Viaggiando tra i progetti

Il Café Reflets a Parigi
 

04/03/2004

Abbiamo provato a percorrere un itinerario ipertestuale dell’arte pubblica europea navigando attraverso la mappa di Transiteurope.org. Si parte dal Corviale, caso esemplare e molto discusso di pianificazione urbana a Roma. Un unico edificio lungo 958 metri che ospita circa 6000 abitanti e che per qualcuno assomiglia più ad un carcere che ad un luogo adatto a vivere. ‘Immaginare Corviale’ è il progetto della Fondazione Olivetti che vede impegnati gli Stalker, Cesare Pietroiusti e molti altri artisti nella riqualificazione urbana di questo quartiere/palazzo. Partendo dalle relazioni tra gli abitanti e lo spazio, i desideri, la memoria e le proiezioni sono gli elementi su cui si basa la trasformazione del luogo. Sempre a Roma troviamo ‘Sonicity’ progetto che nell’edizione 2003 curata dall’ ‘Associazione Culturale moorroom’ ha svolto diverse attività di ricerca e di sperimentazione tra architettura e suoni sul territorio dell’Ostiense, quartiere con un gran numero di spazi industriali abbandonati, coinvolgendo sia artisti che l’Università. Proseguendo nella stessa sezione del sito si scopre che l’arte pubblica non significa a tutti i costi ambientazioni postmoderne quali l’Ostiense o il Corviale. Anche le piccole strade dell’antico rione Monti possono infatti ospitare lavori artistici (11 per la precisione) studiati proprio a partire dal dialogo con questo particolare contesto urbano (Progetto TraMonti). Cliccando su Parigi invece si trovano tematiche più legate all’identità culturale e ai problemi di integrazione. È il caso del ‘Café Reflets’, commissionato dall’Association de la Rue Montorgueil all’artista Jean-Luc Vilmouth che ha realizzato un café no-profit per lo spazio CERISE, luogo di scambio ed integrazione destinato dall’associazione stessa ad accogliere gli abitanti del quartiere. L’artista ha realizzato uno spazio costruito attorno ad un grande tavolo specchiante di forma ovale, scomponibile in più elementi e che riflette il collage di immagini fotografiche appese al soffitto. Queste fotografie realizzate da Vilmouth raffigurano la vista di ogni abitante del quartiere dalla finestra della propria camera da letto la mattina al risveglio. Il ‘Café Reflets’ è il luogo ideale di scambio, dove l’immagine di ognuno e quella di tutti sono sempre presenti. Se l’arte pubblica si sviluppa al di fuori del contesto museale, tuttavia non mancano a Parigi mostre che hanno indagato tematiche dell’arte rispetto alla società contemporanea. È il caso di ‘Déplacements’ curata da Laurence Bossé e Hans Ulrich Obrist al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris e di ‘GNS – Global Navigation System’, curata da Nicolas Bourriaud al Palais de Tokyo, entrambe svoltesi nel 2003. La prima, organizzata attorno alla nozione di déplacements – sorta di slittamenti temporali e spaziali che la nostra epoca propone in continuazione –ha visto gli artisti coinvolti (tra cui Multiplicity con una video documentazione delle frontiere tra Israele e Palestina) attuare un approccio “trans-discliplinare” nel loro lavoro includendo discipline quali antropologia, demografia, sociologia, urbanistica. ‘GNS - Global Navigation System’ ha posto invece la questione di cosa spinga ancora i 23 artisti invitati ad usare ogni sorta di mezzo per rappresentare il mondo, nonostante il bombardamento quotidiano di immagini del pianeta da parte dei media. La mostra si è concentrata poi sul concetto di topografia, “uno dei maggiori elementi dell’arte contemporanea e una chiave nella sua comprensione”. Anche in Olanda le ricerche di arte pubblica sono molto attive. Lo si può dedurre dai progetti elencati nella sezione di Rotterdam. Lo “stato libero” ‘AVL – Ville’, spazio autonomo con una propria moneta, bandiera, e costituzione dove tutto è possibile ha ospitato diversi gruppi d’artisti, tecnici, architetti e designers che hanno lavorato per clienti e mostre di ogni parte del mondo. Il Witte de With Center for Contemporary Art conduce invece un’indagine sulle trasformazioni sociali legati alle diversità culturali, principalmente attraverso due progetti, il ‘SAIT- Social Actors in Transformation e il Contemporary Arab Representation’ curato da Catherine David. Quest’ultimo, cominciato nel 2001, attraverso seminari, presentazioni, pubblicazioni e conferenze incoraggia la produzione, la diffusione e lo scambio tra i diversi centri del mondo Arabo ed il resto del mondo.

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