Enjoy, dal 23 settembre al 25 febbraio 2018
Palloncini, specchi e amache giganti. L'arte del divertimento al chiostro del Bramante
Martin Creed, Work No. 1584 Half the air in a given space, 2013, Palloncini rossi, Parti multiple, ogni palloncino 28 cm di diametro, dimensioni variabili | Courtesy of l’artista e Galleria Lorca n O’Neill
Samantha De Martin
26/09/2017
Roma - Sorprendere, spiazzare, emozionare, attraverso le travolgenti evasioni dell'arte.
La missione della mostra ENJOY, al Chiostro del Bramante fino al 25 febbraio 2018, è fortemente connessa all'etimologia della parola che allude a quel de-vertere, 'volgere altrove', che devia il visitatore verso i ludici labirinti dell'arte contemporanea, popolati di illustri maestri che hanno insegnato a divertirsi creando. Ed è per questo che, coerentemente con il celebre motto semel in anno licet insanire - 'una volta all'anno è ammesso compiere follie' nel senso più gioioso del termine - tra le sale del chiostro rinascimentale frutto del linguaggio austero del Bramante, sarà lecito toccare le opere, calpestare l'enorme aiuola di fiori orientali realizzata dall'artista taiwanese Michael Lin, perdersi nel labirinto di specchi di Leandro Erlich per ritrovarsi di fronte alla grande poltrona Topolino di Studio65, sotto il cappello da poliziotto di Erwin Wurm o avvolti dalla Risata continua di Vittorio Bignardi ricordata da Gino De Dominicis.
La mostra, a cura di Danilo Eccher, e della quale ARTE.it è media coverage partner, è un percorso magico, divertente eppur complesso, che invita a scrutare una diversa modalità di vivere l'arte, dando spazio e spazialità alle opere di artisti di fama, da Jean Tinguely ad Alexander Calder, da Martin Creed a Ernesto Neto, da Pietro Fogliati a Leandro Erlich.
Protagonista di questo emozionante itinerario di lavori site specific - pensati e realizzati dagli artisti appositamente per gli ambienti del Chiostro, la cui organizzazione fa capo al DART - tra una stanza di soli palloncini rossi, corpi deformati, luci colorate e amache invitanti, è senza dubbio il visitatore. Ammaliato da questo percorso invisibile, ma fortemente tracciato, apparentemente evanescente, il pubblico è invitato a immergersi tra le opere, interagire, perdersi nei giocosi meandri dell'arte, lasciandosi trascinare da suoni e colori, forme e disrazioni di una avvenente (e in questo caso anche simpatica) musa ammaliatrice.
A lui spetta perdersi e ritrovarsi in un labirinto di specchi, animare i raffinati giochi di luce di teamLab, che prendono forma e mutano solo a contatto con il pubblico, azionare con un piede le sculture sonore di Tinguely o lasciarsi inseguire dagli occhi indiscreti e inquietanti di Tony Oursler.
Ed è con il sorriso stampato sul volto e il cuore leggero che il visitatore-bambino si muove lungo il tragitto caratterizzato da un continuo effetto sorpresa. Superata la timidezza e la sensazione strana ed inusuale di trovarsi in un museo in cui è possibile versare del liquore in un bicchiere o indossare un maglione in coppia, avanza sicuro, lasciandosi sedurre da un'arte viva, presente, incredibilmente stimolante.
Dopo lo straordinario successo della mostra Love, l'arte incontra l'amore - che ha registrato in sei mesi l'afflusso di 150mila spettatori - il Chiostro del Bramante prosegue il suo innovativo percorso programmatico ospitando ancora una volta un'esposizione singolare che celebra le differenti possibilità percettive connesse alla fruizione delle opere.
«Malgrado il peso di una retorica romantica, intenta a dipingere l'artista avvolto dai fumi della disperazione e della povertà - spiega il curatore Danilo Eccher - malgrado il biancore cadaverico di un aulico neoclassicismo che rifiutava l'evidenza storica del colore nella Roma imperiale, malgrado l'alito acido di un deforme esistenzialismo che ha corroso una parte del Novecento, l'arte non ha mai voluto rinunciare al piacere del suo gioco e del suo divertimento. Lo sono le ambigue composizioni di Arcimboldo, i paesaggi psichedelici di Hieronymus Bosch, i nudi provocanti di Rubens, i Giochi di Bambini di Pieter Bruegel il Vecchio, le mele marce nelle nature morte di Caravaggio. Ma è soprattutto a cominciare dal primo Novecento che l'idea del gioco prende sempre più il sopravvento nella produzione artistica, anche come reazione alle tragedie di due guerre mondiali e all'avvento di cupe dittature».
E visto che, come diceva Bruno Munari, «Il laboratorio è un luogo di incontro, creatività e conoscenza, di sperimentazione, scoperta e autoapprendimento attraverso il gioco», Enjoy non poteva non guardare ai bambini, i più saggi maestri, oltre che fruitori, dell'arte del divertimento, promuovendo un laboratorio didattico che offre loro un viaggio emozionante lungo il percorso espositivo. Qui i più piccoli potranno toccare, sentire, annusare e interagire con l'arte, mentre anche gli adulti si concederanno un sorriso, una risata che ha tutto lo spregiudicato, gustoso, contagioso fragore dell'arte.
In questo originale percorso nel cuore di Roma anche il tempo è una costante presente, sebbene discreta. Il tempo è quello malinconico che risuona come una sorta di memento mori tra le candeline scomposte e i residui di torta dopo una festa cui segue il vuoto. E la torta gigante è forse l'unica opera che al visitatore non è concesso toccare. Forse perché in questa mostra la parola d'ordine è divertirsi, ma anche riflettere ascoltando il tempo, cogliendo e prendendosi cura di quello che gli antichi chiamavano Kairós, il 'momento giusto o supremo' - diverso da quello cronologico - l'attimo da vivere, nel quale qualcosa di molto speciale accade e grazie al quale si riacquista il coraggio di ritornare a sognare.
