Per i 150 anni della storica azienda inglese di tessuti Liberty
FuturLiberty, l'arte che cambia la vita
Futurliberty
Samantha De Martin ed Eleonora Zamparutti
14/04/2023
La mostra FuturLiberty in corso a Milano fino al 3 settembre e allestita in due diverse sedi, il Museo del Novecento e Palazzo Morando, è un bellissimo racconto inedito tra pittura e arti applicate.
Ideata per celebrare i 150 anni della storica azienda inglese di tessuti Liberty e per presentare la nuova collezione disegnata da Federico Forquet, cresciuto alla scuola di Balenciaga, couturier dalle forme architettoniche e dalla forte impronta innovativa, l’esposizione mostra due anime convergenti.
Al Museo del Novecento il percorso va alla ricerca dei punti di contatto tra due potenti Avanguardie del primo Novecento, il Futurismo italiano e il Vorticismo inglese. A Palazzo Morando invece si approfondiscono le radici culturali di Liberty dove l’intreccio tra popolare e artistico, tra quotidiano e ricercato si annoda in un dialogo sorprendente.
Nell’ideare la nuova linea di tessuti Liberty, Forquet guarda al Futurismo come a una tendenza dinamica, ricca di spunti. E le suggestioni sono innumerevoli, dalla frammentazione cromatico geometrica, cadenzata e frenetica dei dipinti di Gino Severini alla vibrante vivacità luministica delle Compenetrazioni di Giacomo Balla. È Balla ancora a dirigere lo sguardo in questo percorso con la sua visionaria Ricostruzione futurista dell’universo, dove con spirito ludico anche gli abiti e gli arredi della casa si muovono al ritmo di linee di velocità e di colori smaglianti.
Prima di Forquet, un altro astro creativo della scuderia Liberty, Bernard Nevill, chief designer dai primi anni Sessanta, aveva cercato di infrangere la tradizione andando alla ricerca di quei segni che hanno trasformato la visione dell’arte e del mondo. Il suo sguardo si era appuntato sulle opere del gruppo dei vorticisti inglesi che, attraverso la rivista “Blast”, a metà degli anni dieci del Novecento, rivoluziona con audacia travolgente le forme artistiche del passato.
Tornando all’oggi, vero e proprio deus ex machina di questa impresa titanica per numero e varietà dei lavori esposti, è Ester Coen, curatore scientifico dell’esposizione. Coen ha selezionato oltre 200 opere tra lavori del movimento futurista che portano la firma di Giacomo Balla, Gino Severini, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Fortunato Depero e dipinti vorticisti degli inglesi coevi, come Percy Wyndham Lewis e Christopher Nevinson.
La scintilla ha origine oltre cento anni fa. A fare da traît d’union tra Italia e Gran Bretagna, due mondi così diversi eppure così dinamici in quel particolare momento storico, era stato un personaggio di primo piano: il poeta Filippo Tommaso Marinetti. Nel 1914 “la caffeina d’Europa” aveva dato alle stampe il manifesto Vital English Art firmato insieme al pittore inglese Christopher Nevinson. “Io sono un poeta futurista italiano che ama appassionatamente l’Inghilterra” scriveva Marinetti. “Voglio guarire l’arte inglese dalla più grave delle malattie: il passatismo. Ho quindi tutti i diritti di parlare ad alta voce e senza perifrasi e di dare con il mio amico Nevinson, pittore futurista inglese, il segnale della lotta.”
Intellettuale di avanguardia, proveniente da un milieu internazionale (Marinetti era nato in Egitto da famiglia italiana e aveva frequentato le scuole francesi), il capofila del Futurismo combatte una vita intera contro il conservatorismo e i luoghi comuni, a favore di un movimento culturale e artistico rigeneratore, audace e rivoluzionario capace di guardare al futuro senza mai perdere di vista l’obiettivo di esportare nel mondo la sua magnifica creatura non convenzionale.
