A Lugano dal 24 settembre al 14 gennaio
Giacomo Balla e Piero Dorazio: un incontro alla Collezione Olgiati
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente n.4, 1912-13, Olio e matita su carta intelata, n76 x 55 cm, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto, Collezione privata © 2023, ProLitteris, Zurich
Samantha De Martin
07/09/2023
Mondo - Prende spunto da un inedito canto d’amore e non di guerra di Giuseppe Ungaretti la mostra Dove la luce, la storia della straordinaria affinità elettiva che ha unito due grandi maestri dell’arte italiana del Novecento: Giacomo Balla e Piero Dorazio.
A tessere il confronto tra i due giganti è il tema della luce, quintessenza della vita.
Dal 24 settembre al 14 gennaio la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati di Lugano accoglierà un racconto visivo, nato da un’idea di Danna Battaglia Olgiati, con l’allestimento a cura di Mario Botta, affidato a 47 capolavori realizzati attorno a due date: il 1912, anno in cui nascono le Compenetrazioni iridescenti di Balla, e il 1960, anno delle Trame di Dorazio.
“Quasi cinquant’anni passano tra le une e le altre - spiega Gabriella Belli, curatrice della mostra - eppure ciò che seduce e ancora ci interroga di quel fenomeno luminoso, di cui queste opere sono interpreti e tributi, è il mistero che al di là di ogni verità scientifica sentiamo in tralice calamitare il nostro sguardo dentro le superfici”.
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente radiale (Vibrazioni prismatiche), 1913-1914 ca. Tempera su cartoncino. GAM - Galleria civica d'Arte Moderna e contemporanea. Su concessione della Fondazione Torino Musei (© 2023, ProLitteris, Zurich)
Precocissime sperimentazioni astratto-geometriche, le Compenetrazioni iridescenti rappresentano uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla. Questi piccoli capolavori, dipinti su carta e su tela, rarissimi per numero e qualità, costituiscono una novità nella ricerca di Balla, proprio per queste considerato antesignano dell’astrattismo.
Il percorso a Lugano si prepara ad accogliere oltre venti esemplari in prestito da prestigiose collezioni private e museali, come la Galleria d’arte Moderna di Torino e il Mart di Trento e Rovereto. Alcune Compenetrazioni segnano il passaggio dai disegni del taccuino alle maggiori dimensioni dove l’esercizio e la sperimentazione confluiscono in una composizione che vive di vita autonoma, alla quale le cornici, disegnate talvolta dal pittore, conferiscono dignità di quadro. Il pubblico potrà ammirare la preziosa cartolina del novembre 1912 indirizzata da Balla all’amico e allievo Gino Galli, dove l’artista dà per la prima volta notizia della nuova ricerca sulle Compenetrazioni.
Sul recto un tipo di iride a sequenza cromatica reca come pattern il triangolo, come spiega Gabriella Belli, “figura geometrica che da alcuni secoli viene utilizzata per descrivere la scomposizione dei fasci luminosi, ma che in Balla attiva anche uno speciale simbolismo, non estraneo da argomentazioni ermetiche ed esoteriche”.
Piero Dorazio, Allo scoperto, 1963, Olio su tela, 162 x 114 cm. Pinacoteca “Corrado Giaquinto”, Bari © 2023, ProLitteris, Zurich
Proprio per quel loro presentarsi come precocissime sperimentazioni astratto-geometriche, le Compenetrazioni iridescenti costituiscono uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla. Nascono tra il luglio e il dicembre del 1912 durante un soggiorno dell’artista a Düsseldorf, ospite nella villa della famiglia Löwenstein. Chiamato a decorare lo studio della dimora affacciata sul Reno, Balla dedica parte del suo tempo a sperimentare, quasi in segreto, una nuova idea di pittura, che nasce certamente dall’osservazione della natura e dei fenomeni luministici per trovare svolgimento in una pittura di inediti reticoli a pattern triangolari che danno vita a sequenze articolate in composizioni astratto-geometriche decisamente insolite per l’epoca in cui l’artista le dipinge.
Adopera un semplice block-notes esercitandosi sulla possibilità di catturare i misteri dell’iride e la complessità delle rifrazioni luminose. Con matite colorate, tempera e acquarelli (e tanto rigore) disegna un repertorio di possibili varianti di geometrie triangolari, a nastro o sferiche, di fatto la rappresentazione dell’“anatomia” della luce. Attraverso questo esercizio cerca di catturare “l’invisibile” liberando gli atomi finissimi dei timbri dell’arcobaleno: dal rosso all’arancio, al giallo, al verde, all’azzurro, all’indaco e violetto.
Modello di studio. Mario Botta Architetti. Foto: © Enrico Cano
A quasi cinquant’anni di distanza, da questo straordinario nucleo di lavori trarrà suggestione il giovane Piero Dorazio. Le sue grandi Trame, dipinte tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, dense di materia-luce e costruite con linee incrociate irregolari, ombre e luci tra i triangoli del pattern della trama, provano quanto la sua sperimentazione sia vicina a quella di Giacomo Balla. La tessitura di queste Trame, frutto di un fitto reticolo di linee-colore verticali, orizzontali e diagonali, tratti realizzati con mano leggera, creano nell’occhio la sensazione di una linea, di fatto inesistente perché frutto di una correzione ottica. Di questo ciclo - ricco di varianti e cambiamenti - la mostra presenta oltre venti esemplari realizzati tra il 1959 e il 1963. Particolarmente significativi appaiono i lavori nei quali il reticolo si spezza, cambia improvvisamente registro cromatico, come in Time Blind (1963), o ancora in Tenera mano (1963) dove la “smagliatura” della trama mostra la struttura interna del quadro e diventa, come suggerisce lo stesso Dorazio, luogo di “una illuminazione imprevista della coscienza, un modo di visualizzare l’attimo fuggente”. La sperimentazione, rispettivamente delle Trame e delle Compenetrazioni, occupa una brevissima parentesi temporale nel percorso dei due artisti.
