Le stanze di Airo'
courtesy © Attilio Maranzano |
Ezra in my mind
26/02/2004
Mario Airò, da sempre, mette in scena piccole, intime cosmogonie, per ricreare, nello spazio della sua immaginazione, una perfetta sintonia tra l’uomo e la natura.
La mostra personale alla Galleria Civica di Torino, dal titolo “La stanza dove Marsilio sognava di dormire... e altri racconti” è un’occasione per introdurci nell’universo mentale dell’artista e per farci riflettere su alcune tematiche legate all’arte contemporanea.
In “La stanza dove Marsilio sognava di dormire” c’è un prezioso scrittoio rinascimentale in legno, un materasso con bianche lenzuola di lino sotto alte colonne di plexiglass a formare un moderno baldacchino. Su questo appoggia un cielo trasparente con tracce di cerchi concentrici che rimandano ai Mandala delle culture orientali e alludono ai processi di identificazione del sé nella psicologia del profondo. La stanza, all’interno di una sala con grandi finestre che affacciano su un grande giardino, ha un pavimento verde che unifica gli elementi inseriti dando unità e armonia e diventando, in tal modo, l’immagine di un ritrovato rapporto tra l’uomo e il cosmo.
L’altra sala dal titolo “Una stanza per il compositore Danilo Cherni” è divisa in tre parti: ai due lati diapositive proiettate per terra descrivono crateri lunari, al centro un acquario con piccoli pesci azzurri consente la visione in trasparenza di una stanza. In questa c’è una scrivania sulla quale sono poggiati strumenti per studiare le stelle o i paesaggi planetari proiettati sulla parete. La stanza è anche teatro talvolta per una performance musicale di alcuni musicisti elettronici del Conservatorio di Torino. Airò ha creato un ambiente tra naturale e artificiale utilizzando sofisticate tecnologie e oggetti di uso comune.
Il tema della sintonia tra l’uomo e il cosmo gli viene dagli insegnamenti accademici di Luciano Fabro, uno dei protagonisti dell’Arte Povera. Da Fabro gli viene ancora il tema della riflessione sul ruolo dell’artista come quello della riflessione sui meccanismi di costruzione del lavoro artistico.
E’ interessante riprendere alcune frasi dalle lezioni che Fabro tenne nell’88 dal titolo “Arte torna Arte” e che miravano a porre lo studente di fronte ai problemi del mondo dell’arte, prima ancora che al problema di come fare una scultura, un quadro, un oggetto. Come sostiene Fabro “tutto quello che è passato attraverso le esperienze artistiche ora è passato alla televisione, alla decorazione delle vetrine, ai giornali, alla pubblicità... Tutto questo fa ridefinire ogni giorno il ruolo dell’artista. Prima si diceva che questo ruolo era quello di ricreare un’armonia superiore e usare i vari mezzi tecnici per ottenerla. Ora anche i concetti di armonia e disarmonia sono caduti. Non è più in base ad una situazione armonica che si può giudicare una operazione estetica ma in base ad altri parametri... L’armonia, inoltre, era legata alla forma, alla ricerca formale. Ci sono stati però periodi di grande sintesi formale e altri di totale antiformalismo”. Fabro centra il problema di fronte al quale si pone il giovane che inizia a lavorare. “Non si tratta di dove mettere un chiodo o un quadratino. Il problema è esistenziale”.
Da questo profondo insegnamento nasce la poetica di Airò. Egli parla, infatti, del mondo e della capacità dell’artista di ricostruire, con le immagini, un rapporto con esso. Per fare ciò si serve del frammento, della citazione, della memoria e in tal senso attinge ad un archivio infinito di materiali diversi, arte, cinema, letteratura, cultura popolare, per riproporre un suo personalissimo linguaggio. Nel suo discorso Airò scopre i meccanismi interni con cui è arrivato a definire un’immagine, servendosi della lezione strutturalista e proponendo una poetica di tipo neoconcettuale o oggettuale. Diversamente da altri suoi contemporanei interessati ad interrogarsi sui meccanismi di fruizione dell’opera si distingue per la capacità di utilizzare liberamente il materiale di partenza e per quella di costituire immagini intrise di potente lirismo.
Il dibattito contemporaneo riflette sulla molteplicità delle informazioni, dei modelli, delle idee che ci vengono proposte e con le quali dobbiamo fare i conti nel costituire le nostre convinzioni, l’arte stessa si trova a riflettere sul suo ruolo di formulazione di immagini e sul suo stare, oggi, in una zona di confine con le altre discipline. Airò mostra di credere nel suo lavoro di artista ed elabora una visione precisa, suadente, esplicita capace di suggerire nuovi modi di rapportarsi al mondo. La sua poetica rimanda, con leggerezza, ad una stratificazione culturale complessa che si infiltra e trapela nei suoi ambienti che spesso appaiono indeterminati e vaghi.
Ritorniamo alla mostra della Galleria Civica di Torino. Ha realizzato ambienti di grande impatto visivo, associati a titoli dalle implicazioni letterarie, con un’atmosfera vicina alle più recenti filosofie che spiazzano il fruitore per la leggerezza, la libertà e l’armonia che trapela dalle numerose associazioni linguistiche e oggettuali e che rivelano i segni inconfondibili di profonde radici italiane, quelle della cultura classica rivissuta ed elaborata in modo nuovo e profondamente innovativo.
Informazioni:
Fino al 16 aprile 2001
Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta 31, Torino
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