A Torino dal 23 febbraio al 24 giugno
Alla GAM l'arte rivoluzionaria di Renato Guttuso

Renato Guttuso, Funerali di Togliatti, 1972, tecnica mista su tavola, 440 x 340 cm. Bologna, MAMbo - Museo d'Arte Moderna (deposito permanente dell’Associazione Enrico Berlinguer) Foto: Matteo Monti. Courtesy Istituzione Bologna Musei | MAMbo
Samantha De Martin
23/02/2018
Torino - Funzione civile e valenza morale. Renato Guttuso ne era convinto: l’arte brillava di questa duplice essenza.
"L’arte è umanesimo e il socialismo è umanesimo. Non può essere antiumana, nel nostro presente, anzi, cerchiamo di cogliere i fermenti opposti a tanto rassegnato pragmatismo". Era questa la professione di fede del pittore di Bagheria, che, a partire dagli anni della fronda antifascista, e tanto più nel secondo dopoguerra, si era dedicato con perseverante dedizione e ferma convinzione alla ricerca di una saldatura tra impegno politico-sociale ed esperienza creativa.
Nell’ottobre del 1967, quando ricorreva il cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, Renato Guttuso in un articolo intitolato Avanguardie e Rivoluzione pubblicato sulla rivista politico-culturale del Partito Comunista Italiano, Rinascita, riconosceva alla rivoluzione di essere stata il fondamento di una nuova cultura.
"Il suo essere pittore è una passione, una febbre, cioè, propriamente, una crisi" scriveva di lui Leonardo Sciascia. Passione che, in occasione del cinquantenario del ‘68, la GAM di Torino - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea - celebra attraverso una mostra dedicata al rapporto tra politica e cultura nelle tele del pittore e che raccoglie alcune delle maggiori opere di soggetto politico e civile realizzate da Guttuso.
Da Fucilazione in campagna del 1938, ispirato all’uccisione del poeta Federico Garcia Lorca - ai disegni urlati di Gott mit uns del 1944 - una condanna della violenza nazista - da Marsigliese contadina (1947) a Lotta di minatori francesi, del 1948, fino ai Funerali di Togliatti (1972) - in cui si condensano la storia delle lotte e delle speranze di un popolo e le ragioni della militanza di un uomo e di un artista - l’esposizione è un’interessante galoppata attraverso l’ideologia, ma anche la poesia del maestro siciliano. Perché in mostra, accanto ai lavori di argomento politico e civile realizzati da Guttuso - che fu anche senatore del Partito Comunista Italiano per due legislature, durante la segreteria di Enrico Berlinguer - ci sono anche i paesaggi, i ritratti, le nature morte, gli interni, le scene di conversazione. Tra questi, Natura morta con lampada (1940), La finestra blu (1940-41), Balcone (1942), Donna alla finestra (1942).
Alcune tele, eseguite negli stessi anni dei dipinti di ispirazione sociale, sono state selezionate per offrire una panoramica ampia su quella che il curatore della mostra, Pier Giovanni Castagnoli, definisce una pittura “pura”, dalla quale emerge la ricchezza dei registri, espressione della poliedrica versatilità dell’estro creativo dell’artista.
Leggi anche:
• Renato Guttuso. L'arte rivoluzionaria nel cinquantenario del '68
• Da Guttuso a Pistoletto, un decennio di fermenti in mostra a Palazzo Strozzi
"L’arte è umanesimo e il socialismo è umanesimo. Non può essere antiumana, nel nostro presente, anzi, cerchiamo di cogliere i fermenti opposti a tanto rassegnato pragmatismo". Era questa la professione di fede del pittore di Bagheria, che, a partire dagli anni della fronda antifascista, e tanto più nel secondo dopoguerra, si era dedicato con perseverante dedizione e ferma convinzione alla ricerca di una saldatura tra impegno politico-sociale ed esperienza creativa.
Nell’ottobre del 1967, quando ricorreva il cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, Renato Guttuso in un articolo intitolato Avanguardie e Rivoluzione pubblicato sulla rivista politico-culturale del Partito Comunista Italiano, Rinascita, riconosceva alla rivoluzione di essere stata il fondamento di una nuova cultura.
"Il suo essere pittore è una passione, una febbre, cioè, propriamente, una crisi" scriveva di lui Leonardo Sciascia. Passione che, in occasione del cinquantenario del ‘68, la GAM di Torino - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea - celebra attraverso una mostra dedicata al rapporto tra politica e cultura nelle tele del pittore e che raccoglie alcune delle maggiori opere di soggetto politico e civile realizzate da Guttuso.
Da Fucilazione in campagna del 1938, ispirato all’uccisione del poeta Federico Garcia Lorca - ai disegni urlati di Gott mit uns del 1944 - una condanna della violenza nazista - da Marsigliese contadina (1947) a Lotta di minatori francesi, del 1948, fino ai Funerali di Togliatti (1972) - in cui si condensano la storia delle lotte e delle speranze di un popolo e le ragioni della militanza di un uomo e di un artista - l’esposizione è un’interessante galoppata attraverso l’ideologia, ma anche la poesia del maestro siciliano. Perché in mostra, accanto ai lavori di argomento politico e civile realizzati da Guttuso - che fu anche senatore del Partito Comunista Italiano per due legislature, durante la segreteria di Enrico Berlinguer - ci sono anche i paesaggi, i ritratti, le nature morte, gli interni, le scene di conversazione. Tra questi, Natura morta con lampada (1940), La finestra blu (1940-41), Balcone (1942), Donna alla finestra (1942).
Alcune tele, eseguite negli stessi anni dei dipinti di ispirazione sociale, sono state selezionate per offrire una panoramica ampia su quella che il curatore della mostra, Pier Giovanni Castagnoli, definisce una pittura “pura”, dalla quale emerge la ricchezza dei registri, espressione della poliedrica versatilità dell’estro creativo dell’artista.
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