Nella patria di Rubens aspettando Antwerp Baroque 2018
A passeggio per Anversa, tra musei, curiosità e atmosfere barocche
Una veduta di Grote Markt, la vivace piazza di Anversa | Courtesy of Visitflanders, via Flickr
Samantha De Martin
16/03/2018
Sotto l’imponente campanile della Cattedrale di Nostra Signora - il più alto del Belgio e superbo esempio di gotico - stretti nel loro amichevole abbraccio, Nello e Patrasche sembrano dormire, felici, dopo aver soddisfatto il loro sogno più grande: ammirare le tele di Pieter Paul Rubens all’interno della Cattedrale.
Questa scultura realizzata dall’artista belga Batist “Tist” Vermeulen - che ritrae l’orfanello e il suo inseparabile cane, protagonisti di una triste storia ambientata proprio nelle Fiandre e ispirata a un romanzo inglese dell’Ottocento - ovviamente non ha nulla di barocco, ma strappa un sorriso ai passanti e, a modo, suo ricorda quanto grande sia stata, nei secoli, la fama di Rubens, celebrata dall’arte, dalla letteratura, dai film di animazione.
La scultura dedicata a Nello e Patrasche realizzata dall’artista belga Batist “Tist” Vermeulen | Foto: © Samantha De Martin
Ma al di là di queste simpatiche incursioni nell'arte contemporanea, tra le strade, i vicoli, gli edifici della città che brilla sulla Schelda sono le atmosfere barocche a farla da padrone.
Forse perché basta sollevare lo sguardo per essere rapiti dalla più antica chiesa barocca delle Fiandre, che si innalza con la sua sagoma maestosa da una piazza dallo stile tutto italiano. Costruita fra il 1615 e il 1621 dai gesuiti, San Carlo Borromeo, con la sua facciata ispirata alla Chiesa del Gesù di Roma, conserva ancora la preziosa tela di Rubens Ritorno della sacra famiglia dall’Egitto, nella Cappella di San Giuseppe, nonostante l’incendio che, nel 1718, ne danneggiò gravente l’interno.
SCIVOLANDO PER KEIZERSTRAAT
Raggiungendo Keizerstraat e puntando gli occhi in alto è possibile incrociare diverse statue della Vergine Maria che adornano i palazzi del quartiere, a testimonianza del ruolo chiave svolto, all’epoca, dai gesuiti che incoraggiarono gli abitanti a porre lungo le strade le effigi della Madonna per dimostrare come la città di Anversa fosse ancora cattolica.
Una delle tante statue della Madonna tra le strade di Anversa | Foto: © Kris Jacobs | Courtesy of Visitflanders, via Flickr
Nel Seicento, Keizerstraat era una delle strade più eleganti della città, e anche oggi sembra conservare l’aspetto delizioso di un tempo. Proprio qui avremmo potuto incontrare Nicolaas Rockox, raffinato umanista, antiquario, politico di Anversa e “amico e mecenate” di Rubens, che nel 1603 acquistò due proprietà confinanti, realizzando una splendida casa patrizia - divenuta oggi il nucleo della Snijders & Rockox House - e nella quale fece confluire numerose opere d’arte.
Fu proprio per questa dimora - oggi sede di un’importante collezione di capolavori - che Rockox commissionò a Rubens, tra gli altri lavori, la tela Sansone e Dalila, oggi alla National Gallery.
Vale la pena concedersi una tappa in questo affascinate museo, da poco riaperto dopo un accurato restauro, per vivere un’esperienza “barocca” a 360 gradi, tra le tele del pittore fiammingo Frans Snijders, i mobili del Seicento, le sculture in terracotta, e per gustarsi il colorato trionfo di nature morte, scene mitologiche e di caccia, accanto alle tele di van Dyck, Gaspar Gevartius, Brueghel il Giovane e, naturalmente di Rubens.
Prima di lasciare Keizerstraat, è interessante fare un salto al numero 23 per ammirare il ricco interno, interamente barocco, della Cappella gotica di Sant’Anna, una delle più piccole della città, della corporazione dei “tosatori di stoffa.
VISITA ALLA RUBENSHUIS: TRA LE STANZE E LA CUCINA DEL MAESTRO
Passando dalla Chiesa di San Giacomo, a soli cinque minuti a piedi da Keizerstraat, ci saremmo potuti facilmente imbattere nel signor Pieter Paul Rubens in persona di ritorno dalla messa.
