Nuova tappa per il progetto di valorizzazione del patrimonio artistico regionale
Mostrare le Marche: i gioielli segreti di Fermo
Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli
Francesca Grego
25/07/2018
Per conoscere nuova bellezza non è sempre necessario andare lontano. A volte basta arrampicarsi su un colle e scoprire, tra vicoli angusti, tesori degni di un museo metropolitano.
Siamo a Fermo, nel cuore delle Marche, un labirinto di mattoncini d’argilla di fiume e palazzi di un pregio inatteso. A Est l’azzurro del mare (che dista solo sette chilometri), a Ovest i dolci pendii dell’Italia centrale: dal balcone di casa o da uno dei numerosi affacci panoramici, il paesaggio è parte della città. Come la storia, che ha lasciato le sue tracce più evidenti nelle pietre del corso principale, tra i bei loggiati di Piazza del Popolo o sulla Rocca del Girfalco, un luogo quasi mitico che custodisce memorie millenarie.
Panoramica aerea di Fermo
Dopo il trauma - e i danni non trascurabili - dei sismi del 2016, Fermo riparte dall’arte e scommette sul futuro con un evento espositivo di grande valore.
Tutto in una mostra? Assolutamente no: una passeggiata tra le sue strade e i suoi monumenti è un affascinante viaggio nel tempo lungo circa 20 secoli.
Ecco le tappe da non perdere.
Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli. Chiesa di San Filippo
Cuore del programma culturale dell’estate 2018, la mostra allestita nella chiesa barocca di San Filippo ci regala uno scorcio su un periodo d’oro per l’arte del territorio: i tempi della Signoria di Francesco Sforza e di suo fratello Alessandro, durata poco più di 10 anni (1434-1445), che tra guerre e intrighi per il potere trovarono il tempo di convocare a Fermo i migliori pittori dell’Umbria e della Dalmazia veneziana. Obiettivo: trasformare con mirabili affreschi la Rocca del Girfalco in una reggia degna di competere con le corti più sfarzose dell’Italia centrale.
Delle opere decantate dai cronisti dell’epoca nulla è rimasto: inferocito da tasse e leva obbligatoria, il popolo in rivolta rase al suolo il simbolo di un potere vessatorio. Ma intanto a Fermo era iniziato il cosiddetto Pseudo Rinascimento: dietro lo stimolo dei maestri venuti da lontano, le arti fiorivano e nuovi talenti locali si facevano strada.
I frutti di questa stagione luminosa e controversa sono oggi riuniti nella mostra Il Quattrocento a Fermo, a cura di Alessandro Marchi e Giulia Spina: magnifiche pale d’altare, cornici che sembrano merletti, teorie di Santi e Madonne incastonate nello splendore eterno dell’oro, pagine miniate di rara bellezza si alternano lungo il percorso.
Non è il Rinascimento umanista di Roma e di Firenze: è un rigoglio di linee gotiche e raffinato decorativismo sospeso ancora tra cielo e terra, in cui gesti, figure, volumi scrivono una storia dell’arte parallela.
È davvero difficile scegliere l’opera più bella, tra il costosissimo Polittico di Massa Fermana di Carlo Crivelli, che cita la Pala di San Zeno di Mantegna, e la movimentata Battaglia di Sant’Andrea, in cui Nicola di Ulisse da Siena narra la storia locale con dettagli incredibilmente vividi; tra l’affresco della Madonna che allatta di Pierpalma da Fermo e l’elegante dittico devozionale di Andrea Delitio.
Senza contare le miniature del Messale de Firmonibus o la Madonna con il Bambino, San Sebastiano e San Biagio di Fra’ Marino Angeli, che rielabora con grazia l’eredità di Gentile da Fabriano e dona alla Madre di Dio un volto intenso, quasi reale. O, ancora, un’altra Vergine, quella dolcissima di Vittore Crivelli, il cui mantello finemente ricamato esprime bene la ricchezza delle arti decorative dell’epoca.
