamoramento per l’arte di Giotto, Donatello, Masaccio o Michelangelo. In Versilia, lo scultore venne in contatto con la realtà manifatturiera locale, quella enorme tradizione di sapienza artigianale e artistica nelle mani degli scalpellini e dei cavatori”.
Questo intenso legame emerge dalle tappe che scandiscono la mostra, articolata in sculture e fotografie. C’è Querceta e c’è il monte Altissimo, “un luogo affascinante ed eccitante” ricorda Moore, dove nelle cave “Michelangelo trascorse due anni della sua vita”. Da qui la spinta ad acquistare nel 1965 un villino dove lo scultore trascorse le estati insieme alla moglie Irina e alla figlia Mary.
In occasione della mostra, un mediometraggio racconterà, attraverso testimonianze di personalità del mondo culturale toscano, la mostra del ‘72 e la presenza di Moore sul territorio.
L’arte come “esortazione alla vita”
Alla luce del periodo che stiamo vivendo la consapevolezza di Henry Moore risuona come un monito e, al tempo stesso, come esortazione e viatico.
“L’arte - diceva l'artista - non è un sedativo o una droga, né un semplice esercizio di buon gusto, e neppure un abbellimento della realtà con piacevoli combinazioni di forme e di colori; è invece una espressione del significato della vita e un’esortazione a impegnarvisi con sforzi ancora maggiori”.
Henry Moore, Man drawing rock formation, 1982 | Courtey Museo del Novecento
Leggi anche:
• Henry Moore in Toscana
• Henry Moore. Il disegno dello scultore
Henry Moore, lo scultore moderno che ha saputo interpretare e sviluppare la lezione dei grandi maestri del Rinascimento, dando vita a un’esperienza nuova, diversa seppur consequenziale a quella di Masaccio e Donatello, Brunelleschi e Michelangelo, è al Museo del Novecento con una mostra in corso fino al 18 luglio.
Il ritorno di Moore nella sua amata Toscana, a quasi cinquant’anni dalla memorabile incursione al Forte di Belvedere (la più grande mostra mai dedicata all'artista) è soprattutto un viaggio alla scoperta della scultura e del valore del disegno nella sua pratica, attraverso la rilettura di alcuni temi centrali nella sua produzione.
Lo scultore britannico, figlio di minatore, che aveva imparato a studiare il carbone, le rocce e le pietre grezze da cui prese spunto per le sue opere astratte in bronzo di grandi dimensioni, è al Museo del Novecento con il percorso Henry Moore. Il disegno dello scultore e con l’evento collaterale Henry Moore in Toscana, a cura di Sebastiano Barassi e Sergio Risaliti.
Henry Moore, Rocky Landscape: Sunset, 1982 | Courtesy Museo del Novecento
Giotto, Michelangelo e l'arte tribale
Lo stile dell’artista, influenzato dall'arte primitiva e tribale, rompe con i canoni classici tradizionali. Moore amava ispirarsi al corpo umano rappresentando nelle sue statue corpi primitivi e deformati, con le loro membra allungate. Talvolta i suoi soggetti sono donne, simbolo di fertilità, o figure supine che sottolineano l’appartenenza dell'uomo alla natura, in un equilibrio unico delle forme tra pieni e vuoti che diviene il carattere distintivo di tutta la sua pratica.
E forse anche per queste tematiche, interpretate da sempre come un segno di speranza e di fede nell'umanità, che la mostra vuole essere, come ha ribadito Risaliti, “un dono alla città che ha sofferto una crisi pandemica drammatica e che sta uscendo a fatica ma con coraggio da questa situazione così difficile”.
Così, nel giorno della riapertura dei musei nelle regioni “gialle”, Firenze cerca nel disegno e nella scultura la forza per la ripartenza.
