Cenni biografici

Lanfranco
 

15/10/2001

Le notizie relative alla biografia di Giovanni Lanfranco ci sono state trasmesse da due autorevoli scrittori e teorici dell’arte quali Giovan Pietro Bellori e Giovan Battista Passeri, conoscenti diretti del pittore. Entrambi lo ritraggono come un uomo avido di successo, amante degli agi e dei piaceri della vita. Giovanni, nato a Parma nel 1582 da una famiglia di modesti artigiani, trascorse la prima giovinezza al servizio del conte Orazio Scotti a Piacenza, per trasferirsi di nuovo nella vicina città d’origine intorno al 1600. Qui conobbe Agostino Carracci, fratello maggiore del più noto Annibale, impegnato per conto di Ranuccio I Farnese nella decorazione di una sala del Palazzo Ducale. Fu frequentando la bottega del più anziano maestro che il giovane scoprì il proprio straordinario talento nel disegnare dal vero e nel copiare le opere degli antichi. Nel 1602, alla morte di Agostino, Giovanni si trasferì a Roma, universale capitale delle arti. Una lettera di raccomandazione del duca di Parma lo introdusse nella cerchia di Annibale Carracci. Nel 1611, quasi trentenne, cominciò a lavorare da maestro autonomo nel Camerino degli Eremiti del Palazzetto Farnese in via Giulia, dimostrando di saper miscelare il naturalismo classicista del maestro bolognese con il luminismo contrastato di tradizione caravaggesca. Il cardinale Odoardo Farnese, suo protettore, lo presentò frattanto ai principali collezionisti d’arte della città, che gli commissionari numerose tele dai soggetti storici e mitologici. Il ritorno a Parma, nel 1609, lo avvicinò al Correggio, del quale, attraverso un intenso lavoro di copia, comprese, come mai nessuno prima di lui, la poetica. Di nuovo a Roma, ormai artista affermato, Lanfranco lavorò per le più importanti famiglie romane (i Mattei, i Sacchetti, i Borghese), finché, nel 1625, strappò al Domenichino la commissione che gli cambiò la vita: la copertura ad affresco della cupola di Sant’Andrea della Valle. L’immensa superficie venne affrontata come superficie unitaria e trasformata in animato spettacolo celeste, con schiere concentriche di figure che si liberano progressivamente delle ombre per godere del chiarore sprizzante dai cerchi superiori. L’impresa dà il via alla stagione delle grandi decorazioni ad affresco, apice e sintesi del pensiero barocco, costituendo per gli artisti delle generazioni successive (Pietro da Cortona, Giovan Battista Gaulli, Luca Giordano) un testo di riferimento imprescindibile. All’apice della fama, bramoso però di ulteriori conferme, Giovanni si trasferì, nel 1634, a Napoli. Qui, in furibonda disputa col Domenichino, si accaparrò le commissioni più importanti della città: la copertura della cupola del Gesù Nuovo, la volta e le lunette della Certosa di San Martino, la tribuna e la volta dei SS. Apostoli, la cupola della Cappella del Tesoro in Duomo. Aiutato da un nutrito schieramento di allievi, rivoluzionò l’assetto interno delle maggiori chiese della città, conferendo a Napoli quel carattere “barocco” che ancor oggi le è proprio. Nel 1646 tornò a Roma per dipingere la tribuna di San Carlo ai Catinari. Morì ad impresa incompiuta.

 
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