A questo proposito, è interessante notare come i nuovi artisti portino nelle Marche una notevole varietà di tecniche: la pittura su foglia d’oro o su incisione, l’arte sopraffina dell’intaglio dei Crivelli, la cartapesta dalla bottega fiorentina di Antonio Rossellino convivono con le terrecotte invetriate dei Della Robbia e con le maioliche, destinate a farsi protagoniste di una delle più fiorenti manifatture locali, di cui fu committente anche il re d’Ungheria Mattia Corvino.
La mostra, visitabile fino al 2 settembre, fa parte del più vasto progetto “Mostrare le Marche”, che attraverso eventi espositivi di alto profilo promuove la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della regione come fondamentale momento di rinascita dopo i sismi del 2016.
Radici d’acqua: le cisterne romane
Ma la storia di Fermo è ben più antica. Ricca di acque e alta quanto basta per dominare terre e mare, la Collina del Girfalco attrasse prima i Piceni e poi i Romani.
Sono questi ultimi ad averci lasciato un’opera che suscita grande stupore: una cisterna sotterranea di 2200 metri quadrati, suddivisa in ben 30 ambienti e risalente al periodo augusteo, che ha preceduto quindi di circa 400 anni la celebre Cisterna Sommersa di Istanbul. Percorrere i suoi labirinti di mattoncini e opus caementicium è un’esperienza di notevole suggestione, che nell’autunno 2017 ha ispirato la prima Escape Room ipogea realizzata in un sito archeologico italiano.
Nel ventre della terra, i vecchi canali accolgono ancora rivoli d’acqua piovana, nonostante il sistema di distribuzione di un tempo non sia più in funzione: oltre al respiro della storia, ciò che colpisce è l’aria salubre e l’assenza di muffe, merito della tecnica sopraffina dei Romani.
Le cisterne romane di Fermo | Foto: © D. Maiani
Sul colle del Girfalco. Le metamorfosi del Duomo
Avanzando lungo un ideale viaggio nel tempo, è impossibile non toccare la Cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo, che guarda il mare e le colline dalla Piazza del Girfalco.
Qui si osserva con chiarezza la stratificazione di stili che si sono avvicendati nel corso dei secoli. Dalla bellissima facciata gotica in pietra d’Istria (1227) del Duomo si accede a un atrio che conserva l’originario aspetto medievale, oltre a pregevoli affreschi del XIV secolo e al monumento funebre del Signore di Fermo Giovanni Visconti d’Oleggio. Pochi passi più in là l’atmosfera cambia del tutto, lasciando spazio a luminose navate ricostruite ex novo nel Settecento.
Adiacente al Duomo, il Museo Diocesano è uno scrigno di tesori sorprendenti: dalla preziosa casula di tessitura moresca appartenuta a Thomas Becket (1100) alle mirabili pagine istoriate del Messale de Firmonibus.
Incanto gotico. L’Oratorio di Santa Monica
Per ammirare un luogo storico nelle atmosfere originarie, nulla di meglio di una visita all’Oratorio di Santa Monica. Di origine quattrocentesca, l’edificio conserva uno dei più importanti esempi di pittura gotica esistenti nelle Marche: uno straordinario ciclo di affreschi da poco restaurato, che narra le storie dei santi in figure e stilemi simili a quelli del Messale Romano di Lorenzo Salimbeni visto nella mostra. Ma ciò che impressiona di più sono i colori: per volontà dell’autore o in conseguenza di processi ossidativi, verdi, azzurri e rosa sono immersi in un alone violaceo che li rende inconfondibili.
Accanto all’Oratorio, la Chiesa di Sant’Agostino custodisce la Sacra Spina appartenuta alla croce di Cristo in un reliquiario che è un gioiello di oreficeria.
Piazza del Popolo: dove la storia pulsa
Cuore dell’abitato di Fermo è la scenografica e vivace Piazza del Popolo, che ogni giovedì di luglio e agosto si riempie di gente per il mercatino dell’antiquariato.
I palazzi che le danno forma sono un compendio della storia della città: il bel Loggiato di San Rocco, la storica Biblioteca “Romolo Spezioli” - che dispone di migliaia di volumi, codici antichi, opere grafiche, spartiti musicali, microfilm, nonché di un superbo affaccio sulla piazza - e il Palazzo dei Priori.
