I TRE ARTISTI DELLA SECESSIONE
Klimt Kokoschka Schiele
25/02/2004
Le strade dell’arte portano a Roma: 120 opere tra oli, acquerelli e disegni provenienti da da Giappone, America, Europa e Australia, hanno raggiunto il Complesso del Vittoriano, proprio nel cuore dell’antichità imperiale, per la mostra “Klimt, Kokoschka, Schiele: dall'Art-Nouveau all'Espressionismo”.
Per la curatrice Jane Kallir, cui si deve il catalogo ragionato di Egon Schiele, (il nonno della studiosa, Otto Kallir, fu uno degli scopritori dell’artista austriaco), si tratta di un evento, che esalta il processo culturale di scambio legato alla globalizzazione:
“In un periodo come quello attuale in cui spesso si critica la globalizzazione, questa mostra, che vede opere provenienti letteralmente da tutto il mondo, ne evidenzia un grande pregio: la possibilità di condividere il sapere e i capolavori che appartengono all’umanità intera. Da notare che, oggi, una mostra sull’arte austriaca, con una curatrice newyrokese, si svolge in una città come Roma.” A dire il vero, la globalizzazione ha anche i suoi paradossi, se pensiamo alle “Tre età della donna” proprietà della Galleria nazionale d’arte moderna, situata a pochi chilometri dal Vittoriano, il cui prestito è stato molto più faticoso che non quello di opere provenienti dal Giappone o dal Canada.
E’ certo che gli eventi dell’11 settembre ostacoleranno non poco la circolazione internazionale di opere, e che quindi sarà sempre più difficile vedere mostre come quella del Vittoriano, che solo grazie alla dedizione di Jane Kallir, (già poche ore dopo l’attentato al lavoro per garantire i prestiti americani), è stata regolarmente inaugurata il 5 ottobre. Addirittura due opere del Metropolitan Museum di New York sono arrivate a destinazione il giorno stesso dell’apertura.
Klimt, Kokoschka, Schiele, rappresentano forse i tre artisti più emblematici dell’epoca della Secessione viennese. Le opere in mostra si propongono di restituire alcuni tratti di quella città viva e splendente, colta e raffinata, ma anche decadente, che era la Vienna di fine secolo. La città di Freud, di Schnitzler, del tramonto storico del vecchio Impero austro-ungarico, delle ricerche filosofiche di Wittgenstein e della musica di Mahler e Schönberg.
L’epoca imperiale se ne va, e, con la sua sensibilità, Klimt rappresenta pallide figure femminili di malinconica bellezza, intarsiate in un mosaico d’oro, cobalto e dettagli ornamentali, quasi a voler riempire in modo barocco il vuoto che si apre sotto la piatta superficie della sfarzosa società viennese. Kokoschka e Schiele invece, hanno dipinto e disegnato con più irrequietezza, con l’energia psichica concentrata nei forti segni così lontani dalle morbidezze Art Nouveau, sebbene per entrambi Gustav Klimt sia stato un grande maestro. Per Jane Kallir “questi tre artisti, senza saperlo, hanno anticipato un periodo di grandi cambiamenti, costituendo un ponte tra il diciannovesimo secolo e la modernità del ventesimo”. Comune ai tre vi è il malessere, quella crisi d’identità caratterizzante il Novecento, incanalato nell’espressionismo di Schiele e Kokoschka, Klimt fa emergere di meno questo disagio, ne pervade alcune opere ad esempio la splendida "Nuda Veritas" (1899) che, secondo la Kallir, può essere letta come manifesto della ricerca artistica dei tre.
“Lo specchio che la Nuda Veritas tiene in mano è rivolto verso la società viennese contemporanea, ed invita a guardare se stessi, ad essere onesti, così come lo sono gli artisti nel tentativo di rappresentare la realtà”. Sopra la disarmante nudità della dea, il messaggio, dipinto, di Schiller: “Se non puoi piacere a molti con le tue azioni e la tua arte, accontentati di piacere a pochi. Piacere a molti è male”.
Forti di questo monito, Schiele e Kokoschka scavano la materia umana in cerca della nuda veritas, spogliando le figure di ogni ornamento, di ogni dettaglio circostante. I disegni e gli acquarelli esposti ci mostrano l’essenzialità della loro arte; Schiele arriverà ad una linea sintetica, carica, densa di significato, mentre in Kokoschka essa sarà addirittura tormentata, così come forti, stridenti, violenti saranno i colori. Gli oli di Schiele presenti, come la “Barca da pesca a Trieste” (1912), i “Girasoli” (1911), o il “Ritratto dell’editore Eduard Kosmack” (1910), sembrano invece raccogliere l’eredità del maestro Klimt, e risentire del decorativisimo della Secessione. Sono anche gli anni in cui Schiele si avvia alla maturazione artistica, con una maggiore padronanza dei colori a olio e una più specifica ricerca di effetti grafici e compositivi.
I capolavori di Klimt presenti al Vittoriano lasciano senza fiato: “Giuditta 1 “(1901), “Cacciatrice di uomini”, “Le Tre età della donna” (1905) con il disegno preparatorio, “Speranza I “(1903) proveniente da Ottawa, “Adamo ed Eva” (1917-18), uno dei dipinti ritrovati incompiuti nell’atelier dell’artista al momento della sua morte. Accanto ad essi, molte altre opere di qualità, tra oli e disegni (straordinaria la tarda serie di nudi femminili che apre l’esibizione). Un’occasione unica di conoscere l’opera klimtiana in modo approfondito.
Klimt, Kokoschka, Schiele: dall’Art Nouveau all’Espressionismo
Dal 6 ottobre 2001 al 3 febbraio 2002 Roma, Complesso del Vittoriano
Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali)
6 ottobre 2001 - 3 febbraio 2002
Orario: dal lunedì al giovedì 9.30 -19.30; venerdì e sabato 9.30 - 23.30; domenica 9.30 - 20.30
Costo del biglietto: £ 16.000 intero; £ 11.000 ridotto
Per informazioni: tel. 06/6780664
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