Parole che erano musica alle orecchie degli inglesi che probabilmente hanno sempre avuto nel loro DNA il germe della modernità che riemerge a tratti nella storia. Gli inglesi infatti non tardano a capire il significato di quelle parole e ne fanno subito tesoro.
“Studiando gli archivi è emerso che nei momenti cruciali della storia, Liberty è entrata nella vita, ha cercato di cogliere il battito di quanto accadeva nel mondo, dando ascolto alle emozioni della gente” afferma Ester Coen. “È penetrata nella realtà, attraverso le sue linee e i suoi colori, con una carica di speranza sfidando la stessa simbologia floreale da sempre associata al suo marchio. Reagendo alla fredda, meccanica industrializzazione prima, e poi a un mondo plumbeo quando uscire dalle tenebre e dall’orrore della Seconda Guerra era un atto imperativo di responsabilità, Liberty scagliava un messaggio di nuova forza. Attingere alle fonti di quella storia di rotture e creazioni, alle forme e alle espressioni delle avanguardie storiche, a quei movimenti – il Futurismo e il Vorticismo – che hanno infuso una carica di eccezionale vitalità per allontanarsi da un passato sfibrato e senza risonanza, è stata l’ispirazione più radicale e innovatrice.”
Era l’ultimo decennio dell’Ottocento, quando Mister Arthur Lasenby Liberty trasforma il suo emporio di oggetti esotici in una fantastica avventura di rivoluzione nel design e nella società. L’artigianato si fa arte, entra nelle case borghesi e nell’immaginario della gente.
Punto di partenza di questo racconto suggestivo è la città di Milano, perno di una mostra che si polarizza intorno a due musei ma che si estende alla città intera, sempre aperta alle nuove tendenze e che in particolare del Liberty ne ha fatto uno stile alla moda, nell’architettura e nelle arti decorative.
“Milano ama lo stile Liberty senza magari ricordare neanche più che il nome deriva da un’impresa, l’impresa di Mr. Liberty.” afferma Gianfranco Maraniello, direttore del Museo del Novecento. “In collaborazione con Liberty London, azienda ancora attiva, la mostra ripercorre una storia straordinaria che ha inizio nel primo Novecento e giunge all’attualità più stretta, passando da momenti diversi e innovativi come quelli della pop culture degli anni Sessanta, attraversando figure di grandi maestri, di grandi artisti ma anche di cantanti pop come David Bowie. FuturLiberty è una mostra che obbliga a conoscere la città, a viaggiare e a muoversi, e a costruirsi un apparato visivo per ritrovare il Liberty continuamente: nelle abitazioni, negli edifici della città, nelle architetture, in sostanza a riscoprire chi siamo.”
Milano, dove risiedeva abitualmente Marinetti (una targa all’angolo tra corso Venezia e via Senato ricorda dove fu l’abitazione/redazione del poeta), è anche la città che oggi ospita la più importante galleria espositiva dedicata al Futurismo in un museo del mondo, il Museo del Novecento.
Le due anime dell’esposizione si rivelano al visitatore un po’ alla volta. “Al Museo del Novecento ho voluto rappresentare il dialogo tra le due avanguardie, Futurismo e Vorticismo, in un momento storico molto importante, cioè negli anni che precedono lo scoppio della Prima Guerra mondiale, carichi di energia e di un’importantissima, fondamentale e straordinaria proiezione verso il futuro” continua Ester Coen.
“A Palazzo Morando ci sono soprattutto opere che mostrano il rapporto con la vita quotidiana, cioè come gli artisti si sono proiettati a immaginare una vita più briosa, più allegra, più vivace come fece ad esempio Giacomo Balla. L'esposizione evidenzia il rapporto fecondo tra l’azienda inglese di tessuti e il mondo artistico, cadenzato in tre momenti: il primo sottolinea il legame tra Liberty e William Morris e gli Arts & Crafts, il secondo momento nato dalla collaborazione con Bernard Nevill negli corso degli anni Settanta, ai tempi della Swinging London quando David Bowie indossò un abito realizzato con i tessuti Liberty, e il terzo momento con Federico Forquet e la sua collezione di nuovi tessuti ispirati al Futurismo. Per questo ci sono tante opere di Giacomo Balla e di Depero”.