La casa nella quale il pittore si trasferì con Isabella Brant nel 1618, dista infatti dalla chiesa appena cinquecento metri. Varcare la soglia di questo scrigno in cui si respira ancora la presenza dell'artista tra le tele, la cucina, la camera nella quale sarebbe morto, vale senza dubbio il viaggio. Soprattutto dopo il ritorno alla Rubenshuis dell'Autoritratto del pittore, assente per circa un anno e oggetto di un accurato restauro effettuato presso il Royal Institute for Cultural Heritage di Bruxelles.
Visitando la dimora dell'artista in occasione del festival Anversa barocca 2018. Rubens Inspires (primo appuntamento del programma triennale Flemish Masters dedicato ai maestri fiamminghi Rubens, Bruegel e Van Eyck), il pubblico potrà adesso riscoprire e apprezzare gli originari colori della tela, i dettagli del viso, il colorito roseo delle guance del maestro, il bianco della camicia, il tessuto dell'abito, occultati nel tempo dalla sovrapposizione di diversi strati di vernice.
Una sala della Rubenshuis | Foto: © Ans Brys | Courtesy of Visitflanders
Aggirarsi in questo edificio magico al numero 9 di Wapper significa scrutare con rispetto diversi pezzi della collezione (sono circa 324 le tele sparse oggi nei musei di tutto il mondo) che il maestro adorava. C’è il busto in marmo di Seneca, che il pittore si portò dall’Italia, e c’è la tela con la Pinacoteca di Cornelis van der Geest - dettagliata rappresentazione di una sorta di Wunderkammer barocca, dipinta dal pittore fiammingo Willem van Haecht quasi fosse una fotografia del tempo, un affastellarsi di volti noti dell’epoca di Rubens, ma anche di oggetti e decorazioni.
Assistiti dallo sguardo di un giovane van Dyck raggiungiamo la tela Enrico IV durante la battaglia di Parigi, lasciata incompiuta, pare, nel momento in cui Rubens intuì che Maria de’ Medici non avrebbe potuto completare il pagamento dell’opera dedicata al marito. Si tratta di un lavoro importante perché mostra chiaramente il modo in cui il maestro realizzava i suoi dipinti, a partire dagli iniziali schizzi a matita.
Ma chissà cosa avrebbe provato il pittore - che portò sempre l’Italia nel cuore - nel vedere proprio a casa sua - precisamente dallo scorso 27 giugno - la pala d'altare del Tintoretto con l'Angelo che predica Santa Caterina d'Alessandria del suo martirio, realizzata tra il 1560 e il 1570. Dopo diverse peregrinazioni, la tela - acquistata dal re del rock, David Bowie nel 1980 ed entrata a far parte della sua collezione privata per essere poi venduta all'asta da Sotheby's lo scorso 10 novembre - si lascia adesso contemplare nella casa del suo più illustre ammiratore.
Dal 21 novembre la Casa dell'artista ha anche un altro ospite “giunto dall’Italia”. Si tratta di un capolavoro eccezionale, opera di Tiziano, prestito a lungo termine proveniente da una collezione privata, dalla storia decisamente curiosa. Nel 1948, questa tela fu radiografata, rivelando l'esistenza di un secondo dipinto sotto la misteriosa rappresentazione di Tobias e l'Angelo. Dopo vent'anni, rimasto nascosto per secoli, emerse finalmente il ritratto incompiuto di una donna e di sua figlia, opera del maestro. L’identità dei soggetti resta ad oggi avvolta nel mistero. Eppure si pensa che il pittore abbia ritratto la sua amante con la figlia illegittima e che la scena sia stata trasformata in un dipinto religioso su iniziativa di suo figlio maggiore Pomponio. Rubens avrebbe visto quest’opera nel palazzo di un’importante famiglia veneziana alla quale il primogenito l’aveva donata.
UN MUSEO PATRIMONIO UNESCO
Basta spostarsi di circa un chilometro - ovvimente a piedi, perché Anversa va scoperta così - per essere catapultati in un’altra atmosfera unica, dove una biblioteca di circa 30mila libri antichi, una stanza con due delle presse più antiche al mondo e circa 20mila lettere in piombo compongono la straordinaria collezione del Museo Plantin-Moretus, il primo al mondo ad essere dichiarato Patrimonio Unesco.
Per ripercorrere la storia della stampa dal 1500 ad oggi basta addentrasi nel gomitolo di corridoi di questo suggestivo palazzo che dal 1576 ospitò l’Officina Plantiniana, residenza dell'editore Christophe Plantin e del genero Jan Moretus, primi stampatori a lavorare su scala industriale.
