Dal 25 febbraio al 21 agosto

Jean Dubuffet, l'alchimista che sfidò le convenzioni, presto al Guggenheim di Bilbao

Jean Dubuffet, Miss Choléra, 1946, Óleo, arena, guijarros y paja sobre lienzo, 46 x 54.6 cm, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, Donación, Katharine Kuh 72.2007 © Jean Dubuffet, VEGAP, Bilbao, 2022
 

Samantha De Martin

26/01/2022

Mondo - “Vorrei che le persone vedessero il mio lavoro come un recupero di valori disprezzati e [...] non come un’opera di fervente celebrazione”.
In questa frase Jean Dubuffet racchiuse l’obiettivo di una carriera intera che procede per forme e strumenti diversi, dalla pittura al disegno, dal collage alla litografia, muovendosi con disinvoltura tra figurativismo e astrazione.
Pur sperimentando forme diverse, il suo lavoro resta agganciato all'impegno di condividere con il pubblico prospettive sempre nuove e stimolanti rifiutando le convenzioni.
La mostra che il Museo Guggenheim di Bilbao, con il patrocinio di BBK, dedica al fondatore del movimento artistico dell'Art Brut prende spunto proprio da questo impulso di celebrazione, per offrire una panoramica completa della sua ampia produzione artistica.
Jean Dubuffet: fervente celebrazione, questo il titolo della mostra a cura di David Max Horowitz, attesa dal 25 febbraio al 21 agosto tra le sale progettate da Frank Gehry, esamina i decenni decisivi della carriera del pittore francese, dalle prime creazioni degli anni Quaranta alle ultime serie completate nel 1984.


Jean Dubuffet, Personnage fond noir, 1961, Tinta sobre papel, 25.4 x 34.3 cm, Solomon R. Guggenheim Museum, New York © Jean Dubuffet, VEGAP, Bilbao, 2022

Avvalendosi dei vasti fondi del Solomon R. Guggenheim Museum di New York e di una selezione di opere provenienti dalla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, l’esposizione presenta un percorso completo sulla carriera dell’artista.
Abbandonata la scuola, sempre più animato da un’ammirazione profonda per i lavori creati da spiritisti, bambini e persone tormentate da malattie mentali, un tipo di arte che in seguito denominerà Art Brut, nella Parigi occupata dai nazisti Dubuffet sceglie di dedicarsi all’arte. I tanti talenti scoperti in alcuni ospedali psichiatrici, sebbene privi di una vera formazione accademica, sono pervasi da un istinto creatore puro e ossessivo.

Il lavoro che svolge negli anni successivi comporta una sfida diretta agli ideali comunemente estesi di bellezza, perizia tecnica ed elevato status dell’arte, come evidenziano Miss Choléra o Volontà di potenza, entrambe eseguite nel gennaio del 1946. Abbracciando il suo spirito chiaramente critico, le posizioni anticulturali con l’obiettivo di liberarsi della tradizione artistica per tracciare una nuova strada per l'arte, Dubuffet sperimenta vie alternative, invitando il pubblico, durante gli anni Quaranta e Cinquanta, a ripensare il concetto di bellezza dimostrando quanto possano essere degne di ammirazione le cose consuete.
Queste convinzioni trovano un riscontro nei materiali semplici come la calce, il cemento e la sabbia, con cui ispessisce l’olio fino a trasformarlo in un impasto che chiama haute pâte. Questo gli permette di dare vita a superfici di grande texture e complessità, formulando le sue composizioni di forme fisiche.


Jean Dubuffet, La Mésentente, 1978, Acrílico sobre papel, montado sobre lienzo 241.9 x 139.4 cm, New York, Solomon R. Guggenheim Museum © Jean Dubuffet, VEGAP, Bilbao, 2022

Talvolta oggetti trovati come sassi, corde, alluminio si infilano nei suoi lavori, mentre l’artista cerca di bandire le idee socialmente accettate di bellezza attraverso la scelta di temi poco convenzionali come evidenziano i primi ritratti, Ritratto del soldato Lucien Geominne (1950) e la serie di nudi intitolata Corpi di donne, ma anche i muri scrostati, le porte rovinate, l’impasto di terra e sassi.

Il suo corpus più vasto, il ciclo Hourloupe, nato da un disegno eseguito macchinalmente al telefono, trasformatosi più tardi in scultura monumentale, sarà in mostra accanto alle opere Nunc Stans (1965) e Bidon l’Esbroufe (1967). Nell’ultimo decennio della sua vita, Dubuffet si concentra piuttosto sui meccanismi della mente, specie sul rapporto con il mondo esterno. Le sue due ultime serie, Mire (1983-84) e Non-luoghi (1984), presenti nel percorso del Guggenheim con le opere Mira G 132 e Data (1984) sono in realtà grovigli di linee prive di una precisa iconografia.


Jean Dubuffet, Dada, 1984, Acrílico sobre papel, montado sobre lienzo, 99.7 x 67 cm, Solomon R. Guggenheim Museum, New York © Jean Dubuffet, VEGAP, Bilbao, 2022

Si tratta di lavori con cui Dubuffet analizza come sarebbe l’esperienza se la mente non organizzasse il mondo esterno in categorie prefissate e socialmente stabilite, estendendo questa idea anche alla distinzione tra realtà e immaginario.

Un aspetto meno noto della creatività di Dubuffet, la sperimentazione musicale, emerge infine dalla sezione educativa online Lo sapevi che…? L’artista era affascinato dai suoni degli strumenti musicali popolari, antichi o contemporanei utilizzati in maniera insolita, e aggiungeva talvolta una maggiore distorsione nella manipolazione delle registrazioni sonore. Nel 1961 pubblica molte di queste composizioni, alcune delle quali eseguite dal suo amico Asger Jorn, nelle sue Esperienze musicali.

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