Ideata per celebrare i 150 anni della storica azienda inglese di tessuti Liberty e per presentare la nuova collezione disegnata da Federico Forquet, cresciuto alla scuola di Balenciaga, couturier dalle forme architettoniche e dalla forte impronta innovativa, l’esposizione mostra due anime convergenti.
Al Museo del Novecento il percorso va alla ricerca dei punti di contatto tra due potenti Avanguardie del primo Novecento, il Futurismo italiano e il Vorticismo inglese. A Palazzo Morando invece si approfondiscono le radici culturali di Liberty dove l’intreccio tra popolare e artistico, tra quotidiano e ricercato si annoda in un dialogo sorprendente.
Nell’ideare la nuova linea di tessuti Liberty, Forquet guarda al Futurismo come a una tendenza dinamica, ricca di spunti. E le suggestioni sono innumerevoli, dalla frammentazione cromatico geometrica, cadenzata e frenetica dei dipinti di Gino Severini alla vibrante vivacità luministica delle Compenetrazioni di Giacomo Balla. È Balla ancora a dirigere lo sguardo in questo percorso con la sua visionaria Ricostruzione futurista dell’universo, dove con spirito ludico anche gli abiti e gli arredi della casa si muovono al ritmo di linee di velocità e di colori smaglianti.
Prima di Forquet, un altro astro creativo della scuderia Liberty, Bernard Nevill, chief designer dai primi anni Sessanta, aveva cercato di infrangere la tradizione andando alla ricerca di quei segni che hanno trasformato la visione dell’arte e del mondo. Il suo sguardo si era appuntato sulle opere del gruppo dei vorticisti inglesi che, attraverso la rivista “Blast”, a metà degli anni dieci del Novecento, rivoluziona con audacia travolgente le forme artistiche del passato.
Tornando all’oggi, vero e proprio deus ex machina di questa impresa titanica per numero e varietà dei lavori esposti, è Ester Coen, curatore scientifico dell’esposizione. Coen ha selezionato oltre 200 opere tra lavori del movimento futurista che portano la firma di Giacomo Balla, Gino Severini, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Fortunato Depero e dipinti vorticisti degli inglesi coevi, come Percy Wyndham Lewis e Christopher Nevinson.
La scintilla ha origine oltre cento anni fa. A fare da traît d’union tra Italia e Gran Bretagna, due mondi così diversi eppure così dinamici in quel particolare momento storico, era stato un personaggio di primo piano: il poeta Filippo Tommaso Marinetti. Nel 1914 “la caffeina d’Europa” aveva dato alle stampe il manifesto Vital English Art firmato insieme al pittore inglese Christopher Nevinson. “Io sono un poeta futurista italiano che ama appassionatamente l’Inghilterra” scriveva Marinetti. “Voglio guarire l’arte inglese dalla più grave delle malattie: il passatismo. Ho quindi tutti i diritti di parlare ad alta voce e senza perifrasi e di dare con il mio amico Nevinson, pittore futurista inglese, il segnale della lotta.”
Intellettuale di avanguardia, proveniente da un milieu internazionale (Marinetti era nato in Egitto da famiglia italiana e aveva frequentato le scuole francesi), il capofila del Futurismo combatte una vita intera contro il conservatorismo e i luoghi comuni, a favore di un movimento culturale e artistico rigeneratore, audace e rivoluzionario capace di guardare al futuro senza mai perdere di vista l’obiettivo di esportare nel mondo la sua magnifica creatura non convenzionale.
Parole che erano musica alle orecchie degli inglesi che probabilmente hanno sempre avuto nel loro DNA il germe della modernità che riemerge a tratti nella storia. Gli inglesi infatti non tardano a capire il significato di quelle parole e ne fanno subito tesoro.