Basta socchiudere gli occhi e respirare l’odore del legno, della carta, per cavalcare i secoli. L’atmosfera è unica, non soltanto per l’architettura di questa antichissima tipografia - chiusa definitivamente nel 1876 per essere donata, l’anno succcessivo, alla città di Anversa, diventando appunto il Museo Plantin-Moretus - ma soprattutto per la straordinaria collezione di materiale tipografico e per ritratti conservati al suo interno, in buona parte opera Rubens.
Dalla celeberrima Bibbia delle 36 righe di Johannes Gutenberg del 1461 alla Bibbia poliglotta in otto tomi, dalle tappezzerie in cuoio dorato francese alle ceramiche, dai cristalli alle porcellane delle Collezioni Moretus, e ancora agli arazzi fiamminghi del XVI secolo, davvero tutto in questo museo è una festa per gli occhi.
Dal 28 Settembre 2018 al 6 Gennaio 2019 il pubblico potrà ripercorrere l'evoluzione del libro in epoca barocca grazie alla mostra Baroque Book Design, un avvincente viaggio nel tempo che svela la lunga storia di amicizia e condivisa passione che lega editori fiamminghi del calibro di Balthasar Moretus ad artisti come Rubens. Il maestro era stato infatti incaricato dall'editore di fornire una serie di illustrazioni - che il visitatore potrà ammirare in mostra - per i suoi nuovi volumi di preghiere. Accanto a queste preziose testimonianze, il percorso metterà in luce le somiglianze tra l'approccio editoriale di Balthasar Moretus e il progetto editoriale contemporaneo.
Una sala del Museo Plantin Moretus di Anversa | Foto: CEphoto, Uwe Aranas, via Wikimedia Commons
Ma è il momento di rituffarsi nel viavai composto di biciclette che sfrecciano lungo la Schelda. La fortezza medievale di Het Steen, il più antico edificio della città rimodellato nella forma attuale nel XVI secolo, al tramonto è ancora più bella.
Bisogna sbrigarsi se si vuole ammiare Grote Mark - il vero cuore della città, la piazza più cara gli anversesi, circondata dagli antichi palazzi delle gilda, realizzati tra Cinque e Seicento - alla luce del tramonto, quando diventa la cornice perfetta per un fotografia romantica.
E la fontana ottocentesca con Silvio Brabo - il mitico legionario romano che dopo aver battuto il terribile gigante Druon Antigon ne gettò la mano destra nella Schelda - sembra più fiera.
“Mano gettata”. Deriverebbe da questo leggendario episodio l’etimo Handwerpen.
Ma ci piace ricordare questa cittadina profumata e magica per un’altra mano, viva, gettata sulla tela con sapienza, a tessere il barocco, con l’Italia negli occhi, il “rosso sanguigno” nell'anima e, tra le dita, la “furia del pennello”.
Questa scultura realizzata dall’artista belga Batist “Tist” Vermeulen - che ritrae l’orfanello e il suo inseparabile cane, protagonisti di una triste storia ambientata proprio nelle Fiandre e ispirata a un romanzo inglese dell’Ottocento - ovviamente non ha nulla di barocco, ma strappa un sorriso ai passanti e, a modo, suo ricorda quanto grande sia stata, nei secoli, la fama di Rubens, celebrata dall’arte, dalla letteratura, dai film di animazione.
La scultura dedicata a Nello e Patrasche realizzata dall’artista belga Batist “Tist” Vermeulen | Foto: © Samantha De Martin
Ma al di là di queste simpatiche incursioni nell'arte contemporanea, tra le strade, i vicoli, gli edifici della città che brilla sulla Schelda sono le atmosfere barocche a farla da padrone.
Forse perché basta sollevare lo sguardo per essere rapiti dalla più antica chiesa barocca delle Fiandre, che si innalza con la sua sagoma maestosa da una piazza dallo stile tutto italiano. Costruita fra il 1615 e il 1621 dai gesuiti, San Carlo Borromeo, con la sua facciata ispirata alla Chiesa del Gesù di Roma, conserva ancora la preziosa tela di Rubens Ritorno della sacra famiglia dall’Egitto, nella Cappella di San Giuseppe, nonostante l’incendio che, nel 1718, ne danneggiò gravente l’interno.
SCIVOLANDO PER KEIZERSTRAAT
Raggiungendo Keizerstraat e puntando gli occhi in alto è possibile incrociare diverse statue della Vergine Maria che adornano i palazzi del quartiere, a testimonianza del ruolo chiave svolto, all’epoca, dai gesuiti che incoraggiarono gli abitanti a porre lungo le strade le effigi della Madonna per dimostrare come la città di Anversa fosse ancora cattolica.
