Frammenti sparsi
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Giacomelli
18/02/2001
"La fortuna è di esser nati poveri.
Mio padre è morto che io avevo nove anni, io ero il più grande dei miei fratelli e mia madre voleva che studiassi. Ho provato l’avviamento; il primo anno sono riuscito a farlo ma il secondo... E’ che a casa non c’era molto da mangiare e io non avevo mai avuto un giocattolo. Tutti, quando sei povero, ti guardano dall’alto in basso e mia madre ha dovuto cercare lavoro all’ospizio dei vecchi."
"[...] Una volta quando ero già grande, ho portato a casa una macchina da corsa per fargliela vedere: mi sono sempre piaciute molto le macchine da corsa e ne avevo una, rossa: morivo dalla voglia di mostrargliela e sono arrivato correndo sulla strada bianca, non asfaltata e la ghiaia ha portato via tutta la vernice della macchina. Quando mi ha visto, mia madre si è accorta subito di quel che avevo fatto e mi ha dato due o tre schiaffoni. Ne ho presi tanti di schiaffoni da lei. Se devo dire cosa ho avuto di bello dalla vita, la mia povertà, che è stata vera, e tutte le botte. Glielo avevo anche detto a mia mamma: “Ne ho avuto tante di botte da te, ma avrei dovuto averne anche di più”. Lei mi rispose: “Non dire questo. Hai visto che quando ti davo le bastonate sparivo, non mi vedevi più, andavo a piangere al gabinetto”".
"[...] Mi sono messo a fotografare ma le prime foto le ho buttate, a volte insieme ai negativi. Facevo le foto e le mandavo alle mostre ma quando le stampe non venivano come dicevo io, preferivo gettare tutto. Il bianco, il nero, il mosso: sono tecniche che richiedono molta precisione e quando non si è convinti del risultato, meglio buttare.[...] Sembra che le foto possano essere indifferentemente buone, o cattive e che tutto sia un po’ affidato al caso, invece non è così a volte nascono dal niente o dal tutto che è la stessa cosa. Io cerco di fotografare i pensieri. L’oggetto mi è utile per trasmettere quello che voglio dire.
Per me non è importante la foto singola ma la serie, il racconto. Ciò che conta è quel che nasce nella mia mente. Quasi sempre mi capita di vedere le foto prima di farle.
Anche la serie dei pretini è nata dal mio interesse per la gente umile, povera.
Loro erano tutti figli di contadini. Mi attirava quella situazione, mi attiravano le sottane lunghe. Così come, fotograficamente, il nero mi attira, il bianco mi attira. [...] Ci sono tante cose da vedere quando si fa una foto. Io poi sono nato grafico, fotografo e grafico e questo mi ha aiutato molto. Non un grafico come quelli di oggi, con il computer. Io sono un grafico con la testa."
"[...] “Questo ricordo lo vorrei raccontare”. Non è che voglio raccontare il ricordo, ma lo vorrei raccontare, mi piacerebbe poterlo fare."
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