Il diario personale di 14 autori nella mostra "Give Me Yesterday"
La Fondazione Prada raddoppia: inaugura Osservatorio
Milano. Inaugurazione dell'Osservatorio, il nuovo centro di Fondazione Prada dedicato alla fotografia in Galleria Vittorio Emanuele II.
Ludovica Sanfelice ed Eleonora Zamparutti
20/12/2016
Milano - “Give Me Yesterday”, mostra a cura di Francesco Zanot, inaugura il 21 Dicembre la programmazione di Osservatorio, il nuovo spazio espositivo della Fondazione Prada situato all'interno della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Un polo distaccato dalla base di via Isarco e riservato alla fotografia e ai linguaggi visivi contemporanei.
Il percorso specifico si snoda attraverso il quinto e sesto piano di un edificio della monumentale galleria svettando al di sopra dell'ottagono, faccia a faccia con l'ottocentesca cupola di ferro e vetro progettata da Giuseppe Mengoni.
Nell'emozionante contesto architettonico che offre a cittadini e turisti un nuovo imperdibile luogo da scoprire e frequentare proprio nel cuore di Milano è esposta in prima battuta una selezione di lavori realizzati da 14 autori, italiani e stranieri: Melanie Bonajo, Kenta Cobayashi, Tomé Duarte, Irene Fenara, Lebohang Kganye, Vendula Knopova, Leigh Ledare, Wen Ling, Ryan McGinley, Izumi Miyazaki, Joanna Piotrowska, Greg Reynolds, Antonio Rovaldi, Maurice van Es.
FOTO: Diari fotografici di inizio millennio
Oggetto della ricognizione: l'impiego della fotografia come diario personale in un arco di tempo compreso tra gli anni Duemila e oggi. Un'era pervasa dall'onnipresenza di dispositivi e immagini condivise attraverso le piattaforme digitali e caratterizzata dallo sviluppo di una narrazione di sè quotidiana e spettacolarizzata in cui si afferma una nuova identità, tanto individuale quanto collettiva.
"Abbiamo voluto investigare nella pratica fotografica, e in particolar modo nell’uso della fotografia come diario personale, offrendo una campionatura dell’esistente e osservando da vicino la tipicità nell’utilizzo del mezzo. La selezione degli autori, provenienti da vari Paesi del mondo, ci ha permesso di esplicitare una questione globale” afferma Francesco Zanot. “I social network hanno ormai un ruolo fondamentale nell’innesco di questi lavori. C’è un fllo rosso che accomuna le opere esposte, è cioè il fatto che mescolano la realtà e la sua ricostruzione. Si evince una forte progettualità nelle fotografie: gli eventi sono attesi, ricostruiti, messi in posa”.
Il diario fotografico, di per sé espressione di un contenuto semplice e comune, diventa il ritratto del quotidiano di autori giovani e giovanissimi. Risultato: una rappresentazione del piccolo mondo di appartenenza, uno sguardo su di sé e sulla stretta cerchia di familiari e amici, e una ripetitiva ricorrenza di indagine sul tema della madre (del tutto assenti i padri). Specchio del nostro tempo, l’immagine della schiera di artisti foto blogger presenti all’Osservatorio, non alza mai lo sguardo sul contesto, preferisce riflettere una visione intimista e privata. “Ho realizzato la serie Her-story a distanza di due anni dalla perdita di mia madre” afferma Lebohang Kganye, fotografa sudafricana. “E’ stato un processo terapeutico. Ho indossato gli abiti che mia madre vestiva 30 anni addietro e ho chiesto a mia sorella di fotografarmi. Questo ci ha permesso di entrare in forte contatto l’una con l’altra. Con mia madre avevo una relazione speciale. I padri in generale rappresentano una figura più materiale. Quando perdi tua madre, perdi la tua base”. Il suo lavoro è stato quello di collocare digitalmente il proprio ritratto nelle fotografie dell’album di famiglia.
Quello che si evince dall’esposizione è anche la forte mescolanza dei mezzi di ripresa: pellicola, digitale, polaroid sono sullo stesso piano, così come la tecnica e la manipolazione dell’immagine in fase di editing risultano del tutto secondarie.