Una delle tante statue della Madonna tra le strade di Anversa | Foto: © Kris Jacobs | Courtesy of Visitflanders, via Flickr
Nel Seicento, Keizerstraat era una delle strade più eleganti della città, e anche oggi sembra conservare l’aspetto delizioso di un tempo. Proprio qui avremmo potuto incontrare Nicolaas Rockox, raffinato umanista, antiquario, politico di Anversa e “amico e mecenate” di Rubens, che nel 1603 acquistò due proprietà confinanti, realizzando una splendida casa patrizia - divenuta oggi il nucleo della Snijders & Rockox House - e nella quale fece confluire numerose opere d’arte.
Fu proprio per questa dimora - oggi sede di un’importante collezione di capolavori - che Rockox commissionò a Rubens, tra gli altri lavori, la tela Sansone e Dalila, oggi alla National Gallery.
Vale la pena concedersi una tappa in questo affascinate museo, da poco riaperto dopo un accurato restauro, per vivere un’esperienza “barocca” a 360 gradi, tra le tele del pittore fiammingo Frans Snijders, i mobili del Seicento, le sculture in terracotta, e per gustarsi il colorato trionfo di nature morte, scene mitologiche e di caccia, accanto alle tele di van Dyck, Gaspar Gevartius, Brueghel il Giovane e, naturalmente di Rubens.
Prima di lasciare Keizerstraat, è interessante fare un salto al numero 23 per ammirare il ricco interno, interamente barocco, della Cappella gotica di Sant’Anna, una delle più piccole della città, della corporazione dei “tosatori di stoffa.
VISITA ALLA RUBENSHUIS: TRA LE STANZE E LA CUCINA DEL MAESTRO
Passando dalla Chiesa di San Giacomo, a soli cinque minuti a piedi da Keizerstraat, ci saremmo potuti facilmente imbattere nel signor Pieter Paul Rubens in persona di ritorno dalla messa.
La casa nella quale il pittore si trasferì con Isabella Brant nel 1618, dista infatti dalla chiesa appena cinquecento metri. Varcare la soglia di questo scrigno in cui si respira ancora la presenza dell'artista tra le tele, la cucina, la camera nella quale sarebbe morto, vale senza dubbio il viaggio. Soprattutto dopo il ritorno alla Rubenshuis dell'Autoritratto del pittore, assente per circa un anno e oggetto di un accurato restauro effettuato presso il Royal Institute for Cultural Heritage di Bruxelles.
Visitando la dimora dell'artista in occasione del festival Anversa barocca 2018. Rubens Inspires (primo appuntamento del programma triennale Flemish Masters dedicato ai maestri fiamminghi Rubens, Bruegel e Van Eyck), il pubblico potrà adesso riscoprire e apprezzare gli originari colori della tela, i dettagli del viso, il colorito roseo delle guance del maestro, il bianco della camicia, il tessuto dell'abito, occultati nel tempo dalla sovrapposizione di diversi strati di vernice.
Una sala della Rubenshuis | Foto: © Ans Brys | Courtesy of Visitflanders
Aggirarsi in questo edificio magico al numero 9 di Wapper significa scrutare con rispetto diversi pezzi della collezione (sono circa 324 le tele sparse oggi nei musei di tutto il mondo) che il maestro adorava. C’è il busto in marmo di Seneca, che il pittore si portò dall’Italia, e c’è la tela con la Pinacoteca di Cornelis van der Geest - dettagliata rappresentazione di una sorta di Wunderkammer barocca, dipinta dal pittore fiammingo Willem van Haecht quasi fosse una fotografia del tempo, un affastellarsi di volti noti dell’epoca di Rubens, ma anche di oggetti e decorazioni.
Assistiti dallo sguardo di un giovane van Dyck raggiungiamo la tela Enrico IV durante la battaglia di Parigi, lasciata incompiuta, pare, nel momento in cui Rubens intuì che Maria de’ Medici non avrebbe potuto completare il pagamento dell’opera dedicata al marito. Si tratta di un lavoro importante perché mostra chiaramente il modo in cui il maestro realizzava i suoi dipinti, a partire dagli iniziali schizzi a matita.
Ma chissà cosa avrebbe provato il pittore - che portò sempre l’Italia nel cuore - nel vedere proprio a casa sua - precisamente dallo scorso 27 giugno - la pala d'altare del Tintoretto con l'Angelo che predica Santa Caterina d'Alessandria del suo martirio, realizzata tra il 1560 e il 1570. Dopo diverse peregrinazioni, la tela - acquistata dal re del rock, David Bowie nel 1980 ed entrata a far parte della sua collezione privata per essere poi venduta all'asta da Sotheby's lo scorso 10 novembre - si lascia adesso contemplare nella casa del suo più illustre ammiratore.