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La missione della mostra ENJOY, al Chiostro del Bramante fino al 25 febbraio 2018, è fortemente connessa all'etimologia della parola che allude a quel de-vertere, 'volgere altrove', che devia il visitatore verso i ludici labirinti dell'arte contemporanea, popolati di illustri maestri che hanno insegnato a divertirsi creando. Ed è per questo che, coerentemente con il celebre motto semel in anno licet insanire - 'una volta all'anno è ammesso compiere follie' nel senso più gioioso del termine - tra le sale del chiostro rinascimentale frutto del linguaggio austero del Bramante, sarà lecito toccare le opere, calpestare l'enorme aiuola di fiori orientali realizzata dall'artista taiwanese Michael Lin, perdersi nel labirinto di specchi di Leandro Erlich per ritrovarsi di fronte alla grande poltrona Topolino di Studio65, sotto il cappello da poliziotto di Erwin Wurm o avvolti dalla Risata continua di Vittorio Bignardi ricordata da Gino De Dominicis.
La mostra, a cura di Danilo Eccher, e della quale ARTE.it è media coverage partner, è un percorso magico, divertente eppur complesso, che invita a scrutare una diversa modalità di vivere l'arte, dando spazio e spazialità alle opere di artisti di fama, da Jean Tinguely ad Alexander Calder, da Martin Creed a Ernesto Neto, da Pietro Fogliati a Leandro Erlich.
Protagonista di questo emozionante itinerario di lavori site specific - pensati e realizzati dagli artisti appositamente per gli ambienti del Chiostro, la cui organizzazione fa capo al DART - tra una stanza di soli palloncini rossi, corpi deformati, luci colorate e amache invitanti, è senza dubbio il visitatore. Ammaliato da questo percorso invisibile, ma fortemente tracciato, apparentemente evanescente, il pubblico è invitato a immergersi tra le opere, interagire, perdersi nei giocosi meandri dell'arte, lasciandosi trascinare da suoni e colori, forme e disrazioni di una avvenente (e in questo caso anche simpatica) musa ammaliatrice.
A lui spetta perdersi e ritrovarsi in un labirinto di specchi, animare i raffinati giochi di luce di teamLab, che prendono forma e mutano solo a contatto con il pubblico, azionare con un piede le sculture sonore di Tinguely o lasciarsi inseguire dagli occhi indiscreti e inquietanti di Tony Oursler.
Ed è con il sorriso stampato sul volto e il cuore leggero che il visitatore-bambino si muove lungo il tragitto caratterizzato da un continuo effetto sorpresa. Superata la timidezza e la sensazione strana ed inusuale di trovarsi in un museo in cui è possibile versare del liquore in un bicchiere o indossare un maglione in coppia, avanza sicuro, lasciandosi sedurre da un'arte viva, presente, incredibilmente stimolante.
Dopo lo straordinario successo della mostra Love, l'arte incontra l'amore - che ha registrato in sei mesi l'afflusso di 150mila spettatori - il Chiostro del Bramante prosegue il suo innovativo percorso programmatico ospitando ancora una volta un'esposizione singolare che celebra le differenti possibilità percettive connesse alla fruizione delle opere.
«Malgrado il peso di una retorica romantica, intenta a dipingere l'artista avvolto dai fumi della disperazione e della povertà - spiega il curatore Danilo Eccher - malgrado il biancore cadaverico di un aulico neoclassicismo che rifiutava l'evidenza storica del colore nella Roma imperiale, malgrado l'alito acido di un deforme esistenzialismo che ha corroso una parte del Novecento, l'arte non ha mai voluto rinunciare al piacere del suo gioco e del suo divertimento. Lo sono le ambigue composizioni di Arcimboldo, i paesaggi psichedelici di Hieronymus Bosch, i nudi provocanti di Rubens, i Giochi di Bambini di Pieter Bruegel il Vecchio, le mele marce nelle nature morte di Caravaggio. Ma è soprattutto a cominciare dal primo Novecento che l'idea del gioco prende sempre più il sopravvento nella produzione artistica, anche come reazione alle tragedie di due guerre mondiali e all'avvento di cupe dittature».
E visto che, come diceva Bruno Munari, «Il laboratorio è un luogo di incontro, creatività e conoscenza, di sperimentazione, scoperta e autoapprendimento attraverso il gioco», Enjoy non poteva non guardare ai bambini, i più saggi maestri, oltre che fruitori, dell'arte del divertimento, promuovendo un laboratorio didattico che offre loro un viaggio emozionante lungo il percorso espositivo. Qui i più piccoli potranno toccare, sentire, annusare e interagire con l'arte, mentre anche gli adulti si concederanno un sorriso, una risata che ha tutto lo spregiudicato, gustoso, contagioso fragore dell'arte.
In questo originale percorso nel cuore di Roma anche il tempo è una costante presente, sebbene discreta. Il tempo è quello malinconico che risuona come una sorta di memento mori tra le candeline scomposte e i residui di torta dopo una festa cui segue il vuoto. E la torta gigante è forse l'unica opera che al visitatore non è concesso toccare. Forse perché in questa mostra la parola d'ordine è divertirsi, ma anche riflettere ascoltando il tempo, cogliendo e prendendosi cura di quello che gli antichi chiamavano Kairós, il 'momento giusto o supremo' - diverso da quello cronologico - l'attimo da vivere, nel quale qualcosa di molto speciale accade e grazie al quale si riacquista il coraggio di ritornare a sognare.
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