Il Cinquecento lombardo

Courtesy of Palazzo Marino, Milano |
Sant'Ambrogio a cavallo scaccia gli ariani
26/02/2004
E’ questo il titolo di un’interessante esposizione che a Milano ricostruisce il corso della pittura lombarda dalle prove dello “scienziato” Leonardo, transfuga dalla natia Toscana alla fine del Quattrocento, al milanese Caravaggio, esule volontario in terra pontificia allo scadere del secolo successivo.
Scopo della mostra "Il Cinquecento lombardo" è quello di sottolineare la centralità storica di una tradizione figurativa, quella lombarda appunto, per secoli apparsa provinciale, schiacciata dalla grandezza di Roma e Venezia, e recuperata finalmente al ruolo di co-protagonista.
Secondo la convincente tesi sostenuta dal curatore Flavio Caroli l’attitudine introspettiva della pittura lombarda, nata a Milano con la teoria dei “moti dell’animo” di Leonardo (del quale è esposto uno straordinario busto in terracotta di Cristo fanciullo), si tradusse nelle generazioni successive in una cultura di verità psicologica che non ebbe riscontri nelle altre capitali artistiche e che costituisce, a guardarla con gli occhi del presente, il cuore pulsante della ricerca dell’intera civiltà figurativa occidentale.
Tra le opere esposte emergono quelle di Moroni, di Savoldo, di Romanino e di Lotto, delle quali è protagonista un’umanità a tratti melanconica e a tratti sguaiata, più spesso disperata o fiera; senza di esse non sarebbe esistito Caravaggio che su quegli esempi, tra Brescia e Bergamo, si formò, imparando a non scollare gli occhi di dosso dal dato reale, sua costante e imprescindibile fonte d’ispirazione.
A Milano, Palazzo Reale, fino al 25 febbraio 2001.
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