Al Palazzo dei Musei dal 6 aprile al 14 luglio
A Reggio Emilia i paesaggi malinconici di Antonio Fontanesi

Antonio Fontanesi, La quiete, 1860, Torino, Fondazione Torino Musei - Galleria d’arte Moderna
Samantha De Martin
16/01/2019
Reggio Emilia - Tra le atmosfere malinconiche popolate di figure solitarie, avvolte da una natura che sembra farsi interprete dei sentimenti dell’animo umano, prende forma la pittura romantica di Antonio Fontanesi.
A duecento anni dalla nascita del pittore reggiano sospeso tra l’esigenza di rappresentazione del vero e l’urgenza di esprimerne le più intime emozioni, il Palazzo dei Musei di Reggio Emilia accoglierà, dal 6 aprile al 19 luglio, un’ampia retrospettiva dedicata a questo interprete inquieto delle novità del paesaggio romantico.
Oltre a ricostruire il percorso artistico di questo poco noto interprete della pittura ottocentesca attraverso le sue opere più significative, la rassegna - curata da Virginia Bertone, Elisabetta Farioli, Claudio Spadoni - rintraccia l’influenza che la sua pittura ha avuto negli artisti che hanno preso spunto dal suo particolare approccio alla natura e al paesaggio.
Ai maggiori dipinti di Antonio Fontanesi provenienti da musei e collezioni italiane - come La Solitudine o La quiete - saranno affiancati i lavori degli artisti che la critica ha collegato con la sua produzione e che abbracciano un arco di tempo che dagli anni ottanta dell’Ottocento arriva fino agli anni sessanta del Novecento.
Il dialogo con la cultura simbolista e divisionista sarà documentato attraverso opere di Leonardo Bistolfi, Vittore Grubicy - in particolare Inverno - Giuseppe Pellizza da Volpedo - in mostra con La statua a Villa Borghese - e ancora Angelo Morbelli.
Non mancherà la sua ripresa negli anni Venti ad opera di Carlo Carrà, Felice Casorati, Arturo Tosi.
L’ultima sezione della mostra offrirà spazio alle interpretazioni critiche di Roberto Longhi e di Francesco Arcangeli. Quest’ultimo infatti, nell’individuare una continuità tra la concezione moderna dell’arte e la grande tradizione ottocentesca, inserisce Fontanesi nell’evoluzione di un naturalismo che nel dopoguerra arriva a Ennio Morlotti, Mattia Moreni, Pompilio Mandelli spingendosi fino alle ricerche materiche di Alberto Burri. Di quest’ultimo si potrà vedere in mostra il Sacco, in prestito dalla Galleria d’Arte moderna di Torino.
Leggi anche:
• Antonio Fontanesi e la sua eredità
• L'Aprile di Fontanesi. La rivoluzione del paesaggio
A duecento anni dalla nascita del pittore reggiano sospeso tra l’esigenza di rappresentazione del vero e l’urgenza di esprimerne le più intime emozioni, il Palazzo dei Musei di Reggio Emilia accoglierà, dal 6 aprile al 19 luglio, un’ampia retrospettiva dedicata a questo interprete inquieto delle novità del paesaggio romantico.
Oltre a ricostruire il percorso artistico di questo poco noto interprete della pittura ottocentesca attraverso le sue opere più significative, la rassegna - curata da Virginia Bertone, Elisabetta Farioli, Claudio Spadoni - rintraccia l’influenza che la sua pittura ha avuto negli artisti che hanno preso spunto dal suo particolare approccio alla natura e al paesaggio.
Ai maggiori dipinti di Antonio Fontanesi provenienti da musei e collezioni italiane - come La Solitudine o La quiete - saranno affiancati i lavori degli artisti che la critica ha collegato con la sua produzione e che abbracciano un arco di tempo che dagli anni ottanta dell’Ottocento arriva fino agli anni sessanta del Novecento.
Il dialogo con la cultura simbolista e divisionista sarà documentato attraverso opere di Leonardo Bistolfi, Vittore Grubicy - in particolare Inverno - Giuseppe Pellizza da Volpedo - in mostra con La statua a Villa Borghese - e ancora Angelo Morbelli.
Non mancherà la sua ripresa negli anni Venti ad opera di Carlo Carrà, Felice Casorati, Arturo Tosi.
L’ultima sezione della mostra offrirà spazio alle interpretazioni critiche di Roberto Longhi e di Francesco Arcangeli. Quest’ultimo infatti, nell’individuare una continuità tra la concezione moderna dell’arte e la grande tradizione ottocentesca, inserisce Fontanesi nell’evoluzione di un naturalismo che nel dopoguerra arriva a Ennio Morlotti, Mattia Moreni, Pompilio Mandelli spingendosi fino alle ricerche materiche di Alberto Burri. Di quest’ultimo si potrà vedere in mostra il Sacco, in prestito dalla Galleria d’Arte moderna di Torino.
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