Al Museo nazionale delle arti del XXI secolo fino al 12 gennaio
Maria Lai e la poetica delle relazioni in mostra al MAXXI
Maria Lai, Senza titolo, 1991, filo, stoffa, tempera, 19 X 17 cm, Milano, M77 Gallery. Foto: © Lorenzo Palmieri Courtesy M77 Gallery e Archivio Maria Lai © Archivio Maria Lai by SIAE 2019
Samantha De Martin
18/06/2019
Roma - L’ardente potenza di una donna battagliera e la delicata poesia del filo. È questo binomio intrigante, a tratti travolgente, a restare addosso al visitatore che varca l’universo multiforme e multimateriale di Maria Lai.
Sabbia e cemento, pomice e spago, tempera e pane, velluto e sassi si intrecciano in questo racconto, suddiviso in capitoli, che costruisce al MAXXI, in occasione del centenario della nascita dell'artista, una storia in assenza.
Perché è la seconda volta che il Museo nazionale delle arti del XX secolo accoglie una retrospettiva su un’artista scomparsa. Un percorso, quello in corso fino al 12 gennaio, intriso della vitalità di una donna le cui rughe e la cui voce - che accompagnano il pubblico attraverso le sale - costituiscono il fertile alveo per gli infiniti linguaggi sperimentati nel corso della lunga esperienza artistica caratterizzata da un’instancabile ricerca.
Tenendo per mano il sole è una mostra, pulita, sincera, intrisa di paesaggi, tradizioni e volti di una Sardegna autentica, dove la cosmogonia delle geografie evocate dal sole si alimenta delle sculture, dei libri cuciti, delle opere pubbliche, dei celebri telai, ma anche degli abiti realizzati per le donne care all’artista e che richiamano le vesti tradizionali sarde.
Degli oltre 200 lavori in mostra - che esplorano la personalità della Lai e i diversi aspetti del suo lavoro permeato di poesia, tradizioni e simboli di una cultura arcaica che cattura il pubblico con la sua straordinaria attualità - alcuni sono recentemente entrati a far parte della Collezione del MAXXI. Come Terra (1984), Il Viaggiatore astrale (1989), Bisbigli (1996), Pagina cucita (1978) e Senza titolo (2009), una rara Geografia su acetato, in corso di donazione.
“Nel 2019 - ha commentato Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI - abbiamo scelto di rivolgere particolare attenzione alle visioni artistiche femminili e non poteva, dunque, mancare un progetto legato a Maria Lai. Con questa mostra, infatti, che restituisce il personaggio di Maria Lai, rendiamo un tributo alla figura ed all’opera di una donna che ha saputo interpretare nel corso della sua carriera artistica infiniti linguaggi. Il suo tessere e cucire sono simboli di rapporti non gerarchici, icone di un messaggio civile, parte integrante della sua poetica della relazione".
La retrospettiva al MAXXI - a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, realizzata in collaborazione con Archivio Maria Lai e Fondazione Stazione dell’Arte - si concentra su ciò che viene definito il suo secondo periodo, ovvero sulle opere che l’artista crea a partire dagli anni Sessanta e che ricomincia ad esporre, dopo una lunga assenza dalla scena pubblica e artistica, solo nel 1971.
Il poliedrico mondo dell’artista di Ulassai, “una battagliera, che sapeva essere tagliente eppure dolcissima”, come la definisce la nipote, presente all’inaugurazione della mostra al MAXXI, si palesa attraverso i cinque capitoli (più che sezioni) che caratterizzano il percorso, arricchito da un montaggio di materiai inediti realizzati dal regista Francesco Casu. Telai e tele cucite, oggetti funzionali del quotidiano, legati all’artigianato sardo, vengono svuotati della loro funzione pratica per assurgere a opere che dimostrano una fervida ricerca espressiva.
"L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e raccontare" riunisce lavori apparentemente diversi, spesso concepiti come veri e propri giochi, accomunati dal desiderio di suscitare in chi li utilizza un rinnovato senso di intimità rispetto all’opera d’arte. Attraverso la rilettura di storie della tradizione sarda o da lei inventate, Maria Lai elabora un mondo di personaggi che vivono situazioni avventurose complesse. Ma si tratta di fiabe aperte, prive di un vero finale.
Ci sono poi i lavori del capitolo “Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere” che descrivono l’attitudine dell’artista sarda a concepire la creatività come forma di dono e di relazione con le persone vicine alle quali si sente accomunata. Terracotta, sabbia, tempere e smalti, uniti a materiali trovati e recuperati, contribuiscono a creare una personale sinfonia di tecniche che mettono in discussione la riconoscibilità delle forme più elementari.
L’ultimo capitolo della mostra, "Maria Lai e l’Ogliastra", si svolge idealmente al di fuori dello spazio del museo, nella regione in cui Lai è cresciuta e si è stabilita negli ultimi anni della sua vita.
La profonda convinzione del potere salvifico dell’arte, il tema del gioco, l’arte come strumento capace di fare incontrare, mettere in relazione, rendono Maria Lai la moderna interprete dei meccanismi culturali alla base della società moderna.