Oltre la statua di papa Sisto V e la facciata cinquecentesca, probabilmente opera del Sansovino, questo edificio medievale racchiude in sé una varietà di sorprese: i dipinti della Pinacoteca Civica e i reperti piceni del Museo Archeologico, ma anche un’interessante galleria di ritratti della Serie Gioviana e, soprattutto, la Sala del Mappamondo, dove tra interi scaffali di libri d’epoca troneggia un globo settecentesco del diametro di due metri.
Attualmente in corso di restauro dopo i danni dei terremoti del 2016, il Palazzo dei Priori sarà di nuovo accessibile nei prossimi mesi.
Piazza del Popolo, Fermo | Foto: Ian Parkes from Buxton, United Kingdom, via Wikimedia Creative Commons
Nel regno di Rossini. Il Teatro dell’Aquila
Percorrendo Via Mazzini, è raro che qualcuno immagini di trovarsi nelle vicinanze di uno dei più imponenti teatri settecenteschi dell’Italia centrale. Non c’è infatti nessuna facciata monumentale a segnalare l’ingresso al Teatro dell’Aquila, gioiello storico ancora nel pieno delle sue funzioni.
Progettato dall’architetto pontificio Cosimo Morelli - l’autore delle modifiche alla Cattedrale - tra la platea e i palchi splendenti di stucchi può accogliere oltre 800 spettatori. Dall’alto del soffitto affrescato, gli Dei, le Tre Grazie e le Ore danzanti approvano il gesto di Armonia, che sul sipario consegna la cetra al genio del luogo.
Il vasto palcoscenico e l’acustica perfetta rendono il Teatro dell’Aquila particolarmente adatto agli spettacoli di lirica. Oggetto della passione del pubblico fermano è stato infatti per lungo tempo Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini - marchigiano di Pesaro - andato in scena in una serie pressoché infinita di repliche.
Oggi accanto all’opera il teatro ospita concerti, spettacoli di prosa e di danza.
Il palco del Teatro dell'Aquila di Fermo
Vedi anche:
• FOTO: I Pittori della Fortezza del Girfalco • Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli
• Milleduecento: civiltà figurativa tra Umbria e Marche al tramonto del Romanico
• Cola dell’Amatrice fra Pinturicchio e Raffaello
Siamo a Fermo, nel cuore delle Marche, un labirinto di mattoncini d’argilla di fiume e palazzi di un pregio inatteso. A Est l’azzurro del mare (che dista solo sette chilometri), a Ovest i dolci pendii dell’Italia centrale: dal balcone di casa o da uno dei numerosi affacci panoramici, il paesaggio è parte della città. Come la storia, che ha lasciato le sue tracce più evidenti nelle pietre del corso principale, tra i bei loggiati di Piazza del Popolo o sulla Rocca del Girfalco, un luogo quasi mitico che custodisce memorie millenarie.
Panoramica aerea di Fermo
Dopo il trauma - e i danni non trascurabili - dei sismi del 2016, Fermo riparte dall’arte e scommette sul futuro con un evento espositivo di grande valore.
Tutto in una mostra? Assolutamente no: una passeggiata tra le sue strade e i suoi monumenti è un affascinante viaggio nel tempo lungo circa 20 secoli.
Ecco le tappe da non perdere.
Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli. Chiesa di San Filippo
Cuore del programma culturale dell’estate 2018, la mostra allestita nella chiesa barocca di San Filippo ci regala uno scorcio su un periodo d’oro per l’arte del territorio: i tempi della Signoria di Francesco Sforza e di suo fratello Alessandro, durata poco più di 10 anni (1434-1445), che tra guerre e intrighi per il potere trovarono il tempo di convocare a Fermo i migliori pittori dell’Umbria e della Dalmazia veneziana. Obiettivo: trasformare con mirabili affreschi la Rocca del Girfalco in una reggia degna di competere con le corti più sfarzose dell’Italia centrale.
Delle opere decantate dai cronisti dell’epoca nulla è rimasto: inferocito da tasse e leva obbligatoria, il popolo in rivolta rase al suolo il simbolo di un potere vessatorio. Ma intanto a Fermo era iniziato il cosiddetto Pseudo Rinascimento: dietro lo stimolo dei maestri venuti da lontano, le arti fiorivano e nuovi talenti locali si facevano strada.
