Fino al 22 aprile alla Gagosian di New York
I presagi di Albert Oehlen e Paul McCarthy a New York
All'opening della mostra "the ömen: Albert Oehlen paintings and Paul McCarthy sculptures" a Gagosian New York l'8 marzo 2023 - photo: © Arlette Sarkissians per ARTE.it
Arlette Sarkissians
09/03/2023
Mondo - Ironia distopica, grottesca ricostruzione, immaginario fantastico si mescolano in una colossale nuova esposizione che ha aperto ieri 8 marzo a New York. Con the ömen: Albert Oehlen paintings and Paul McCarthy sculptures Gagosian porta a New York fino al 22 aprile 2023 una nuova mostra del pittore svizzero, messo a confronto con tre grandi sculture di Paul McCarthy.
Esposizione colossale e molto interessante questa newyorkese alla Gagosian. I temi si sovrappongono e lo spettatore viene inondato da una moltitudine di forme e colori che lasciano presagire futuri distopici e grotteschi in una visione del domani (che è anche però quella di un oggi distorto e immaginifico) che non è priva di ironia nella sua carica trasformativa, estetizzante.
Così se Ohelen con le sue pitture ci porta nel suo strano immaginario dove le parole chiave pandemia, scienza e fantascienza si mescolano sino a confondersi, a fargli da specchio sono le gigantesche sculture carnevalesche dove McCarthy mette in scena il suo immaginario anni ’90 da copertina di tabloid.
Operazione interessante, molto en vogue comunque, ma che ha il pregio di essere anche esteticamente bella e non banale. Certo costruita alla perfezione - come è bene fare in questi tempi dove l’arte e l’ideologia si sovrappongono in un attivismo creativo e trasformativo - per sconvolgere quel che resta dell’ormai stereotipato maschio bianco occidentale. Forma perfetta con cui giocare con temi alla moda (e sempre più impossibili da evitare) ma che garantiscono di essere trending topic across all media almeno per un po’.
I due artisti hanno il pregio di non prendersi troppo sul serio - a differenza delle élite che passeggiano davanti alle vetrine di 555 West 24th street a Manhattan - e quindi sono effettivamente e inevitabilmente destinati a lasciare il segno con questa loro mostra.
Le opere di Oehlen in questa mostra sono incentrate sul suo criptico motivo Ömega Man, una forma umanoide senza genere ispirata al personaggio del Dr. Robert Neville nel film d'azione di fantascienza distopico The Omega Man del 1971. Come il condannato sopravvissuto a una pandemia globale, Neville nell'immaginario di Oehlen rappresenta lo sviluppo scientifico in fuga che ha portato alla caduta dell'umanità. In Ömega Man 6 e 7 (entrambi del 2021), la forma fuori posto della figura emerge dal disallineamento di due griglie di colore; in altri dipinti la sua sagoma screziata è posizionata su uno sfondo giallo brillante, ricordando la combinazione di linee nette e tonalità intense nei dipinti di alberi dell'artista. A volte è anche delineato in blu, rosso e giallo, o reso come un'area mascherata di varie pennellate distinguibili solo dai suoi confini nettamente differenziati. Oehlen ha invitato McCarthy a partecipare all'ömen in parte per far emergere un fascino condiviso per le opere che sono "sulla via di diventare qualcos'altro" e che possono esistere in molteplici forme e versioni.
Amante dell'arte classica Oehlen utilizza elementi astratti, figurativi e collage, spesso applicando vincoli formali autoimposti, per sconvolgere le storie e le convenzioni della pittura moderna. pur riconoscendo il significato continuo dell'arte classica. Affrontando la sua pratica come una sfida percettiva, si muove liberamente tra strategie pianificate e improvvisate. E mentre difende consapevolmente la pittura "cattiva" caratterizzata da disegni crudi e colori stridenti, infonde al gesto espressivo un atteggiamento surrealista, denigrando la ricerca di forma e significato stabili. McCarthy è noto fin dagli anni '70 per performance, video, sculture e installazioni che mettono a confronto gli spettatori con una visione perversa del Grand Guignol popolata da una serie di personaggi grotteschi. Abbinando l'attenzione al sesso e alla violenza con un approccio consapevolmente infantile alla funzione corporea umana, sonda gli angoli più oscuri del subconscio americano, esponendo le sue manifestazioni sintetiche nei mass media e nell'ambiente costruito. La svolta clownesca e distopica di McCarthy sull'utopico azionismo europeo continua anche oggi ad esercitare una forte influenza.
La mostra rivela anche altri collegamenti, tra cui quello tra il recente film di Oehlen con Oliver Hirschbiegel, The Painter (2021), e la monumentale installazione di McCarthy The King (2006-11). Nel film, l'attore Ben Becker interpreta Oehlen nel processo di produzione di un nuovo lavoro, giustapponendo e confondendo momenti di frustrazione e appagamento, autenticità e artificio. Nell'installazione scultorea di McCarthy, una piattaforma sopraelevata è circondata da dipinti ad aerografo di immagini tratte da riviste popolari, prodotti da un illustratore assunto. Presente anche, seduto su un trono di legno, un manichino in silicone nudo, con parrucche e parzialmente smembrato modellato sull'artista. Altrove nella mostra, le opere Paula Jones, Melinda (2004-2009) di McCarthy scavano più a fondo e con un'ironia altrettanto corrosiva nella pervasiva misoginia ritraendo la prima donna a denunciare Bill Clinton per molestie sessuali, mentre il suo Henry Moore Foam (2004) rende omaggio allo scultore modernista attraverso un'enorme replica in polistirolo di un'opera ispirata a Moore che McCarthy ha prodotto quando era un giovane studente. Questa figura dall'aspetto alterato - il prodotto di un lungo processo di fusione e rifusione - riecheggia le forme parzialmente astratte nei dipinti di Oehlen, sottolineando ancora una volta come entrambi gli artisti giochino con e decostruiscano il perseverante mito dell'eroismo creativo maschile bianco.
the ömen
Albert Oehlen paintings and Paul McCarthy sculptures
8 marzo - 22 aprile 2023
555 West 24th Street
New York
Esposizione colossale e molto interessante questa newyorkese alla Gagosian. I temi si sovrappongono e lo spettatore viene inondato da una moltitudine di forme e colori che lasciano presagire futuri distopici e grotteschi in una visione del domani (che è anche però quella di un oggi distorto e immaginifico) che non è priva di ironia nella sua carica trasformativa, estetizzante.
