A Palazzo Reale dall’8 marzo al 2 luglio
I capolavori di Manet incantano Milano
Édouard Manet, Berthe Morisot con un mazzo di violette, 1872, Olio su tela, 40.5 x 55.5 cm, Parigi, Musée d’Orsay | © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari
Francesca Grego
08/03/2017
Milano - La Parigi in fermento sul finire del XIX secolo, la fascinazione per l’arte spagnola, i ritratti anticonvenzionali di grandi personaggi dell’arte e della letteratura, nature morte, paesaggi, istantanee inedite dell’universo femminile: tutto questo racconta la grande mostra Manet e la Parigi moderna, a cura di Guy Cogeval, Caroline Mathieu, Isolde Pludermacher e prodotta da MondoMostre Skira, a Palazzo Reale da oggi al 2 luglio.
Un centinaio di opere dal Musée d’Orsay, tra cui 54 dipinti del maestro e di grandi pittori coevi, oltre a disegni, sculture e maquette, per ripercorrere in dieci sezioni temi e tappe della carriera di un artista che ha segnato indelebilmente la storia della pittura, punto di riferimento per gli Impressionisti “quanto Cimabue e Masaccio per gli Italiani del Rinascimento”, come ebbe a dire Pierre-Auguste Renoir.
L’iniziatore di un nuovo linguaggio, il rivoluzionario che rimise in gioco i codici della rappresentazione, ma anche un grande conoscitore dell’arte che lo ha preceduto, presente nei suoi quadri in audaci citazioni, basti pensare al parallelo fra la Venere di Urbino di Tiziano e la scandalosa Olympia.
Se il ritardo con cui critici e accademici recepirono le fragranti novità di Èdouard Manet nel trattamento della luce, della profondità e dello spazio fu all’origine dei grandi rifiuti che ne segnarono la carriera, altrettanto non si può dire del milieu artistico e intellettuale del suo tempo, dove il pittore divenne ben presto una figura carismatica. All’amicizia con Charles Baudelaire, Emile Zola, Stéphane Mallarmé e con colleghi come Degas, Monet e Morisot è dedicata la sezione d’apertura della mostra, con una serie di intensi ritratti.
Poi la scena si allarga, per una panoramica sulla Parigi in piena trasformazione dell’ultimo scorcio del secolo, imprescindibile alimento dell’arte di Manet: ai paesaggi urbani di Gauguin, Monet e Signac fanno da contraltare le scene riprese dall’interno nei caffè, per le strade o all’Opéra, predilette dall’artista, fra cui spicca il modernissimo La cameriera della birreria.
Ampio spazio è dedicato all’ispirazione della pittura spagnola, da Velasquez a Goya, evidente in dipinti come Il pifferaio, Angelina, Il Combattimento dei tori e nella Lola di Valencia, il “gioiello rosso e nero” di Baudelaire, dai colori più brillanti che mai dopo un recente restauro.
Fra le figure femminili emergono il discusso Balcone, La Lettura, ricercato nella resa delle texture e degli stati d’animo, ma anche il ritratto di Berthe Morisot con un mazzo di violette, da cui trapelano l’intensa personalità della pittrice e la complicità che la legava a Manet.
Non mancano sezioni dedicate ad aspetti meno noti della produzione del pittore parigino: dalle marine, unici paesaggi che lo affascinarono e che mostra di conoscere in ogni riflesso, alle nature morte, con gli incantevoli dipinti floreali realizzati negli ultimi anni della sua carriera, in cui risplende tutta la vitalità di frutti e fiori.
Vedi anche:
• Manet e la Parigi moderna
• FOTO: Le modernissime visioni di Édouard Manet
• Guida d'arte di Milano
Un centinaio di opere dal Musée d’Orsay, tra cui 54 dipinti del maestro e di grandi pittori coevi, oltre a disegni, sculture e maquette, per ripercorrere in dieci sezioni temi e tappe della carriera di un artista che ha segnato indelebilmente la storia della pittura, punto di riferimento per gli Impressionisti “quanto Cimabue e Masaccio per gli Italiani del Rinascimento”, come ebbe a dire Pierre-Auguste Renoir.
L’iniziatore di un nuovo linguaggio, il rivoluzionario che rimise in gioco i codici della rappresentazione, ma anche un grande conoscitore dell’arte che lo ha preceduto, presente nei suoi quadri in audaci citazioni, basti pensare al parallelo fra la Venere di Urbino di Tiziano e la scandalosa Olympia.
Se il ritardo con cui critici e accademici recepirono le fragranti novità di Èdouard Manet nel trattamento della luce, della profondità e dello spazio fu all’origine dei grandi rifiuti che ne segnarono la carriera, altrettanto non si può dire del milieu artistico e intellettuale del suo tempo, dove il pittore divenne ben presto una figura carismatica. All’amicizia con Charles Baudelaire, Emile Zola, Stéphane Mallarmé e con colleghi come Degas, Monet e Morisot è dedicata la sezione d’apertura della mostra, con una serie di intensi ritratti.
Poi la scena si allarga, per una panoramica sulla Parigi in piena trasformazione dell’ultimo scorcio del secolo, imprescindibile alimento dell’arte di Manet: ai paesaggi urbani di Gauguin, Monet e Signac fanno da contraltare le scene riprese dall’interno nei caffè, per le strade o all’Opéra, predilette dall’artista, fra cui spicca il modernissimo La cameriera della birreria.
Ampio spazio è dedicato all’ispirazione della pittura spagnola, da Velasquez a Goya, evidente in dipinti come Il pifferaio, Angelina, Il Combattimento dei tori e nella Lola di Valencia, il “gioiello rosso e nero” di Baudelaire, dai colori più brillanti che mai dopo un recente restauro.
Fra le figure femminili emergono il discusso Balcone, La Lettura, ricercato nella resa delle texture e degli stati d’animo, ma anche il ritratto di Berthe Morisot con un mazzo di violette, da cui trapelano l’intensa personalità della pittrice e la complicità che la legava a Manet.
Non mancano sezioni dedicate ad aspetti meno noti della produzione del pittore parigino: dalle marine, unici paesaggi che lo affascinarono e che mostra di conoscere in ogni riflesso, alle nature morte, con gli incantevoli dipinti floreali realizzati negli ultimi anni della sua carriera, in cui risplende tutta la vitalità di frutti e fiori.
Vedi anche:
• Manet e la Parigi moderna
• FOTO: Le modernissime visioni di Édouard Manet
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