I frutti di questa stagione luminosa e controversa sono oggi riuniti nella mostra Il Quattrocento a Fermo, a cura di Alessandro Marchi e Giulia Spina: magnifiche pale d’altare, cornici che sembrano merletti, teorie di Santi e Madonne incastonate nello splendore eterno dell’oro, pagine miniate di rara bellezza si alternano lungo il percorso.
Non è il Rinascimento umanista di Roma e di Firenze: è un rigoglio di linee gotiche e raffinato decorativismo sospeso ancora tra cielo e terra, in cui gesti, figure, volumi scrivono una storia dell’arte parallela.
È davvero difficile scegliere l’opera più bella, tra il costosissimo Polittico di Massa Fermana di Carlo Crivelli, che cita la Pala di San Zeno di Mantegna, e la movimentata Battaglia di Sant’Andrea, in cui Nicola di Ulisse da Siena narra la storia locale con dettagli incredibilmente vividi; tra l’affresco della Madonna che allatta di Pierpalma da Fermo e l’elegante dittico devozionale di Andrea Delitio.
Senza contare le miniature del Messale de Firmonibus o la Madonna con il Bambino, San Sebastiano e San Biagio di Fra’ Marino Angeli, che rielabora con grazia l’eredità di Gentile da Fabriano e dona alla Madre di Dio un volto intenso, quasi reale. O, ancora, un’altra Vergine, quella dolcissima di Vittore Crivelli, il cui mantello finemente ricamato esprime bene la ricchezza delle arti decorative dell’epoca.
A questo proposito, è interessante notare come i nuovi artisti portino nelle Marche una notevole varietà di tecniche: la pittura su foglia d’oro o su incisione, l’arte sopraffina dell’intaglio dei Crivelli, la cartapesta dalla bottega fiorentina di Antonio Rossellino convivono con le terrecotte invetriate dei Della Robbia e con le maioliche, destinate a farsi protagoniste di una delle più fiorenti manifatture locali, di cui fu committente anche il re d’Ungheria Mattia Corvino.
La mostra, visitabile fino al 2 settembre, fa parte del più vasto progetto “Mostrare le Marche”, che attraverso eventi espositivi di alto profilo promuove la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale della regione come fondamentale momento di rinascita dopo i sismi del 2016.
Radici d’acqua: le cisterne romane
Ma la storia di Fermo è ben più antica. Ricca di acque e alta quanto basta per dominare terre e mare, la Collina del Girfalco attrasse prima i Piceni e poi i Romani.
Sono questi ultimi ad averci lasciato un’opera che suscita grande stupore: una cisterna sotterranea di 2200 metri quadrati, suddivisa in ben 30 ambienti e risalente al periodo augusteo, che ha preceduto quindi di circa 400 anni la celebre Cisterna Sommersa di Istanbul. Percorrere i suoi labirinti di mattoncini e opus caementicium è un’esperienza di notevole suggestione, che nell’autunno 2017 ha ispirato la prima Escape Room ipogea realizzata in un sito archeologico italiano.
Nel ventre della terra, i vecchi canali accolgono ancora rivoli d’acqua piovana, nonostante il sistema di distribuzione di un tempo non sia più in funzione: oltre al respiro della storia, ciò che colpisce è l’aria salubre e l’assenza di muffe, merito della tecnica sopraffina dei Romani.
Le cisterne romane di Fermo | Foto: © D. Maiani
Sul colle del Girfalco. Le metamorfosi del Duomo
Avanzando lungo un ideale viaggio nel tempo, è impossibile non toccare la Cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo, che guarda il mare e le colline dalla Piazza del Girfalco.
Qui si osserva con chiarezza la stratificazione di stili che si sono avvicendati nel corso dei secoli. Dalla bellissima facciata gotica in pietra d’Istria (1227) del Duomo si accede a un atrio che conserva l’originario aspetto medievale, oltre a pregevoli affreschi del XIV secolo e al monumento funebre del Signore di Fermo Giovanni Visconti d’Oleggio. Pochi passi più in là l’atmosfera cambia del tutto, lasciando spazio a luminose navate ricostruite ex novo nel Settecento.
