Napoli-New York. I capolavori di Michelangelo Merisi in viaggio
L' “ultimo” Caravaggio al Met di New York
Caravaggio (Michelangelo Merisi), Martirio di sant’Orsola, 1610, Olio su tela, 180 x 143 cm | © Collezione Intesa Sanpaolo Gallerie d’Italia - Palazzo Zevallos Stigliano | Courtesy of Intesa Sanpaolo
Samantha De Martin
21/04/2017
Napoli - Il Martirio di sant'Orsola, l'ultima pittura di Caravaggio, vola al Metropolitan Museum of Art di New York.
Il gioiello delle Gallerie d'Italia-Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Intesa Sanpaolo a Napoli, uno dei pezzi più preziosi della collezione, sarà in trasferta fino al 30 giugno nel prestigioso tempio americano dell'arte.
Il capolavoro del Merisi, noto per la sua violenta drammaticità, sarà per qualche mese sostituito, a partire dal 6 maggio, da I musici, un altro straordinario lavoro del genio milanese, prestato a Napoli dal “Met”.
Il Martirio di sant'Orsola - opera commissionata dal principe Marcantonio Doria ed eseguita dall'artista nel 1610, circa un mese prima della morte - era stata realizzata con grande rapidità, in vista dell'imminente partenza del Merisi per Porto Ercole. La fretta era stata addirittura tale che il dipinto uscì dallo studio di Caravaggio ancora fresco di vernice. Una volta consegnato fu disastrosamente esposto al sole, circostanza che, nel tempo, determinò la sofferta conservazione del capolavoro.
«Pensavo di mandarle il quadro di Sant' Orzola questa settimana però per assicurarmi di mandarlo ben asciuttato, lo posi al sole, che più presto ha fatto revenir la vernice che asciugatole per darcela il Caravaggio assai grossa: voglio di nuovo esser da detto Caravaggio per pigliar suo parere come si ha da fare perché non si guasti». Queste parole che compaiono in una lettera indirizzata a Marcantonio Doria, scritta nel 1610 a Napoli da Lanfranco Massa, cittadino genovese e procuratore nella città partenopea della nobile famiglia, hanno permesso, dopo alterne vicende, la definitiva attribuzione dell'opera a Caravaggio.
La tela - nella quale l'artista ritrae sant'Orsola nel momento stesso in cui viene trafitta dal tiranno Attila con una freccia, discostandosi pertanto dall'iconografia tradizionale che raffigurava la santa coi soli simboli del martirio - si caratterizza per il suo tono intenso, drammatico, scaturito anche dal prevalere delle ombre.
L'esposizione dell'opera a New York giunge dopo un importante restauro promosso dalla Banca tra il 2003 e il 2004, che ha ripristinato l'originaria coerenza dell'immagine al punto da renderla più fedele alle intenzioni dell'autore. In particolare l'intervento ha permesso il recupero del braccio e della mano di uno dei personaggi, di un tendaggio, nel fondo, e delle sagome di un paio di teste dietro il piano della santa.
La mostra al Metropolitan Museum of Art sarà un'occasione preziosa per il pubblico americano, che vedrà affiancati per la prima volta il Martirio di sant’Orsola e la Negazione di San Pietro, dipinti accomunati da uno stile rapido, "essenziale", caratterizzato da un approfondimento psicologico coinvolgente.
Il gioiello delle Gallerie d'Italia-Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Intesa Sanpaolo a Napoli, uno dei pezzi più preziosi della collezione, sarà in trasferta fino al 30 giugno nel prestigioso tempio americano dell'arte.
Il capolavoro del Merisi, noto per la sua violenta drammaticità, sarà per qualche mese sostituito, a partire dal 6 maggio, da I musici, un altro straordinario lavoro del genio milanese, prestato a Napoli dal “Met”.
Il Martirio di sant'Orsola - opera commissionata dal principe Marcantonio Doria ed eseguita dall'artista nel 1610, circa un mese prima della morte - era stata realizzata con grande rapidità, in vista dell'imminente partenza del Merisi per Porto Ercole. La fretta era stata addirittura tale che il dipinto uscì dallo studio di Caravaggio ancora fresco di vernice. Una volta consegnato fu disastrosamente esposto al sole, circostanza che, nel tempo, determinò la sofferta conservazione del capolavoro.
«Pensavo di mandarle il quadro di Sant' Orzola questa settimana però per assicurarmi di mandarlo ben asciuttato, lo posi al sole, che più presto ha fatto revenir la vernice che asciugatole per darcela il Caravaggio assai grossa: voglio di nuovo esser da detto Caravaggio per pigliar suo parere come si ha da fare perché non si guasti». Queste parole che compaiono in una lettera indirizzata a Marcantonio Doria, scritta nel 1610 a Napoli da Lanfranco Massa, cittadino genovese e procuratore nella città partenopea della nobile famiglia, hanno permesso, dopo alterne vicende, la definitiva attribuzione dell'opera a Caravaggio.
La tela - nella quale l'artista ritrae sant'Orsola nel momento stesso in cui viene trafitta dal tiranno Attila con una freccia, discostandosi pertanto dall'iconografia tradizionale che raffigurava la santa coi soli simboli del martirio - si caratterizza per il suo tono intenso, drammatico, scaturito anche dal prevalere delle ombre.
L'esposizione dell'opera a New York giunge dopo un importante restauro promosso dalla Banca tra il 2003 e il 2004, che ha ripristinato l'originaria coerenza dell'immagine al punto da renderla più fedele alle intenzioni dell'autore. In particolare l'intervento ha permesso il recupero del braccio e della mano di uno dei personaggi, di un tendaggio, nel fondo, e delle sagome di un paio di teste dietro il piano della santa.
La mostra al Metropolitan Museum of Art sarà un'occasione preziosa per il pubblico americano, che vedrà affiancati per la prima volta il Martirio di sant’Orsola e la Negazione di San Pietro, dipinti accomunati da uno stile rapido, "essenziale", caratterizzato da un approfondimento psicologico coinvolgente.
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