“In Treatment” finalmente in Italia
26/09/2008
Finalmente!
E’ proprio il caso di dirlo, perché “In Treatment”, questo il nome della serie, non è soltanto una delle tante novità che ogni anno ci vengono proposte, ma rappresenta un caso televisivo che negli USA ha completamente stravolto i canoni delle grandi serie TV (grandi cast, grandi location, grandi soldi), riscuotendo un successo incredibile.
Lo show ha come protagonista un terapista, Paul Weston (Gabriel Byrne), che, praticamente senza mai uscire dal suo studio, analizza i suoi pazienti in maniera assolutamente ciclica. E infatti, il lunedì riceve Laura (Melissa George), una donna con problemi affettivi che si è disperatamente innamorata di lui; il martedì Alex (Blair Underwood), un pilota della Marina americana che ha ucciso sedici bambini lanciando una bomba su una scuola mentre era in missione in Iraq; il mercoledì è la volta di Sophie (Mia Wasikowska,) una giovane ginnasta con tendenze suicide; il giovedì tocca poi a Jake e Amy (Josh Charles ed Embeth Davidtz), una coppia che non sa se abortire o meno ed infine, il venerdì, è lo stesso Paul a ricoprire le vesti del paziente in cura dalla collega Gina (Dianne West).
La serie è studiata per invogliare sempre di più lo spettatore a seguirla quotidianamente e, infatti, va in onda cinque giorni a settimana, in modo tale da far coincidere il tempo della serie con quello del pubblico. Non solo: la durata delle puntatesedute è di 25 minuti e se a questo aggiungiamo una sceneggiatura superlativa che riesce a tratteggiare i personaggi in maniera tanto approfondita, lo spettatore non potrà fare a meno di proseguire la visione.
“In Treatment” è il remake di un altro prodotto, “Be’Tipul”, e proprio come la serie israeliana che riadatta, si propone come specchio di una società tormentata e in difficoltà, continuamente divisa tra memorie difficili da seppellire e un futuro tutto da ripensare. L’assenza quasi assoluta dell’azione, del contatto fisico e persino della colonna sonora contribuisce ancor di più all’unicità e alla teatralità dell’opera, che si pone come arduo obiettivo l’infinita comprensione della psiche umana.
“In Treatment” ha debuttato in Italia il 22 settembre alle 21:00 sul canale Cult (142 di Sky) che punta naturalmente tantissimo su questo show per inaugurare la stagione televisiva.
E’ proprio il caso di dirlo, perché “In Treatment”, questo il nome della serie, non è soltanto una delle tante novità che ogni anno ci vengono proposte, ma rappresenta un caso televisivo che negli USA ha completamente stravolto i canoni delle grandi serie TV (grandi cast, grandi location, grandi soldi), riscuotendo un successo incredibile.
Lo show ha come protagonista un terapista, Paul Weston (Gabriel Byrne), che, praticamente senza mai uscire dal suo studio, analizza i suoi pazienti in maniera assolutamente ciclica. E infatti, il lunedì riceve Laura (Melissa George), una donna con problemi affettivi che si è disperatamente innamorata di lui; il martedì Alex (Blair Underwood), un pilota della Marina americana che ha ucciso sedici bambini lanciando una bomba su una scuola mentre era in missione in Iraq; il mercoledì è la volta di Sophie (Mia Wasikowska,) una giovane ginnasta con tendenze suicide; il giovedì tocca poi a Jake e Amy (Josh Charles ed Embeth Davidtz), una coppia che non sa se abortire o meno ed infine, il venerdì, è lo stesso Paul a ricoprire le vesti del paziente in cura dalla collega Gina (Dianne West).
La serie è studiata per invogliare sempre di più lo spettatore a seguirla quotidianamente e, infatti, va in onda cinque giorni a settimana, in modo tale da far coincidere il tempo della serie con quello del pubblico. Non solo: la durata delle puntatesedute è di 25 minuti e se a questo aggiungiamo una sceneggiatura superlativa che riesce a tratteggiare i personaggi in maniera tanto approfondita, lo spettatore non potrà fare a meno di proseguire la visione.
“In Treatment” è il remake di un altro prodotto, “Be’Tipul”, e proprio come la serie israeliana che riadatta, si propone come specchio di una società tormentata e in difficoltà, continuamente divisa tra memorie difficili da seppellire e un futuro tutto da ripensare. L’assenza quasi assoluta dell’azione, del contatto fisico e persino della colonna sonora contribuisce ancor di più all’unicità e alla teatralità dell’opera, che si pone come arduo obiettivo l’infinita comprensione della psiche umana.
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