Alla mostra inaugurata a Roma fa eco Tenendo per mano l’ombra, a cura di Davide Mariani, che inaugurerà il prossimo 23 giugno negli spazi della Stazione dell’Arte di Ulassai con l’intento di ripercorrere l’intera produzione di fiabe, miti, leggende presenti nell’opera dell’artista, esplorate guardando questa volta al conflitto, per svelarne i significati profondi che si celano dietro le immagini metaforiche impiegate nei racconti.
La mostra, costruita attraverso un allestimento sapiente e dinamico che consente al visitatore di "ascendere" fisicamente seguendo l’evoluzione artistica di Maria Lai, è accompagnata da un catalogo edito da 5 Continents, con testi di Maria Alicata, Antonella Anedda, Franco Farinelli, Luigia Lonardelli, Davide Mariani, Bartolomeo Pietromarchi e Elena Pontiggia.
Leggi anche:
• Maria Lai. Tenendo per mano il sole
Sabbia e cemento, pomice e spago, tempera e pane, velluto e sassi si intrecciano in questo racconto, suddiviso in capitoli, che costruisce al MAXXI, in occasione del centenario della nascita dell'artista, una storia in assenza.
Perché è la seconda volta che il Museo nazionale delle arti del XX secolo accoglie una retrospettiva su un’artista scomparsa. Un percorso, quello in corso fino al 12 gennaio, intriso della vitalità di una donna le cui rughe e la cui voce - che accompagnano il pubblico attraverso le sale - costituiscono il fertile alveo per gli infiniti linguaggi sperimentati nel corso della lunga esperienza artistica caratterizzata da un’instancabile ricerca.
Tenendo per mano il sole è una mostra, pulita, sincera, intrisa di paesaggi, tradizioni e volti di una Sardegna autentica, dove la cosmogonia delle geografie evocate dal sole si alimenta delle sculture, dei libri cuciti, delle opere pubbliche, dei celebri telai, ma anche degli abiti realizzati per le donne care all’artista e che richiamano le vesti tradizionali sarde.
Degli oltre 200 lavori in mostra - che esplorano la personalità della Lai e i diversi aspetti del suo lavoro permeato di poesia, tradizioni e simboli di una cultura arcaica che cattura il pubblico con la sua straordinaria attualità - alcuni sono recentemente entrati a far parte della Collezione del MAXXI. Come Terra (1984), Il Viaggiatore astrale (1989), Bisbigli (1996), Pagina cucita (1978) e Senza titolo (2009), una rara Geografia su acetato, in corso di donazione.
“Nel 2019 - ha commentato Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI - abbiamo scelto di rivolgere particolare attenzione alle visioni artistiche femminili e non poteva, dunque, mancare un progetto legato a Maria Lai. Con questa mostra, infatti, che restituisce il personaggio di Maria Lai, rendiamo un tributo alla figura ed all’opera di una donna che ha saputo interpretare nel corso della sua carriera artistica infiniti linguaggi. Il suo tessere e cucire sono simboli di rapporti non gerarchici, icone di un messaggio civile, parte integrante della sua poetica della relazione".
La retrospettiva al MAXXI - a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, realizzata in collaborazione con Archivio Maria Lai e Fondazione Stazione dell’Arte - si concentra su ciò che viene definito il suo secondo periodo, ovvero sulle opere che l’artista crea a partire dagli anni Sessanta e che ricomincia ad esporre, dopo una lunga assenza dalla scena pubblica e artistica, solo nel 1971.
Il poliedrico mondo dell’artista di Ulassai, “una battagliera, che sapeva essere tagliente eppure dolcissima”, come la definisce la nipote, presente all’inaugurazione della mostra al MAXXI, si palesa attraverso i cinque capitoli (più che sezioni) che caratterizzano il percorso, arricchito da un montaggio di materiai inediti realizzati dal regista Francesco Casu. Telai e tele cucite, oggetti funzionali del quotidiano, legati all’artigianato sardo, vengono svuotati della loro funzione pratica per assurgere a opere che dimostrano una fervida ricerca espressiva.
"L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e raccontare" riunisce lavori apparentemente diversi, spesso concepiti come veri e propri giochi, accomunati dal desiderio di suscitare in chi li utilizza un rinnovato senso di intimità rispetto all’opera d’arte. Attraverso la rilettura di storie della tradizione sarda o da lei inventate, Maria Lai elabora un mondo di personaggi che vivono situazioni avventurose complesse. Ma si tratta di fiabe aperte, prive di un vero finale.
Ci sono poi i lavori del capitolo “Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere” che descrivono l’attitudine dell’artista sarda a concepire la creatività come forma di dono e di relazione con le persone vicine alle quali si sente accomunata. Terracotta, sabbia, tempere e smalti, uniti a materiali trovati e recuperati, contribuiscono a creare una personale sinfonia di tecniche che mettono in discussione la riconoscibilità delle forme più elementari.
L’ultimo capitolo della mostra, "Maria Lai e l’Ogliastra", si svolge idealmente al di fuori dello spazio del museo, nella regione in cui Lai è cresciuta e si è stabilita negli ultimi anni della sua vita.
La profonda convinzione del potere salvifico dell’arte, il tema del gioco, l’arte come strumento capace di fare incontrare, mettere in relazione, rendono Maria Lai la moderna interprete dei meccanismi culturali alla base della società moderna.
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