Torna a splendere il capolavoro di Paolo Uccello
Paolo Uccello, Battaglia di San Romano
19/06/2012
Firenze - Oro e argento di nuovo visibili in tutta loro ''stupefacente bellezza'' sulle lance e sulle corazze raffigurate nella ''Battaglia di San Romano'' di Paolo Uccello (182×323 cm), il celeberrimo capolavoro del 1438 custodito alla Galleria degli Uffizi di Firenze, considerata una delle più mirabili rappresentazioni di una scena di guerra della tarda età medioevale. A distanza di oltre tre anni si è concluso il restauro curato da Muriel Vervat. L'opera tornata ad una insospettata leggibilità sarà presentata in anteprima nella mostra ''Bagliori dorati. Il gotico internazionale a Firenze 1375-1440'', che nelle sale del piano nobile della Galleria degli Uffizi ospiterà da oggi fino al 4 novembre 2012, 111 capolavori, tra cui dipinti di Agnolo Gaddi, Spinello Aretino, Antonio Veneziano, Gherardo Starnina, Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano.
La rimozione delle vernici ossidate e delle polveri ha ''restituito una insospettata leggibilità'' alla tavola di Paolo Uccello che fa parte di un trittico (gli altri due 'pezzi' sono al Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra), ha spiegato Angelo Tartuferi, uno dei curatori della mostra insieme ad Antonio Natali ed Enrica Neri Lusanna.
Le vernici ossidate non rimosse dal 1954, anno del precedente restauro, avevano reso illeggibile nella loro ''smagliante lucentezza originale'' i particolari creati da Paolo Uccello . L'artista impiegò infatti lamine di argento e di oro sulla tempera su tavola, che poi lavorò con punzoni e a mano. ''Il risultato della delicata, esemplare e mirabolante pulizia dell'opera creerà nello spettatore un effetto stupefacente quando ammirerà il restauro'', ha aggiunto Tartuferi. Il dipinto di Uccello, ha affermato Natali, direttore degli Uffizi, ''si offre al visitatore come sintesi mirabile della complessità intellettuale e spirituale d'una speciale stagione dell'arte fiorentina, quando rigore matematico e sperticate fantasie convissero, intersecandosi talora''.
L'esposizione ''Bagliori dorati'' ricostruisce il clima colto e prezioso della stagione che va 1375-1440 con dipinti celebrati da secoli e altri pregevolissimi ma finora poco conosciuti al grande pubblico, come sculture lignee e marmoree, codici miniati, lavori d'arte sacra e profana: creazioni tutte di sommo pregio e di assoluta rilevanza storica, provenienti da prestigiose istituzioni museali pubbliche, nonché da collezioni private italiane e straniere.
Seguendo la cronologia, il percorso prenderà le mosse dalle opere degli interpreti massimi dell'ultima fase della tradizione trecentesca. E si ammireranno opere di Agnolo Gaddi, Spinello Aretino, Antonio Veneziano, Gherardo Starnina e Lorenzo Monaco. Artista, quest'ultimo, che dopo la morte dello Starnina rimase il maggior pittore fiorentino a proporre del gotico estremo una variante personalissima, estranea perfino al naturalismo raffinato di Gentile da Fabriano; testimone lirico di quegli anni, lui pure presente in mostra con tavole famose per la loro bellezza struggente.
Si vedranno i lavori di artefici operosi a Firenze fra Trecento e Quattrocento come Lippo d'Andrea, Mariotto di Cristofano, Giovanni Toscani, Ventura di Moro, Francesco d'Antonio e Arcangelo di Cola. Sarà possibile insieme all'arte orafa di Lorenzo Ghiberti osservare la maniera soave del Beato Angelico, artista emblematico - insieme a Michelozzo - di una linea espressiva che aspirava a coniugare l'eredita' del linguaggio artistico del recente passato con quanto d'inedito stava maturando in città con Brunelleschi e Masaccio. Linea che aveva il conforto di alcuni grandi umanisti, che orbitavano intorno a Cosimo il Vecchio de' Medici.
(Fonte: Adnkronos)
La rimozione delle vernici ossidate e delle polveri ha ''restituito una insospettata leggibilità'' alla tavola di Paolo Uccello che fa parte di un trittico (gli altri due 'pezzi' sono al Louvre di Parigi e alla National Gallery di Londra), ha spiegato Angelo Tartuferi, uno dei curatori della mostra insieme ad Antonio Natali ed Enrica Neri Lusanna.
Le vernici ossidate non rimosse dal 1954, anno del precedente restauro, avevano reso illeggibile nella loro ''smagliante lucentezza originale'' i particolari creati da Paolo Uccello . L'artista impiegò infatti lamine di argento e di oro sulla tempera su tavola, che poi lavorò con punzoni e a mano. ''Il risultato della delicata, esemplare e mirabolante pulizia dell'opera creerà nello spettatore un effetto stupefacente quando ammirerà il restauro'', ha aggiunto Tartuferi. Il dipinto di Uccello, ha affermato Natali, direttore degli Uffizi, ''si offre al visitatore come sintesi mirabile della complessità intellettuale e spirituale d'una speciale stagione dell'arte fiorentina, quando rigore matematico e sperticate fantasie convissero, intersecandosi talora''.
L'esposizione ''Bagliori dorati'' ricostruisce il clima colto e prezioso della stagione che va 1375-1440 con dipinti celebrati da secoli e altri pregevolissimi ma finora poco conosciuti al grande pubblico, come sculture lignee e marmoree, codici miniati, lavori d'arte sacra e profana: creazioni tutte di sommo pregio e di assoluta rilevanza storica, provenienti da prestigiose istituzioni museali pubbliche, nonché da collezioni private italiane e straniere.
Seguendo la cronologia, il percorso prenderà le mosse dalle opere degli interpreti massimi dell'ultima fase della tradizione trecentesca. E si ammireranno opere di Agnolo Gaddi, Spinello Aretino, Antonio Veneziano, Gherardo Starnina e Lorenzo Monaco. Artista, quest'ultimo, che dopo la morte dello Starnina rimase il maggior pittore fiorentino a proporre del gotico estremo una variante personalissima, estranea perfino al naturalismo raffinato di Gentile da Fabriano; testimone lirico di quegli anni, lui pure presente in mostra con tavole famose per la loro bellezza struggente.
Si vedranno i lavori di artefici operosi a Firenze fra Trecento e Quattrocento come Lippo d'Andrea, Mariotto di Cristofano, Giovanni Toscani, Ventura di Moro, Francesco d'Antonio e Arcangelo di Cola. Sarà possibile insieme all'arte orafa di Lorenzo Ghiberti osservare la maniera soave del Beato Angelico, artista emblematico - insieme a Michelozzo - di una linea espressiva che aspirava a coniugare l'eredita' del linguaggio artistico del recente passato con quanto d'inedito stava maturando in città con Brunelleschi e Masaccio. Linea che aveva il conforto di alcuni grandi umanisti, che orbitavano intorno a Cosimo il Vecchio de' Medici.
(Fonte: Adnkronos)
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