“Studiando gli archivi è emerso che nei momenti cruciali della storia, Liberty è entrata nella vita, ha cercato di cogliere il battito di quanto accadeva nel mondo, dando ascolto alle emozioni della gente” afferma Ester Coen. “È penetrata nella realtà, attraverso le sue linee e i suoi colori, con una carica di speranza sfidando la stessa simbologia floreale da sempre associata al suo marchio. Reagendo alla fredda, meccanica industrializzazione prima, e poi a un mondo plumbeo quando uscire dalle tenebre e dall’orrore della Seconda Guerra era un atto imperativo di responsabilità, Liberty scagliava un messaggio di nuova forza. Attingere alle fonti di quella storia di rotture e creazioni, alle forme e alle espressioni delle avanguardie storiche, a quei movimenti – il Futurismo e il Vorticismo – che hanno infuso una carica di eccezionale vitalità per allontanarsi da un passato sfibrato e senza risonanza, è stata l’ispirazione più radicale e innovatrice.”
Era l’ultimo decennio dell’Ottocento, quando Mister Arthur Lasenby Liberty trasforma il suo emporio di oggetti esotici in una fantastica avventura di rivoluzione nel design e nella società. L’artigianato si fa arte, entra nelle case borghesi e nell’immaginario della gente.
Punto di partenza di questo racconto suggestivo è la città di Milano, perno di una mostra che si polarizza intorno a due musei ma che si estende alla città intera, sempre aperta alle nuove tendenze e che in particolare del Liberty ne ha fatto uno stile alla moda, nell’architettura e nelle arti decorative.
“Milano ama lo stile Liberty senza magari ricordare neanche più che il nome deriva da un’impresa, l’impresa di Mr. Liberty.” afferma Gianfranco Maraniello, direttore del Museo del Novecento. “In collaborazione con Liberty London, azienda ancora attiva, la mostra ripercorre una storia straordinaria che ha inizio nel primo Novecento e giunge all’attualità più stretta, passando da momenti diversi e innovativi come quelli della pop culture degli anni Sessanta, attraversando figure di grandi maestri, di grandi artisti ma anche di cantanti pop come David Bowie. FuturLiberty è una mostra che obbliga a conoscere la città, a viaggiare e a muoversi, e a costruirsi un apparato visivo per ritrovare il Liberty continuamente: nelle abitazioni, negli edifici della città, nelle architetture, in sostanza a riscoprire chi siamo.”
Milano, dove risiedeva abitualmente Marinetti (una targa all’angolo tra corso Venezia e via Senato ricorda dove fu l’abitazione/redazione del poeta), è anche la città che oggi ospita la più importante galleria espositiva dedicata al Futurismo in un museo del mondo, il Museo del Novecento.
Le due anime dell’esposizione si rivelano al visitatore un po’ alla volta. “Al Museo del Novecento ho voluto rappresentare il dialogo tra le due avanguardie, Futurismo e Vorticismo, in un momento storico molto importante, cioè negli anni che precedono lo scoppio della Prima Guerra mondiale, carichi di energia e di un’importantissima, fondamentale e straordinaria proiezione verso il futuro” continua Ester Coen.
“A Palazzo Morando ci sono soprattutto opere che mostrano il rapporto con la vita quotidiana, cioè come gli artisti si sono proiettati a immaginare una vita più briosa, più allegra, più vivace come fece ad esempio Giacomo Balla. L'esposizione evidenzia il rapporto fecondo tra l’azienda inglese di tessuti e il mondo artistico, cadenzato in tre momenti: il primo sottolinea il legame tra Liberty e William Morris e gli Arts & Crafts, il secondo momento nato dalla collaborazione con Bernard Nevill negli corso degli anni Settanta, ai tempi della Swinging London quando David Bowie indossò un abito realizzato con i tessuti Liberty, e il terzo momento con Federico Forquet e la sua collezione di nuovi tessuti ispirati al Futurismo. Per questo ci sono tante opere di Giacomo Balla e di Depero”.
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