A mettere in luce le differenze e le affinità dei due linguaggi artistici attraverso un’idea nuova dello spazio espositivo è l’allestimento progettato da Mario Botta, concepito per accogliere e valorizzare al massimo le opere. Se i lavori di Balla verranno sospesi in nicchie bianche, in uno spazio vuoto, quelli di Dorazio, di grandi dimensioni, appariranno su grandi superfici nere, che permetteranno rimando percettivo e visivo continuo alle opere del maestro.
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• Balla '12 Dorazio '60. Dove la luce
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“Quasi cinquant’anni passano tra le une e le altre - spiega Gabriella Belli, curatrice della mostra - eppure ciò che seduce e ancora ci interroga di quel fenomeno luminoso, di cui queste opere sono interpreti e tributi, è il mistero che al di là di ogni verità scientifica sentiamo in tralice calamitare il nostro sguardo dentro le superfici”.
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente radiale (Vibrazioni prismatiche), 1913-1914 ca. Tempera su cartoncino. GAM - Galleria civica d'Arte Moderna e contemporanea. Su concessione della Fondazione Torino Musei (© 2023, ProLitteris, Zurich)
Precocissime sperimentazioni astratto-geometriche, le Compenetrazioni iridescenti rappresentano uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla. Questi piccoli capolavori, dipinti su carta e su tela, rarissimi per numero e qualità, costituiscono una novità nella ricerca di Balla, proprio per queste considerato antesignano dell’astrattismo.
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Sul recto un tipo di iride a sequenza cromatica reca come pattern il triangolo, come spiega Gabriella Belli, “figura geometrica che da alcuni secoli viene utilizzata per descrivere la scomposizione dei fasci luminosi, ma che in Balla attiva anche uno speciale simbolismo, non estraneo da argomentazioni ermetiche ed esoteriche”.
Piero Dorazio, Allo scoperto, 1963, Olio su tela, 162 x 114 cm. Pinacoteca “Corrado Giaquinto”, Bari © 2023, ProLitteris, Zurich
Proprio per quel loro presentarsi come precocissime sperimentazioni astratto-geometriche, le Compenetrazioni iridescenti costituiscono uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla. Nascono tra il luglio e il dicembre del 1912 durante un soggiorno dell’artista a Düsseldorf, ospite nella villa della famiglia Löwenstein. Chiamato a decorare lo studio della dimora affacciata sul Reno, Balla dedica parte del suo tempo a sperimentare, quasi in segreto, una nuova idea di pittura, che nasce certamente dall’osservazione della natura e dei fenomeni luministici per trovare svolgimento in una pittura di inediti reticoli a pattern triangolari che danno vita a sequenze articolate in composizioni astratto-geometriche decisamente insolite per l’epoca in cui l’artista le dipinge.
Adopera un semplice block-notes esercitandosi sulla possibilità di catturare i misteri dell’iride e la complessità delle rifrazioni luminose. Con matite colorate, tempera e acquarelli (e tanto rigore) disegna un repertorio di possibili varianti di geometrie triangolari, a nastro o sferiche, di fatto la rappresentazione dell’“anatomia” della luce. Attraverso questo esercizio cerca di catturare “l’invisibile” liberando gli atomi finissimi dei timbri dell’arcobaleno: dal rosso all’arancio, al giallo, al verde, all’azzurro, all’indaco e violetto.
Modello di studio. Mario Botta Architetti. Foto: © Enrico Cano
A quasi cinquant’anni di distanza, da questo straordinario nucleo di lavori trarrà suggestione il giovane Piero Dorazio. Le sue grandi Trame, dipinte tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, dense di materia-luce e costruite con linee incrociate irregolari, ombre e luci tra i triangoli del pattern della trama, provano quanto la sua sperimentazione sia vicina a quella di Giacomo Balla. La tessitura di queste Trame, frutto di un fitto reticolo di linee-colore verticali, orizzontali e diagonali, tratti realizzati con mano leggera, creano nell’occhio la sensazione di una linea, di fatto inesistente perché frutto di una correzione ottica. Di questo ciclo - ricco di varianti e cambiamenti - la mostra presenta oltre venti esemplari realizzati tra il 1959 e il 1963. Particolarmente significativi appaiono i lavori nei quali il reticolo si spezza, cambia improvvisamente registro cromatico, come in Time Blind (1963), o ancora in Tenera mano (1963) dove la “smagliatura” della trama mostra la struttura interna del quadro e diventa, come suggerisce lo stesso Dorazio, luogo di “una illuminazione imprevista della coscienza, un modo di visualizzare l’attimo fuggente”. La sperimentazione, rispettivamente delle Trame e delle Compenetrazioni, occupa una brevissima parentesi temporale nel percorso dei due artisti.
A mettere in luce le differenze e le affinità dei due linguaggi artistici attraverso un’idea nuova dello spazio espositivo è l’allestimento progettato da Mario Botta, concepito per accogliere e valorizzare al massimo le opere. Se i lavori di Balla verranno sospesi in nicchie bianche, in uno spazio vuoto, quelli di Dorazio, di grandi dimensioni, appariranno su grandi superfici nere, che permetteranno rimando percettivo e visivo continuo alle opere del maestro.
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