Così se Ohelen con le sue pitture ci porta nel suo strano immaginario dove le parole chiave pandemia, scienza e fantascienza si mescolano sino a confondersi, a fargli da specchio sono le gigantesche sculture carnevalesche dove McCarthy mette in scena il suo immaginario anni ’90 da copertina di tabloid.
Operazione interessante, molto en vogue comunque, ma che ha il pregio di essere anche esteticamente bella e non banale. Certo costruita alla perfezione - come è bene fare in questi tempi dove l’arte e l’ideologia si sovrappongono in un attivismo creativo e trasformativo - per sconvolgere quel che resta dell’ormai stereotipato maschio bianco occidentale. Forma perfetta con cui giocare con temi alla moda (e sempre più impossibili da evitare) ma che garantiscono di essere trending topic across all media almeno per un po’.
I due artisti hanno il pregio di non prendersi troppo sul serio - a differenza delle élite che passeggiano davanti alle vetrine di 555 West 24th street a Manhattan - e quindi sono effettivamente e inevitabilmente destinati a lasciare il segno con questa loro mostra.
Le opere di Oehlen in questa mostra sono incentrate sul suo criptico motivo Ömega Man, una forma umanoide senza genere ispirata al personaggio del Dr. Robert Neville nel film d'azione di fantascienza distopico The Omega Man del 1971. Come il condannato sopravvissuto a una pandemia globale, Neville nell'immaginario di Oehlen rappresenta lo sviluppo scientifico in fuga che ha portato alla caduta dell'umanità. In Ömega Man 6 e 7 (entrambi del 2021), la forma fuori posto della figura emerge dal disallineamento di due griglie di colore; in altri dipinti la sua sagoma screziata è posizionata su uno sfondo giallo brillante, ricordando la combinazione di linee nette e tonalità intense nei dipinti di alberi dell'artista. A volte è anche delineato in blu, rosso e giallo, o reso come un'area mascherata di varie pennellate distinguibili solo dai suoi confini nettamente differenziati. Oehlen ha invitato McCarthy a partecipare all'ömen in parte per far emergere un fascino condiviso per le opere che sono "sulla via di diventare qualcos'altro" e che possono esistere in molteplici forme e versioni.
Amante dell'arte classica Oehlen utilizza elementi astratti, figurativi e collage, spesso applicando vincoli formali autoimposti, per sconvolgere le storie e le convenzioni della pittura moderna. pur riconoscendo il significato continuo dell'arte classica. Affrontando la sua pratica come una sfida percettiva, si muove liberamente tra strategie pianificate e improvvisate. E mentre difende consapevolmente la pittura "cattiva" caratterizzata da disegni crudi e colori stridenti, infonde al gesto espressivo un atteggiamento surrealista, denigrando la ricerca di forma e significato stabili. McCarthy è noto fin dagli anni '70 per performance, video, sculture e installazioni che mettono a confronto gli spettatori con una visione perversa del Grand Guignol popolata da una serie di personaggi grotteschi. Abbinando l'attenzione al sesso e alla violenza con un approccio consapevolmente infantile alla funzione corporea umana, sonda gli angoli più oscuri del subconscio americano, esponendo le sue manifestazioni sintetiche nei mass media e nell'ambiente costruito. La svolta clownesca e distopica di McCarthy sull'utopico azionismo europeo continua anche oggi ad esercitare una forte influenza.
La mostra rivela anche altri collegamenti, tra cui quello tra il recente film di Oehlen con Oliver Hirschbiegel, The Painter (2021), e la monumentale installazione di McCarthy The King (2006-11). Nel film, l'attore Ben Becker interpreta Oehlen nel processo di produzione di un nuovo lavoro, giustapponendo e confondendo momenti di frustrazione e appagamento, autenticità e artificio. Nell'installazione scultorea di McCarthy, una piattaforma sopraelevata è circondata da dipinti ad aerografo di immagini tratte da riviste popolari, prodotti da un illustratore assunto. Presente anche, seduto su un trono di legno, un manichino in silicone nudo, con parrucche e parzialmente smembrato modellato sull'artista. Altrove nella mostra, le opere Paula Jones, Melinda (2004-2009) di McCarthy scavano più a fondo e con un'ironia altrettanto corrosiva nella pervasiva misoginia ritraendo la prima donna a denunciare Bill Clinton per molestie sessuali, mentre il suo Henry Moore Foam (2004) rende omaggio allo scultore modernista attraverso un'enorme replica in polistirolo di un'opera ispirata a Moore che McCarthy ha prodotto quando era un giovane studente. Questa figura dall'aspetto alterato - il prodotto di un lungo processo di fusione e rifusione - riecheggia le forme parzialmente astratte nei dipinti di Oehlen, sottolineando ancora una volta come entrambi gli artisti giochino con e decostruiscano il perseverante mito dell'eroismo creativo maschile bianco.
the ömen
Albert Oehlen paintings and Paul McCarthy sculptures
8 marzo - 22 aprile 2023
555 West 24th Street
New York
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