Dal 21 novembre la Casa dell'artista ha anche un altro ospite “giunto dall’Italia”. Si tratta di un capolavoro eccezionale, opera di Tiziano, prestito a lungo termine proveniente da una collezione privata, dalla storia decisamente curiosa. Nel 1948, questa tela fu radiografata, rivelando l'esistenza di un secondo dipinto sotto la misteriosa rappresentazione di Tobias e l'Angelo. Dopo vent'anni, rimasto nascosto per secoli, emerse finalmente il ritratto incompiuto di una donna e di sua figlia, opera del maestro. L’identità dei soggetti resta ad oggi avvolta nel mistero. Eppure si pensa che il pittore abbia ritratto la sua amante con la figlia illegittima e che la scena sia stata trasformata in un dipinto religioso su iniziativa di suo figlio maggiore Pomponio. Rubens avrebbe visto quest’opera nel palazzo di un’importante famiglia veneziana alla quale il primogenito l’aveva donata.
UN MUSEO PATRIMONIO UNESCO
Basta spostarsi di circa un chilometro - ovvimente a piedi, perché Anversa va scoperta così - per essere catapultati in un’altra atmosfera unica, dove una biblioteca di circa 30mila libri antichi, una stanza con due delle presse più antiche al mondo e circa 20mila lettere in piombo compongono la straordinaria collezione del Museo Plantin-Moretus, il primo al mondo ad essere dichiarato Patrimonio Unesco.
Per ripercorrere la storia della stampa dal 1500 ad oggi basta addentrasi nel gomitolo di corridoi di questo suggestivo palazzo che dal 1576 ospitò l’Officina Plantiniana, residenza dell'editore Christophe Plantin e del genero Jan Moretus, primi stampatori a lavorare su scala industriale.
Basta socchiudere gli occhi e respirare l’odore del legno, della carta, per cavalcare i secoli. L’atmosfera è unica, non soltanto per l’architettura di questa antichissima tipografia - chiusa definitivamente nel 1876 per essere donata, l’anno succcessivo, alla città di Anversa, diventando appunto il Museo Plantin-Moretus - ma soprattutto per la straordinaria collezione di materiale tipografico e per ritratti conservati al suo interno, in buona parte opera Rubens.
Dalla celeberrima Bibbia delle 36 righe di Johannes Gutenberg del 1461 alla Bibbia poliglotta in otto tomi, dalle tappezzerie in cuoio dorato francese alle ceramiche, dai cristalli alle porcellane delle Collezioni Moretus, e ancora agli arazzi fiamminghi del XVI secolo, davvero tutto in questo museo è una festa per gli occhi.
Dal 28 Settembre 2018 al 6 Gennaio 2019 il pubblico potrà ripercorrere l'evoluzione del libro in epoca barocca grazie alla mostra Baroque Book Design, un avvincente viaggio nel tempo che svela la lunga storia di amicizia e condivisa passione che lega editori fiamminghi del calibro di Balthasar Moretus ad artisti come Rubens. Il maestro era stato infatti incaricato dall'editore di fornire una serie di illustrazioni - che il visitatore potrà ammirare in mostra - per i suoi nuovi volumi di preghiere. Accanto a queste preziose testimonianze, il percorso metterà in luce le somiglianze tra l'approccio editoriale di Balthasar Moretus e il progetto editoriale contemporaneo.
Una sala del Museo Plantin Moretus di Anversa | Foto: CEphoto, Uwe Aranas, via Wikimedia Commons
Ma è il momento di rituffarsi nel viavai composto di biciclette che sfrecciano lungo la Schelda. La fortezza medievale di Het Steen, il più antico edificio della città rimodellato nella forma attuale nel XVI secolo, al tramonto è ancora più bella.
Bisogna sbrigarsi se si vuole ammiare Grote Mark - il vero cuore della città, la piazza più cara gli anversesi, circondata dagli antichi palazzi delle gilda, realizzati tra Cinque e Seicento - alla luce del tramonto, quando diventa la cornice perfetta per un fotografia romantica.
E la fontana ottocentesca con Silvio Brabo - il mitico legionario romano che dopo aver battuto il terribile gigante Druon Antigon ne gettò la mano destra nella Schelda - sembra più fiera.
“Mano gettata”. Deriverebbe da questo leggendario episodio l’etimo Handwerpen.
Ma ci piace ricordare questa cittadina profumata e magica per un’altra mano, viva, gettata sulla tela con sapienza, a tessere il barocco, con l’Italia negli occhi, il “rosso sanguigno” nell'anima e, tra le dita, la “furia del pennello”.
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