Adiacente al Duomo, il Museo Diocesano è uno scrigno di tesori sorprendenti: dalla preziosa casula di tessitura moresca appartenuta a Thomas Becket (1100) alle mirabili pagine istoriate del Messale de Firmonibus.
Incanto gotico. L’Oratorio di Santa Monica
Per ammirare un luogo storico nelle atmosfere originarie, nulla di meglio di una visita all’Oratorio di Santa Monica. Di origine quattrocentesca, l’edificio conserva uno dei più importanti esempi di pittura gotica esistenti nelle Marche: uno straordinario ciclo di affreschi da poco restaurato, che narra le storie dei santi in figure e stilemi simili a quelli del Messale Romano di Lorenzo Salimbeni visto nella mostra. Ma ciò che impressiona di più sono i colori: per volontà dell’autore o in conseguenza di processi ossidativi, verdi, azzurri e rosa sono immersi in un alone violaceo che li rende inconfondibili.
Accanto all’Oratorio, la Chiesa di Sant’Agostino custodisce la Sacra Spina appartenuta alla croce di Cristo in un reliquiario che è un gioiello di oreficeria.
Piazza del Popolo: dove la storia pulsa
Cuore dell’abitato di Fermo è la scenografica e vivace Piazza del Popolo, che ogni giovedì di luglio e agosto si riempie di gente per il mercatino dell’antiquariato.
I palazzi che le danno forma sono un compendio della storia della città: il bel Loggiato di San Rocco, la storica Biblioteca “Romolo Spezioli” - che dispone di migliaia di volumi, codici antichi, opere grafiche, spartiti musicali, microfilm, nonché di un superbo affaccio sulla piazza - e il Palazzo dei Priori.
Oltre la statua di papa Sisto V e la facciata cinquecentesca, probabilmente opera del Sansovino, questo edificio medievale racchiude in sé una varietà di sorprese: i dipinti della Pinacoteca Civica e i reperti piceni del Museo Archeologico, ma anche un’interessante galleria di ritratti della Serie Gioviana e, soprattutto, la Sala del Mappamondo, dove tra interi scaffali di libri d’epoca troneggia un globo settecentesco del diametro di due metri.
Attualmente in corso di restauro dopo i danni dei terremoti del 2016, il Palazzo dei Priori sarà di nuovo accessibile nei prossimi mesi.
Piazza del Popolo, Fermo | Foto: Ian Parkes from Buxton, United Kingdom, via Wikimedia Creative Commons
Nel regno di Rossini. Il Teatro dell’Aquila
Percorrendo Via Mazzini, è raro che qualcuno immagini di trovarsi nelle vicinanze di uno dei più imponenti teatri settecenteschi dell’Italia centrale. Non c’è infatti nessuna facciata monumentale a segnalare l’ingresso al Teatro dell’Aquila, gioiello storico ancora nel pieno delle sue funzioni.
Progettato dall’architetto pontificio Cosimo Morelli - l’autore delle modifiche alla Cattedrale - tra la platea e i palchi splendenti di stucchi può accogliere oltre 800 spettatori. Dall’alto del soffitto affrescato, gli Dei, le Tre Grazie e le Ore danzanti approvano il gesto di Armonia, che sul sipario consegna la cetra al genio del luogo.
Il vasto palcoscenico e l’acustica perfetta rendono il Teatro dell’Aquila particolarmente adatto agli spettacoli di lirica. Oggetto della passione del pubblico fermano è stato infatti per lungo tempo Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini - marchigiano di Pesaro - andato in scena in una serie pressoché infinita di repliche.
Oggi accanto all’opera il teatro ospita concerti, spettacoli di prosa e di danza.
Il palco del Teatro dell'Aquila di Fermo
Vedi anche:
• FOTO: I Pittori della Fortezza del Girfalco • Il Quattrocento a Fermo. Tradizione e avanguardie da Nicola di Ulisse a Carlo Crivelli
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