I Salimbeni a Urbino

Salimbeni
 

18/10/2001

È Urbino, splendido teatro del Rinascimento italiano, a conservare il massimo capolavoro pittorico dei fratelli Salimbeni, campioni incontrastati, assieme a Gentile da Fabriano e Pisanello, della stagione del gotico internazionale in Italia. Nell’Oratorio di San Giovanni Battista infatti si può ammirare il ciclo di affreschi che rappresenta l’esito più alto nell’arte dei due artisti di San Severino: qui, rispetto alle opere eseguite nella loro città natale e a San Ginesio, il linguaggio si è fatto più scaltrito dal lato tecnico sottolineando pezzi di bravura prospettica e finezza cromatica che a loro volta esaltano il valore di una fantasia inesauribile nel proporre scene, costumi, espressioni di un mondo variopinto e composito. Nella grandiosa “Crocifissione”, che occupa tutta la parete di fondo dell’Oratorio, la composizione pur essendo nel suo complesso unitaria, si frantuma in un microcosmo di singoli episodi dove la realtà umana si riconosce nella moltitudine di stati d’animo che accompagnano la Passione di Nostro Signore. Possiamo ammirare le strazianti espressioni di chi piange così come le smorfie di chi ride o conversa rimanendo indifferente alla tragedia in primo piano: tutto conduce lo spettatore innanzi ad un dramma divino che affonda però le sue radici in una realtà terrena, una realtà viva palpitante, splendida testimonianza di un mondo lontano nel tempo eppur ancora così fortemente tangibile nella sua quotidianità, qui ritratta fin nei più orridi e macabri particolari come i cadaveri dei due ladroni ancora appesi alla croce. È copiosa la letterartura artistica cui ha attinto Lorenzo, il maggiore dei due fratelli, per la realizzazione di questi macabri soggetti: sicuramente non gli saranno sfuggite le scene drammatiche di Giovanni da Modena in San Petronio a Bologna o i trecenteschi cadaveri eseguiti da Buffalmacco negli affreschi del Camposanto di Pisa fino ad arrivare a quegli splendidi esemplari di danze macabre che in quegli anni costellavano le opere pittoriche e le miniature delle più prestigiose corti europee, in special modo francesi. Per irtornare al ciclo di Urbino occorre ricordare che gli affreschi non si esauriscono nella seppur splendida “Crocifissione”. Nella parete destra dell’ordine superiore le “Storie di San Giovanni Battista” si presentano all’occhio dell’osservatore come un racconto più rasserenato e pacato rispetto al vigore tumultuoso della “Crocifissione”. Il discorso diviene più intimo e il tono si abbandona a cadenze liriche, molto vicine ai modelli fiabeschi dell’Europa cortigiana del basso medioevo. Tutto ciò va comunque ricondotto a quello spirito di osservazione acuta dei dati reali che fortemente connota anche le scene della “Crocifissione”. Si tratta pur sempre brani di vita quotidiana accuratamente dettagliati, lontani certo da un grossolano sapore popolare, ma pur sempre fedele specchio di una provincia borghese lontana nei secoli e vicina nelle sue millenarie abitudini. Questo è riscontrabile soprattutto nei quattro riquadri dell’ordine inferiore del muro dell’oratorio. Nella scena del “Battesimo di Gesù” gli astanti borghesi indossano costumi e cappelli alla moda, conducendo l'osservatore al gusto del tempo. Nel “Battesimo dei neofiti” figure appena abbozzate nell’atto di versare boccali di vino fotografano un momento di vita reale. Ma accanto a tutto ciò è il sapore di fiaba cortese a non abbandonarci mentre rapiti ci immergiamo in questi splendidi capolavori del primo Quattrocento italiano: il preziosismo dei particolari, l’abbagliare dei colori, la levità di alcune figure sembrano controbilanciare il naturalismo, a volte esacerbato, di alcuni soggetti. Naturalismo che la critica da sempre attribuisce alla mano di Jacopo, il più giovane dei due fratelli, lasciando a Lorenzo la paternità dell’invenzione e la regia dell’esecuzione. Tutto insomma è sospeso fra medioevo cortigiano e cronaca reale, dove i fratelli Salimbeni sembrano essersi trovati a loro agio, cantori di un’epoca remota di cui la provincia marchigiana serba ancora un preziosissimo ricordo.

 
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