L’artista Irene Fenara, italiana di Bologna, classe 1990, presenta a serie Ho preso le distanze realizzata con Polaroid che ritraggono amici e conoscenti in posa a una distanza corrispondente al proprio rapporto con la fotografa. “Lo scatto con la Polaroid è molto sensibile alla temperatura. In un recente lavoro ho fotografato nel corso dei mesi un muro bianco e quello che è emerso è che a gennaio il colore del muro fotografato risulta quasi blu, mentre a giugno è quasi rosato” afferma Irene Fenara. “In questo momento lavoro con lo scanner e indago sulla capacità di catturare l'immagine da parte dell’occhio miope della macchina”.
Consulta anche:
Guida d'arte di Milano
Il percorso specifico si snoda attraverso il quinto e sesto piano di un edificio della monumentale galleria svettando al di sopra dell'ottagono, faccia a faccia con l'ottocentesca cupola di ferro e vetro progettata da Giuseppe Mengoni.
Nell'emozionante contesto architettonico che offre a cittadini e turisti un nuovo imperdibile luogo da scoprire e frequentare proprio nel cuore di Milano è esposta in prima battuta una selezione di lavori realizzati da 14 autori, italiani e stranieri: Melanie Bonajo, Kenta Cobayashi, Tomé Duarte, Irene Fenara, Lebohang Kganye, Vendula Knopova, Leigh Ledare, Wen Ling, Ryan McGinley, Izumi Miyazaki, Joanna Piotrowska, Greg Reynolds, Antonio Rovaldi, Maurice van Es.
FOTO: Diari fotografici di inizio millennio
Oggetto della ricognizione: l'impiego della fotografia come diario personale in un arco di tempo compreso tra gli anni Duemila e oggi. Un'era pervasa dall'onnipresenza di dispositivi e immagini condivise attraverso le piattaforme digitali e caratterizzata dallo sviluppo di una narrazione di sè quotidiana e spettacolarizzata in cui si afferma una nuova identità, tanto individuale quanto collettiva.
"Abbiamo voluto investigare nella pratica fotografica, e in particolar modo nell’uso della fotografia come diario personale, offrendo una campionatura dell’esistente e osservando da vicino la tipicità nell’utilizzo del mezzo. La selezione degli autori, provenienti da vari Paesi del mondo, ci ha permesso di esplicitare una questione globale” afferma Francesco Zanot. “I social network hanno ormai un ruolo fondamentale nell’innesco di questi lavori. C’è un fllo rosso che accomuna le opere esposte, è cioè il fatto che mescolano la realtà e la sua ricostruzione. Si evince una forte progettualità nelle fotografie: gli eventi sono attesi, ricostruiti, messi in posa”.
Il diario fotografico, di per sé espressione di un contenuto semplice e comune, diventa il ritratto del quotidiano di autori giovani e giovanissimi. Risultato: una rappresentazione del piccolo mondo di appartenenza, uno sguardo su di sé e sulla stretta cerchia di familiari e amici, e una ripetitiva ricorrenza di indagine sul tema della madre (del tutto assenti i padri). Specchio del nostro tempo, l’immagine della schiera di artisti foto blogger presenti all’Osservatorio, non alza mai lo sguardo sul contesto, preferisce riflettere una visione intimista e privata. “Ho realizzato la serie Her-story a distanza di due anni dalla perdita di mia madre” afferma Lebohang Kganye, fotografa sudafricana. “E’ stato un processo terapeutico. Ho indossato gli abiti che mia madre vestiva 30 anni addietro e ho chiesto a mia sorella di fotografarmi. Questo ci ha permesso di entrare in forte contatto l’una con l’altra. Con mia madre avevo una relazione speciale. I padri in generale rappresentano una figura più materiale. Quando perdi tua madre, perdi la tua base”. Il suo lavoro è stato quello di collocare digitalmente il proprio ritratto nelle fotografie dell’album di famiglia.
Quello che si evince dall’esposizione è anche la forte mescolanza dei mezzi di ripresa: pellicola, digitale, polaroid sono sullo stesso piano, così come la tecnica e la manipolazione dell’immagine in fase di editing risultano del tutto secondarie.
L’artista Irene Fenara, italiana di Bologna, classe 1990, presenta a serie Ho preso le distanze realizzata con Polaroid che ritraggono amici e conoscenti in posa a una distanza corrispondente al proprio rapporto con la fotografa. “Lo scatto con la Polaroid è molto sensibile alla temperatura. In un recente lavoro ho fotografato nel corso dei mesi un muro bianco e quello che è emerso è che a gennaio il colore del muro fotografato risulta quasi blu, mentre a giugno è quasi rosato” afferma Irene Fenara. “In questo momento lavoro con lo scanner e indago sulla capacità di catturare l'immagine da parte dell’occhio miope della macchina”.
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