La mostra dedicata a Moore, erede e interprete dell’umanesimo nell'arte, accende un faro sulla produzione grafica di questo protagonista della scultura contemporanea che ha avuto modo di confrontarsi, nel corso della sua intensa attività, con la scultura primitivista ed extraeuropea, ma anche con le sperimentazioni formali e linguistiche delle avanguardie storiche, senza perdere di vista la tradizione della grande arte italiana dei secoli precedenti, da Giotto a Michelangelo.
Dalla natura un repertorio di ritmi e forme
“Lo scopo principale dei miei disegni è di aiutarmi a scolpire...Mi servo del disegno anche come metodo di studio e osservazione della natura. Mi accade anche, a volte, di disegnare per il puro piacere di farlo” diceva lo scultore.
E infatti la narrazione al Museo del Novecento muove da un’indagine sul rapporto tra l’artista e la natura.
“La natura fornisce allo scultore un repertorio illimitato di forme e di ritmi... I sassi e le rocce ad esempio mostrano il modo in cui la natura lavora la pietra...Gli alberi (i tronchi d’albero) insegnano a riconoscere i principi con cui si sviluppano e si rinforzano le articolazioni, rendendo agile la connessione tra le varie parti della struttura” diceva Moore.
Henry Moore, The Artist's Hands, 1981 | Foto: © Nigel Moore, Menor
Un Moore inedito
La scelta dei temi che scandiscono l’esposizione fiorentina è dettata dalla volontà di “scavare’ in una zona del lavoro di Henry Moore finora poco indagata e meno nota al grande pubblico italiano, a partire dalle sculture, che immortalano figure sdraiate, e dai disegni della Seconda Guerra Mondiale.
Da questa rilettura della produzione di Moore, nella quale si colgono interessanti richiami alla tradizione anglosassone, si intravedono ad esempio i disegni dedicati da Turner agli eventi atmosferici.
Henry Moore, Maquette for Two Piece Reclining Figure No.1, 1959 | Foto: © Jaron James
Moore e la Toscana: dalle cave Apuane al villino per le vacanze estive
Il legame tra Moore e la Toscana, regione che tuttora ospita opere monumentali dell’artista e che nel 1925 lo accolse giovane durante il suo primo viaggio di studio in Italia, emerge invece dalla mostra Henry Moore in Toscana, l’evento collaterale in corso fino al prossimo 30 maggio al secondo piano del Museo Novecento.
Il progetto, nato dalle costole della mostra concepita in collaborazione con la Fondazione Moore, approfondisce il legame tra lo scultore e la Toscana attraverso alcune opere provenienti da collezioni private che testimoniano, insieme a documenti e fotografie, la relazione artistica e affettiva che legò Moore alla regione e soprattutto a Firenze.
“Quello di Moore - commenta Sergio Risaliti - non fu solo un innamoramento per l’arte di Giotto, Donatello, Masaccio o Michelangelo. In Versilia, lo scultore venne in contatto con la realtà manifatturiera locale, quella enorme tradizione di sapienza artigianale e artistica nelle mani degli scalpellini e dei cavatori”.
Questo intenso legame emerge dalle tappe che scandiscono la mostra, articolata in sculture e fotografie. C’è Querceta e c’è il monte Altissimo, “un luogo affascinante ed eccitante” ricorda Moore, dove nelle cave “Michelangelo trascorse due anni della sua vita”. Da qui la spinta ad acquistare nel 1965 un villino dove lo scultore trascorse le estati insieme alla moglie Irina e alla figlia Mary.
In occasione della mostra, un mediometraggio racconterà, attraverso testimonianze di personalità del mondo culturale toscano, la mostra del ‘72 e la presenza di Moore sul territorio.
L’arte come “esortazione alla vita”
Alla luce del periodo che stiamo vivendo la consapevolezza di Henry Moore risuona come un monito e, al tempo stesso, come esortazione e viatico.
“L’arte - diceva l'artista - non è un sedativo o una droga, né un semplice esercizio di buon gusto, e neppure un abbellimento della realtà con piacevoli combinazioni di forme e di colori; è invece una espressione del significato della vita e un’esortazione a impegnarvisi con sforzi ancora maggiori”.
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